Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  ottobre 17 Sabato calendario

Parla David Chipperfield

Rendere belle alla vista tutte le cose, siano esse un dipinto o un oggetto di uso quotidiano. L’architetto inglese David Chipperfield ha progettato molti musei nel mondo, e benché tra uno spazio di quel tipo e un negozio in cui le persone osservano prodotti per acquistarli (in questo caso delle borse) ci siano delle diversità, come giocare con lo sguardo dell’osservatore? «Pur con le dovute differenze, il comune denominatore è creare un’atmosfera che faccia emergere le qualità delle cose», dice. «Occorre ideare spazi dove le persone si sentano a proprio agio, incoraggiandole a rallentare. Uno spazio non può garantire che un prodotto verrà venduto, ma si può tentare di realizzare un ambiente dove si resti con piacere». Non è la prima volta che lui affronta moda e brand di lusso (Miyake, Valentino, Rolex). Ora è la volta di Furla, con il nuovo shop in piazza Duomo, realizzato dal suo studio di Milano.
In che modo lo stile italiano fa la differenza nel mondo?
«Lavorando all’architettura d’interni non si può ignorare la formidabile, incredibile storia del design italiano del Dopoguerra. Specialmente a Milano quest’eredità modernista (molto ricca perché sensibile al contesto storico e attenta ai materiali e al loro utilizzo), è onnipresente. E il nostro ufficio milanese, guidato da Giuseppe Zampieri, è molto ispirato da quella generazione, in una sorta di continuità culturale».
E il rapporto con la committenza come si delinea nel concepire un progetto?
«Si ha la responsabilità di far emergere quello che è nel dna del marchio. La sua eredità. Con Giuseppe Zampieri e Giuseppe Sirica abbiamo lavorato a stretto contatto con la signora Giovanna Furlanetto, (presidente e proprietaria del gruppo Furla, ndr). In questo caso ci sono borse disposte su una serie di mensole, qui la nostra creatività è stata applicata alla decorazione. Il cliente ci ha chiesto di enfatizzare l’elemento dell’arco, con le sue connotazioni classiche, un tema emerso nell’interessante discussione con il committente».
Nella pratica di Chipperfield mantenere la dimensione culturale dell’architettura è fattore sostanziale. La cultura d’impresa fa altrettanto distinguendosi anche per un successo legato ai valori propri di una stessa azienda, in primis l’etica. «Noi cerchiamo sempre di essere responsabili in termini di progettazione, di bilanciare le esigenze del committente, e quelle del pubblico. Tutti loro, in fondo, sono nostri clienti. Se si disegna un edificio in una città lo si progetta anche per tutti coloro che ci passano accanto. Siamo in un periodo storico in cui le nostre responsabilità diventano sempre più complesse. Non possiamo ignorare le conseguenze del riscaldamento globale, dell’uso delle risorse, dell’inquinamento e delle diseguaglianze sociali, tutti fattori insostenibili».
Chipperfield afferma di non avere innati talenti creativi al pari di qualcuno come Renzo Piano, Frank Gehry o Álvaro Siza sentendosi in tal senso un po’ a bit of a fake, un po’ un falso, ma sicuramente la sua è solo modestia, essendo stato insignito nel 2013 del Praemium Imperiale. In una delle sue più recenti opere, il West Bund Museum di Shanghai, ha usato vetro riciclato traslucido per ottenere un’estetica iridescente.
Non si dovrebbero riutilizzare sempre più materiali in architettura?
«Sì, ma dovremmo anche riciclare gli edifici anziché distruggerli. Il problema è che il mercato immobiliare chiede costantemente nuove costruzioni, l’economia spinge in quella direzione. A volte è molto difficile persuadere gli investitori a spendere denaro in modo più sostenibile, rinnovando e recuperando gli edifici».
Causa Covid-19 ci troviamo in piena crisi globale, in un complesso cambio di prospettiva, che coinvolge anche i modelli di consumo.
«Questo periodo, per chi non è stato colpito personalmente dalla tragedia, è stata una lezione di vita e un’occasione di più profonda riflessione. Forse abbiamo compreso l’artificialità di molte nostre abitudini. Sono abbastanza vecchio da ricordare quando non volavamo così tanto e ovunque e comunque. Non tutti andavano in vacanza a Miami, non tutti avevano più televisori a colori, più auto, non si facevano acquisti tutti i giorni. Il consumismo come intrattenimento è un’invenzione degli ultimi trent’ anni. Abbiamo compreso che, dal punto di vista ambientale, questo è un disastro, ma abbiamo il coraggio di rimettere in questione la nostra economia? Certamente non dobbiamo smettere di comprare, più che altro è una questione di misura, di come possiamo agire d’ora in avanti in modo più responsabile. Il problema grave è che ci saranno molte persone che soffriranno dal punto di vista economico, quindi dobbiamo trovare soluzioni per affrontare i problemi in modo equilibrato».
Chipperfield ha trascorso parte del lockdown in Galizia, Spagna, dove lavora ad interessanti progetti. «La comunità galiziana non è condizionata da eccessivo consumismo, non ha troppe fantasie o illusioni di vivere un’altra vita e questa è una lezione che dobbiamo imparare a livello globale. Credo si debbano reindirizzare le ambizioni generali della società. Non credo si possano risolvere i nostri problemi attuali adottando uno stile di vita individuale alternativo. Piuttosto che scappare da qualcosa, perché non riconsiderare i valori fondamentali della società nel suo insieme, e agire per cambiarli?».