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 2020  ottobre 21 Mercoledì calendario

Feste di nozze

Peccato che il Covid stia rallentando le cerimonie nuziali, perché ora avremmo un faro per orientarci. In un trionfo di pizzi e tessuti damascati è iniziato uno dei programmi più divertenti della nuova stagione, L’Atelier delle Meraviglie (Real Time, venerdì). In un capannone di Pavona di Albano Laziale, a non molti chilometri da Anzio, c’è il Centro Sposi Celli: più che un atelier di abiti da cerimonia, un micro-mondo di storie che aspettava solo di essere scoperto, un family business governato con pugno di ferro dalla capofamiglia Maria. Stilista, boss di figli e nipoti che lavorano con lei in negozio e sartoria, Maria è anche raffinata psicologa, che indirizza e consiglia spose e familiari, sempre con un occhio al cuore e uno al portafoglio.
Guai a parlare di soldi davanti all’emozione di un abito, c’è tutto il tempo di farlo a decisione presa. La sua parola preferita è «sfumatura». Davanti alla sfilata di famiglione che si recano al Centro Sposi per organizzare anche con anni di anticipo matrimoni fastosi che hanno ancora il senso dell’affermazione sociale, le letture sociologiche si sprecano, ma è molto meglio gustarsi la serie per quello che è, un puro divertimento pop. Per dire, quando Giampaolo Celli, figlio di Maria e stilista della linea maschile, look vagamente ispirato a Ozzy Osbourne, dichiara candidamente di amare la semplicità davanti a uno sposo ricoperto di broccato, scarpe pitonate e pesanti gemelli, si raggiunge il sublime.
Nella loro stravaganza, i Celli sembrano usciti da un film, ma il bello dell’Atelier è la forte carica di realismo. Come sempre avviene in programmi come questi, le perle più divertenti arrivano dall’imprevedibilità delle reazioni e dei commenti dei protagonisti. Le parti più da sit-com servono a tenere insieme le varie situazioni ma scontano l’irrimediabile inferiorità della scrittura di fronte al prorompere del «vero».