Il Sole 24 Ore, 19 ottobre 2020
Le case si ispirano agli hotel
Per anni il settore dell’hotellerie ha preso spunto da quello dell’abitare, con l’intento di accogliere i viaggiatori, turisti o donne e uomini d’affari, come fossero a casa propria. Oggi, anche in considerazione di rinnovate riflessioni a valle dell’emergenza sanitaria, sono le case a studiare nuovi modelli già sperimentati nel settore dell’hospitality, dando vita a format sempre più fluidi e ibridi, originali, e costruiti su misura di una domanda in rapida evoluzione. Un mercato tutto da affrontare anche per chi fa contract, per un dialogo costruttivo tra developer, progettisti e industria del design.
Ne è un esempio l’iniziativa Princype (a Milano, in via Principe Eugenio), un’operazione immobiliare su iniziativa di Fondo Leone gestito da Dea Capital Real Estate sgr, con advisor RedBrick Investment Group, e che vede la collaborazione di tre player del settore: Studio Marco Piva per il progetto architettonico e di interior design, Abitare Co. in qualità di broker agency (il 90% degli appartamenti sono stati venduti in meno di 18 mesi, 204 unità) e Milano Contract District, la design platform partner del progetto per i prodotti e i servizi legati all’home design che ha realizzato anche il concept dello store di Corso Sempione, per far vivere in anteprima l’esperienza della futura casa. «Questo complesso residenziale – racconta Piva – nasce con lo scopo di sanare, dopo anni di abbandono, un vuoto urbano, con un complesso residenziale caratterizzato da un concept che trae ispirazione dalla consolidata esperienza del nostro studio nell’ambito dell’hotellerie e dei servizi ad esso connessi, per tradursi in un lifestyle residenziale innovativo, dinamico e altamente funzionale”.
L’architettura dell’edificio, con le grandi terrazze verdi poste ai vari livelli che digradano verso la corte interna, cerca di alleggerire la composizione, rievocando anche la tradizione delle residenze storiche milanesi. «Siamo riusciti a combinare la necessità di ridefinire la continuità della cortina muraria esistente, con un progetto dinamico per il rapporto interno-esterno: logge e balconi sono come delle estrusioni che creano movimento nell’involucro edilizio – racconta Piva – l’altezza massima è di 10 piani, ma gli ultimi due sono quasi smaterializzati grazie alle terrazze e alla scelta di materiali che riflettono la luce del sole. Ancora, la forza del progetto sta nell’ampia varietà dei tagli: abbiamo cercato di ridurre al massimo le separazioni interne, pur prevedendo configurazioni variabili nel tempo, con armadi a scomparsa e cucine integrate nell’area giorno. Il progetto di interior design è il corpo interno di un’architettura, è parte del processo». Architettura, interior e product design, come sempre più spesso accade nel settore dell’hotellerie, diventano alleati anche nel residenziale, con partnership da costruire per la ricerca e lo sviluppo, tra progettisti e aziende.
La casa si fa più fluida, meno irrigidita negli schemi legati a specifiche funzioni. E lo stesso Piva sintetizza ricordando la tradizione del tinello, salotto, salottino, studio. «L’ambiente domestico va ripensato – commenta – l’architettura deve essere informata dall’interior: si parte dalla progettazione interna per definire la configurazione architettonica. Le case non sono scatole da ritagliare al loro interno. E l’elemento su cui si deve intervenire – aggiunge l’architetto – è proprio la relazione tra interno ed esterno, con spazi osmotici da utilizzare per funzioni che spaziano dallo studio, al relax, alla convivialità, allo sport, pensando ad esempio alle macchine per l’esercizio fisico».
E questi nuovi format ibridi non sono solo per il target lusso. Ci sono servizi come la reception per spedire e ricevere merci, piuttosto che magazzini per depositare la spesa, e ancora aree comuni per il co-working, il benessere, gli incontri e le feste, che possono essere assolutamente integrati anche in residenze per il mercato medio. «Chiaramente gli investitori devono avere un ritorno economico – commenta Piva – ma la componente del progetto deve rimanere la guida e lavorando a più mani si può dare valore all’immobile, senza ricadute dirette sul costo al mq delle case».
C’è spazio anche per la cultura. Proprio nell’ambito del progetto firmato da SMP a Roma, la Domus Aventino sviluppata da Bnp Paribas Real Estate, nei giorni scorsi è stata inaugurata “la scatola archeologica Domus Aventino”, un prezioso scrigno multimediale che mostra i mosaici di epoca imperiale rinvenuti durante il cantiere del progetto residenziale, ormai quasi concluso e in parte abitato.
Tornando all’interno delle case, non secondario il tema della tecnologia per garantire il benessere dell’abitare e per dare maggiore efficienza al prodotto immobiliare. «La tecnologia va studiata, mirata, calibrata e integrata – commenta l’architetto – per gestire gli organisimi abitativi in modo ottimale, con ricadute dirette ad esempio sulla conoscenza e la riduzione dei consumi». E nella scelta dei materiali tutto è possibile: cementi, legni, acciaio. «La ricerca è continua – commenta – basti pensare alle superfici ventilate ceramiche piuttosto che a vetri autopulenti con prestazioni altissime». Piva ribadisce la necessità di portare innovazione nei layout delle nuove residenze, ma anche nelle tipologie di edifici. «Con la pandemia si stanno svuotando molti immobili nati come uffici, che saranno ri-occupati solo in parte – conclude Piva con una domanda aperta – come potranno essere reinterpretati in modo sperimentale per case dinamiche?».