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 2020  ottobre 16 Venerdì calendario

Biografia di Aurelio Peccei

«Un paio di volte al mese andavo a trovarlo nella sua casa romana. Aurelio Peccei, mentre beveva un succo di frutta, mi parlava dei suoi studi sui problemi del mondo e sul futuro di tutti noi». Gianfranco Bologna, una lunghissima militanza nel Wwf italiano, ricorda così la sua frequentazione, tra il 1976 e il 1984, di un personaggio straordinario, che ha contribuito a cambiare il modo di intendere il nostro rapporto con il Pianeta che ci ospita.
E oggi, più di quarant’anni dopo, è come se quegli incontri tra il ventenne ambientalista e l’ex manager convertito alla salvaguardia della Terra, si ripetessero in una virtuale staffetta tra generazioni: sempre più giovani scoprono Peccei, il suo ruolo nell’iniziare un cammino che oggi sono loro stessi a percorrere, magari guidati da Greta Thunberg. «Se i ragazzi scendono in piazza per chiedere misure contro la crisi climatica e se paesi come la Nuova Zelanda scrivono una legge di bilancio che non è più dominata solo dal Pil ma dal concetto di benessere, è anche merito di Aurelio», dice Bologna. «Le sue intuizioni di cinquant’anni fa sono i semi che hanno fatto germogliare tutto questo».
Peccato che ci sia voluto mezzo secolo per dare ragione a Peccei e al Club di Roma, che lui contribuì a fondare nel 1968. «Già cinquant’anni fa noi parlavamo dei limiti della crescita e mettevamo in guardia dall’aumento delle emissioni di CO2, nel caso avessimo continuato a sfruttare il Pianeta», ha ricordato Sandrine Dixson- Declève, attuale co-presidente del Club di Roma, durante il recente festival di Green & Blue, il content hub dedicato all’ambiente del gruppo Gedi. «Aurelio Peccei era un industriale, non un ambientalista. Ma aveva capito quale fosse l’impatto delle industrie sull’ambiente, alla luce dell’ossessione costante per la crescita. E sentì l’esigenza di trovare una soluzione ai problemi dell’umanità. Fu di una lungimiranza eccezionale».
Nato a Torino nel 1908, laurea in economia, periodi di studio all’estero a Parigi e in Russia, Peccei fu assunto giovanissimo dalla Fiat. Partigiano di Giustizia e Libertà, nel 1944 fu arrestato e torturato dai nazifascisti. Dopo la guerra, nel 1949, accettò di trasferirsi in Argentina per conto della Fiat, guidando il ramo sudamericano dell’azienda, incarico che avrebbe ricoperto per i due decenni successivi. Ed è alla fine degli anni Sessanta, dopo esperienze dirigenziali anche in Olivetti e alla Italconsult, che Peccei matura la sua visione. Una metamorfosi, da industriale a voce critica del mito della crescita, raccontata in uno splendido ritratto scritto per la Treccani dal figlio Roberto: «Ottenuti dei fondi dalla Fondazione Agnelli, Peccei e Alexander King (l’allora direttore dell’Ocse, ndr ) poterono finalmente invitare a Roma, il 6 e 7 aprile 1968, presso l’Accademia dei Lincei, una trentina di persone di primo piano per discutere quello che fra di loro già chiamavano The predicament of mankind (la difficile situazione dell’umanità, ndr ) ».
È l’atto di nascita del Club di Roma. Tra le prime mosse del gruppo di intellettuali e scienziati riuniti intorno a Peccei ci fu la richiesta agli esperti del Mit di Boston di un rapporto che, pubblicato nel 1972, sarebbe passato alla storia con il titolo I limiti della crescita. È lo stesso Peccei a sintetizzarne le conclusioni in una intervista rilasciate nel 1973 a Piero Angela (e oggi disponibile sul sito futuranetwork.eu ): «Il Mit è giunto alla conclusione che queste curve di sviluppo smodato creano una pressione sull’ambiente naturale e vanno aldilà della capacità di sopportazione della Terra. C’è da pensare, dice lo studio, che nel giro di qualche generazione si andrà incontro a delle catastrofi perché supereremo le capacità della Terra». «Per me quello studio fu una illuminazione», racconta oggi Piero Angela. «All’epoca c’era l’idea di una crescita continua, l’avevamo conosciuta nel Dopoguerra. Ma oggi la cultura di quel rapporto è finalmente stata rivalutata. E Peccei è conosciuto in tutto il mondo».
Ma come fece Peccei a capire con così grande anticipo? E perché non fu ascoltato? «Capì perché adottò un modello basato su sistemi che interagiscono, a fronte di un approccio che invece privilegiava saperi segmentati: gli economisti si occupavano di economia, i geologi di geologia. Fu la sua visione sistemica a permettergli di fare simulazioni sul futuro», risponde Enrico Giovannini, membro del consiglio direttivo del Club di Roma.
È incredibile come quei modelli ci abbiano azzeccato: uno studio australiano del 2014 ha confrontato i grafici del Club di Roma con gli andamenti reali degli ultimi 50 anni e in molti campi (inquinamento, risorse, popolazione) i grafici sono praticamente sovrapponibili. Fa impressione la proiezione sugli abitanti della Terra: prevedeva un picco di 8 miliardi di abitanti nel 2020 che sarebbero scesi a 6 miliardi entro fine secolo: 2 miliardi di persone in meno nel giro di 80 anni. Una catastrofe. «Oggi siamo drammaticamente vicini ai picchi previsti 50 anni fa dal Club di Roma», dice Giovannini. Ma allora i potenti dell’epoca sottovalutarono l’allarme. «Risposero che la tecnologia avrebbe trovato le soluzioni e il mercato si sarebbe adattato», continua l’ex presidente dell’Istat. «Ci fu anche chi accusò Peccei di catastrofismo», aggiunge Bologna. «ll fronte di quelli che oggi chiameremmo negazionisti si unì contro il Club di Roma, da destra a sinistra».
Mezzo secolo dopo i potenti ancora faticano ad agire. Ma milioni di giovani in tutto il mondo scendono in strada per scuoterli. Cosa hanno in comune Peccei e Greta? «Ascolta gli scienziati», suggerisce Giovannini. «Oggi lo dice Greta, 50 anni fa lo diceva Peccei, che infatti commissionò il rapporto al Mit. E poi “non c’è più tempo”.
Lo sosteneva già 50 anni fa il Club di Roma e se il mondo lo avesse ascoltato ora non ci troveremo a dover varare provvedimenti radicali per evitare il peggio, i correttivi sarebbero potuti essere più graduali. Infine: si può fare. È più difficile e ci costerà di più che se avessimo iniziato negli anni Settanta, ma salvare il Pianeta si può e si deve fare».