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 2020  ottobre 17 Sabato calendario

La curva delle mascherine: perché i poveri rischiano di più

Alla fine di questo 2020, gli italiani avranno speso in mascherine più che in libri per i figli. Il costo a carico delle persone comuni per procurarsi alcune decine di milioni di pezzi del prodotto più importante per fermare il virus sarà probabilmente vicino o superiore ai 250 milioni di euro: più dei 233 milioni che l’anno scorso madri e padri hanno speso nella letteratura per ragazzi. Ma quest’anno nei bilanci familiari è entrata una voce che per molti dovrà limitarne altre per trovare spazio.
Non esistono informazioni complete su quanto gli italiani stiano spendendo in mascherine, perché i canali di distribuzione sono disomogenei: farmacie e parafarmacie, supermercati, tabaccherie. Ma i dati su farmacie e parafarmacie raccolti da Iqvia, una società di rilevazione, danno un’idea chiara di ciò che sta accadendo. Da inizio anno fino a fine settembre, le famiglie avevano già speso 98 milioni di euro in mascherine solo su questo canale. Il mese scorso sono stati quasi venti milioni di euro (di cui 14 nelle chirurgiche calmierate a 50 centesimi a pezzo) ed è plausibile che i supermercati in questi mesi ne abbiano vendute almeno altrettante.
I dati sulle mascherine raccontano così tre storie sulla condizione degli italiani di fronte al virus. La prima riguarda gli errori commessi: non quelli eventuali del governo o della politica locale, ma dei cittadini stessi. Una parte della popolazione ha abbassato la guardia troppo presto, come mostra la curva della vendita di mascherine di tutti i tipi in farmacie e parafarmacie (grafico in pagina). Prima quasi del tutto assenti dalle spese delle famiglie, questi prodotti conoscono un’esplosione con 6,1 milioni di pezzi comprati in aprile in pieno lockdown. In maggio iniziano ad arrivare le prime «chirurgiche» a 50 cent, ma gli acquisti si riducono già a 5,5 milioni e continuano a progressivamente calare fino ai 3,3 milioni di luglio (anche se i casi in corso sono sempre stati più di diecimila e in quel momento smettono di scendere). In agosto poi il numero delle nuove diagnosi si impenna del 400%, da circa duecento a un migliaio al giorno, eppure le vendite di dispositivi di protezione nelle farmacie risalgono appena del 20% (a 4 milioni). Non è stata la più razionale e pronta delle risposte. Alcuni in estate avranno già avuto scorte di maschere in casa, ma il segnale di fondo della curva è un altro: dopo lo stress della prima ondata in primavera, troppi italiani hanno avuto un calo di tensione e rimosso le difese, aprendo nuove vie al virus. «È stato improvvido e ne paghiamo ora le conseguenze», dice il presidente di Federfarma Servizi Antonello Mirone.
Dietro i numeri si trova però anche un’altra storia, perché dal 7 ottobre violare l’obbligo di portare le maschere implica – in teoria – ammende da 400 a mille euro. Il Viminale mostra che da allora si sono fatte quasi mezzo milione di verifiche, ma appena lo 0,39% delle persone controllate ha avuto una multa. È un indizio che le sanzioni sono così alte da non venire applicate, come è chiaro a chiunque circoli per strade o mezzi di trasporto. Molti in Italia capiscono dunque che non si può fare affidamento sul rispetto delle regole da parte degli altri, perché non tutti indossano sempre correttamente le «chirurgiche» a 50 cent che proteggono le persone intorno ma non il portatore stesso. Per tutelarsi dalle leggerezze altrui, di conseguenza, gli italiani preferiscono sempre più spesso le maschere FFP2 che danno protezione anche a chi le indossa. Le vendite di questi prodotti sono quasi raddoppiate da 259 mila pezzi in agosto, a 473 mila in settembre. Ma ciò rivela che gli italiani non sono uguali di fronte al virus, perché il mercato della FFP2 non è calmierato e un solo pezzo costa fra 2,5 euro a, più spesso, 4 o 4,5 euro. Il prezzo sale per i margini della distribuzione, perché per esempio la BLS di Cormano, primo produttore del Paese, vende le FFP2 agli intermediari a 40 cent l’una. Per proteggere una famiglia di quattro persone servono dunque fra duecento e cinquecento euro al mese, una spesa che solo alcuni italiani possono affrontare. Non tutti, non la gran parte. Così la violazione delle regole sulle «chirurgiche» e la mancanza diffusa di senso civico, nella pandemia, acuisce la diseguaglianza fra italiani. Con una trappola in più, perché molti comprano anche maschere in tessuto eleganti, care, ma non certificate né in grado di proteggere. Commenta Pierpaolo Zani di BLS: «I prodotti fashion sono un grave rischio, serve un intervento normativo».