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 2020  ottobre 17 Sabato calendario

Intervista a Matilde Gioli

Senza mezzi termini, senza riserve, chiacchierona fin da piccola, bella senza crederci troppo, appassionata di super eroi e quando arriva la botta di fortuna la prende e la porta a casa senza farsi domande. Matilde Gioli affronta la vita di pancia e la professione di petto, nessuna preparazione specifica, niente scuole ma lavora da sette anni senza sosta, da quella botta di fortuna che le ha cambiato la vita, qualcosa, lei si dice, significherà.
Gioli perciò lei crede nella fortuna?
«Sarei folle a dire di no. Mi ero presentata per un provino da comparsa, il film era Il capitale umano di Paolo Virzì. Tra le attrici professioniste non riuscivano a trovare il volto giusto. Hanno preso me. Ho girato con Paolo in stato di incoscienza. Pensavo che tutti i registi lavorassero così con gli attori. Ma non era vero. Mi piacerebbe tornare ad essere diretta da lui. Ora, con l’esperienza acquisita, me la godrei proprio».
E dire che il suo piano A era un altro
«Ero fissata con le neuroscienze, fin da bambina aprivo la testa dei pupazzi per vedere che c’era dentro. Invece mi sono laureata in filosofia».
Il film di Virzì non è solo un bel ricordo giusto?
«Stavo girando quando è morto mio padre al quale ero legatissima. Siamo quattro fratelli e tutti erano felici per me. Poi lui se ne è andato. Ero distrutta. Ancora oggi mi chiedo sempre che cosa avrebbe pensato del fatto che stavo diventando attrice».
La vediamo su Rai1 ancora nei panni di Giulia, la dottoressa innamorata di Doc (enorme successo di ascolti giovedì sera con il 32% di share, ndr) con cui ha avuto una relazione ma che oggi non la riconosce più.
«Un ruolo bellissimo e complesso. Un personaggio che mi porterò nel cuore. Mi ha resa felice anche perché mi riporta alla mia prima scelta di vita. Giulia è innamorata pazza di Doc ma la loro era una relazione ancora in fase embrionale quando lui è entrato in coma. Al risveglio aveva cancellato il ricordo di 12 anni di vita, dunque anche di lei. Essere rimossi dalla memoria di chi si ama è terribilmente frustrante. Come se non bastasse lei aveva sposato in pieno il modo di esercitare la professione del suo primario: freddo, distaccato con colleghi e pazienti, fedele solo ai riscontri oggettivi, mai empatico. E questo la porterà a dissociarsi dal nuovo Doc, appassionato e partecipe, anche nel lavoro in ospedale. Troppi strappi da sopportare. Eventi talmente eclatanti che ti cali facilmente nei suoi panni».
Lei non è più un’esordiente. Superati i trent’anni se si guarda indietro che cosa pensa di aver ricevuto da questo mestiere?
«Tantissimo. Ho imparato molte cose nuove, persino ad andare a cavallo. Ho viaggiato nel tempo, sono stata un medico come era nei miei sogni. Oggi voglio crescere insieme al mio lavoro. Sono passata da ragazzina a ragazza, ora sarò mamma nel film che inizio a girare a giorni, una donna matura e in carriera con un figlio. Sono felice di proseguire in modo armonico e di pari passo. Le mie evoluzioni di donna e di attrice si completano e si alimentano. Recitare mi ha fatto capire chi sono, proprio quando ero altro da me, mi ha portato a riflettere, a uscire dal mio orto per capire gli altri, a dissociarmi per poi tornare. È complesso e a volte violento questo continuo dentro e fuori. Però nel suo essere catartico ha dato coscienza del mio carattere».
Tanto cinema e adesso anche tv. Le piacerebbe fare teatro?
«Moltissimo, adoro i classici ma dovrei trovare prima un regista adatto, uno che abbia voglia di lavorare il doppio con me che non ho scuole alle spalle. Sul palcoscenico la prima deve essere buona per forza».
La bellezza le è stata di grande aiuto?
«Odio chi dice di detestare il proprio aspetto fisico quando è piacevole. Hai avuto questa fortuna? Prendi e porta a casa senza troppe chiacchiere. Poi bisogna accettare i propri difetti. Lo sbaglio, l’asimmetria, il disequilibrio creano movimento, sono i nostri difetti a renderci unici».
Un suo difetto?
«Ho i denti storti e pensare che mio papà era dentista».