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 2020  ottobre 17 Sabato calendario

La condanna di Profumo diventa un caso politico

La bufera politica si è abbattuta su Alessandro Profumo ieri mattina con la richiesta di dimissioni del M5S, via Twitter: «Alla luce della condanna ricevuta, ci aspettiamo che Alessandro Profumo, nell’interesse dell’azienda, rimetta il mandato di amministratore delegato di Leonardo». Le azioni dell’ex Finmeccanica hanno perso fino a -4%, dopo qualche ora sono risalite e hanno chiuso con un +2,03% a 4,764 euro.
L’ex banchiere rimane al suo posto e ieri ha mantenuto gli impegni in agenda. Tra cui una videoconferenza con altri a.d. di industrie europee dell’aerospazio e difesa ed esponenti della Commisione Ue, in quanto presidente dell’Asd, l’associazione europea del settore. Un comunicato di Asd riferisce che Profumo ha partecipato alla «tavola rotonda ad alto livello».
Dal governo nessuno ha preso posizione fino al tardo pomeriggio, quando il viceministro dell’Economia del Pd, Antonio Misiani, ha difeso Profumo dopo la condanna in primo grado dell’ex presidente di Banca Mps a sei anni di reclusione, più cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e due anni di interdizione dalla rappresentanza delle società e dalla contrattazione con la pubblica amministrazione. L’accusa è di aggiotaggio e false comunicazioni sociali per la contabilizzazione dei derivati di Mps come BTp. «Profumo non deve dimettersi da Leonardo. Non c’è una condanna definitiva – ha detto l’esponente del Pd – e non ci sono nemmeno le motivazioni della sentenza di primo grado. Tra l’altro, la Procura ne aveva chiesto l’assoluzione. L’Italia si è data delle norme molto rigorose per regolare queste eventualità, stiamo a quelle per favore». Il dossier però resta molto caldo, anche se, non essendo la condanna definitiva, l’altra sera Leonardo ha diffuso questa nota: «La società precisa che non sussistono cause di decadenza dalla carica di a.d. di Leonardo ed esprime piena fiducia nella sua azione auspicando un percorso di continuità». Il Sole 24 Ore ha verificato che questa è una nota della società, ma sulla questione non si è riunito il cda (in calendario il 5 novembre sui conti).
Nel 2013 il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni tentò di introdurre requisiti rafforzati di onorabilità per le controllate dello Stato. La direttiva del 24 giugno prevedeva che, anche per rinvio a giudizio o condanna di primo grado, per una serie di reati tra cui finanziari e bancari, un amministratore decadesse, o fosse ineleggibile. La proposta del Mef di introdurla negli statuti delle quotate fu bocciata perché i grandi fondi votarono contro in assemblea. Il primo “no” fu nell’assemblea Eni l’8 maggio 2014, l’ad Paolo Scaroni era contrario; poi il no di Finmeccanica il 15 maggio, infine quello di Terna. All’Enel invece la clausola è passata: una condanna di primo grado, come quella di Profumo, all’Enel farebbe decadere il manager. Il successore di Saccomanni, Pier Carlo Padoan, non ha riproposto la clausola di onorabilità. E nel 2017 Padoan ha cancellato la direttiva Saccomanni, sostituendola con una assai più morbida il 16 marzo, poco prima di presentare le liste dei candidati ai cda delle grandi società pubbliche. Tra questi c’era Profumo: con la direttiva Saccomanni sarebbe stato incandidabile, perché rinviato a giudizio per usura a Lagonegro come ex presidente di Mps. Ma Padoan cambiò la direttiva e Profumo volò a Leonardo.