Corriere della Sera, 18 ottobre 2020
La nuova guerra fredda è anche colpa dell’Occidente
Lo spionaggio è una risorsa economica e culturale della Gran Bretagna. I suoi servizi competono brillantemente con la Cia e l’Fsb (ex Kgb), ma forniscono anche trame alla letteratura e alla cinematografia. Custodiscono gelosamente i loro segreti, ma non esitano a raccontare pubblicamente, con qualche ritocco, tutto ciò che può giovare alla loro reputazione.
Quando ha lasciato la direzione dell’MI6 (la più nota di tre branche) Alex Younger ha dato una lunga intervista che è apparsa sul Financial Times del 3 ottobre. Nei suoi trent’anni di servizio, lo spionaggio ha approfittato delle nuove tecnologie, prodotte in buona parte dal modo della cibernetica, e ha notevolmente modernizzato il suo «modus operandi».
Alla intervistatrice (Roula Khalaf), Younger ha ricordato con soddisfazione di avere raccolto 85 milioni di sterline per favorire la collaborazione fra i servizi d’intelligence e le imprese private. Ma le sue risposte più interessanti sono quelle che concernono i rapporti della Gran Bretagna e dei suoi alleati con la Russia di Vladimir Putin.
Younger non risparmia ai russi le sue critiche e sostiene che il regime moscovita, sentendosi minacciato dal modello democratico dell’Occidente, non esita a seminare zizzania (in inglese provoke mischief). Si riferisce probabilmente a quella pirateria informatica di cui i russi avrebbero fatto largo uso durante le elezioni presidenziali da cui Trump è uscito vincitore contro Hillary Clinton. Ma Younger ha anche aggiunto: «I russi non hanno creato le cose che ci dividono: le abbiamo create noi». La frase è sibillina e si presta a molte interpretazioni, ma potrebbe alludere, per esempio, all’ingresso nella Nato di quei Paesi dell’Europa centro-orientale che chiamavamo sprezzantemente «satelliti dell’Urss».
Nel 2001, dopo la dissoluzione dello Stato sovietico e l’arrivo di Putin al Cremlino, la Nato organizzò un vertice a Pratica di Mare e patrocinò la fondazione della società «Nato-Russia». Sembrò un promettente preludio alla trasformazione della Nato da Alleanza politico-militare, creata per affrontare un nemico, in una organizzazione per la sicurezza collettiva dell’intero continente europeo, dall’Atlantico agli Urali. Ma qualche anno prima, nel 1999, gli Stati Uniti avevano già aperto le porte della Nato a Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria: nazioni dove la Russia è ancora considerata uno storico nemico.
Invece di fare un passo verso la pacifica convivenza di tutti i Paesi del Vecchio Continente siamo scivolati all’indietro in quella che sarebbe diventata una nuova Guerra fredda. Non è tutto. Quei Paesi divennero nel 2004 membri dell’Unione Europea; e l’Ue, da allora, ha quattro soci per cui Washington conta molto più di Bruxelles.