Il Sole 24 Ore, 19 ottobre 2020
Con la pandemia cresce il consumo di cannabis
Secondo l’ultimo Global Drug Survey condotto nel periodo maggio-giugno 2020 su 55 mila persone in 11 paesi ricchi del mondo, durante i vari lockdown, il consumo di cannabis è cresciuto, mentre quello delle cosiddette “droghe pesanti” è prevalentemente diminuito. Le droghe più comunemente utilizzate nei party, nel frattempo, hanno visto un notevole e ovvio decremento, in gran parte a causa della chiusura del locali notturni stessi e di qualsiasi situazione di festa, ma anche per la difficoltà di incontrare gli spacciatori. Il sondaggio ha rilevato che il consumo di ecstasy è diminuito del 41% e quello di ketamina del 34%.
Fra i consumatori di cannabis quasi due intervistati su cinque ne hanno aumentato l’utilizzo dall’inizio della pandemia, altri due su cinque non hanno cambiato abitudini, mentre una persona su cinque ne ha ridotto l’uso. Una persona su cinque che ne ha ridotto il consumo ha dichiarato di sentirsi meglio (un consumatore su quattro con patologie mentali pregresse), mentre una su otto di stare peggio.La cannabis è stata la prima droga assunta durante il lockdown (ma ricordiamo che è la prima droga per consumo nel mondo) e che ha visto percentuali maggiori di consumatori che ne hanno aumentato l’utilizzo, seguita a breve distanza dalle benzodiazepine (farmaci che possono essere considerati droghe se assunti senza prescrizione medica o se alterati rispetto alla composizione approvata).
Una persona su tre che consumava benzodiazepine ne ha aumentato le assunzioni durante la pandemia. L’Australia ha registrato l’aumento più significativo di cannabis: +49%, seguita a poca distanza dagli Stati Uniti +46% e dalla Gran Bretagna +44%. Gli intervistati hanno in gran parte attribuito l’incremento dell’utilizzo al tempo libero extra e alla noia imposta dal lockdown, mentre il 70% di chi ha consumato meno cocaina ha deputato questo comportamento positivo al fatto che ha incontrato meno le persone con cui solitamente consumava la droga. Insomma, che da solo o da sola non ne sentiva così il bisogno
Riguardo alla cocaina, il 39% di chi ne faceva uso abituale ha ridotto il consumo, il 41% non ha cambiato abitudini, mentre il 21% ne ha aumentato l’assunzione. Anche per quando concerne l’MDMA si registra un trend simile. Il 30% di chi usava Ecstasy prima della pandemia ne ha ridotto drasticamente l’uso, un altro 10% circa ne ha contenuto i consumi, mentre solo una piccola percentuale di intervistati ne ha assunta più di prima. Problemi di salute mentale preesistenti alla pandemia hanno giocato un ruolo non secondario: tra le persone che soffrivano di malattie mentali e che hanno aumentato il loro consumo di sostanze stupefacenti, il 41% ha citato come ragione dell’incremento lo stress e il 38% la depressione (tra i consumatori di cannabis senza patologie mentali diagnosticate prima del lockdown, le cifre erano rispettivamente del 20% e del 15%).
È interessante osservare che quasi un terzo dei consumatori di cocaina abituali ha affermato di non avere poi una grande nostalgia della droga, sostenendo che percepivano una salute mentale migliore rispetto a prima, dovuta a una minore assunzione di sostanze, e lo stesso ha affermato un quarto dei consumatori abituali di ecstasy. Solo il 3% dei consumatori che ha diminuito l’uso ha dichiarato di sentirsi peggio di prima.I dati del consumo di droga in Europa nel 2019. Ricordiamo che nel 2018 18 milioni di giovani dai 15 ai 34 anni in Europa hanno fatto uso di cannabis, 2,9 milioni di cocaina, 2,3 milioni di MDMA e 1,4 milioni di giovani hanno assunto amfetamine (dati l’ EMCDDA, European Monitoring Centre for Drug and Drug Addiction). Nel 2018 la quantità di cocaina sequestrata nell’Unione europea ha raggiunto livelli mai registrati in precedenza, toccando le 181 tonnellate;e fra il 2014 e il 2018 il numero di utenti presi in carico per la prima volta a causa della cocaina è aumentato in 22 paesi, mentre 17 paesi hanno segnalato un incremento nell’ultimo anno.
Ma soprattutto, il problema principale è dovuto alle nuove sostanze psicoattive, che entrano nel mercato ogni anno e di cui non sono noti origine ed effetti. Alla fine del 2019 l’EMCDDA monitorava circa 790 nuove sostanze psicoattive, 53 delle quali sono state segnalate in Europa per la prima volta proprio nel 2019. Nel complesso ogni anno si scoprono per la prima volta oltre 50 nuove sostanze e se ne reperiscono per la prima volta 400 già segnalate in precedenza, fra stimolanti, cannabinoidi sintetici, benzodiazepine, oppiacei, allucinogeni e sostanze con proprietà dissociative.
Sarà un momento di svolta definitiva, o non appena l’emergenza sarà rientrata si ritornerà ai livelli altissimi di consumo di droga del 2019? Se lo chiede sempre l’EMCDDA, che a inizio settembre ha diffuso il proprio Rapporto Annuale, con un focus su che cosa è accaduto in Europa negli ultimi mesi, e ha lanciato una piattaforma online dedicata al tema COVID e droghe: “Nel momento in cui scriviamo – si legge nell’introduzione al rapporto – la situazione rimane incerta e la pandemia continua a esercitare un impatto su svariati settori d’intervento, tra cui quello della droga. Aspetto importante, la COVID-19 rappresenta ancora una grave minaccia per la salute e la sicurezza globali, e questa situazione non è probabilmente destinata a cambiare nel prossimo futuro. È inoltre verosimile che, nel medio e lungo termine, la pandemia eserciti un impatto economico e sociale gravido di vaste implicazioni, anche per i problemi che probabilmente dovremo affrontare in futuro nel campo della droga.”