la Repubblica, 15 ottobre 2020
La boyband coreana BTS si quota in borsa
Dopo aver rivoluzionato il mondo della musica, ammassando milioni di fan di tutte le latitudini e rendendo il K-Pop, il pop sudcoreano, un fenomeno globale, i BTS ora provano a conquistare anche la finanza. Oggi le azioni di Big Hit Entertainment, la società che ha creato e detiene i diritti della boyband culto, debuttano alla Borsa di Seul, nella più ricca quotazione degli ultimi anni in Corea. Il trionfo è già assicurato: per il 20% del capitale, Big Hit ha raccolto 800 milioni di dollari, a una valutazione di 4 miliardi. Un multiplo folle, quasi 50 volte gli utili (86 milioni nel 2019), che ha reso il fondatore dell’agenzia, il produttore 43enne Bang Si-hyuk, miliardario, e i sette membri della band, che hanno ricevuto 70 mila azioni ciascuno, milionari. Ma dai mercati, nei prossimi mesi, si attende un responso che vada oltre le mutevoli luci della ribalta: quanto può durare la fortuna di una band K-Pop?
I dubbi non mancano, visto che la popolarità dei BTS è anche il limite di Big Hit. I magnifici sette, che qualcuno accosta addirittura ai Beatles, continuano a demolire record. I loro primo singolo in inglese, Dynamite, ha appena debuttato al numero uno della classifica Billboard, così come l’ultimo album uscito a gennaio. Il coronavirus li ha costretti a cancellare un tour da tutto esaurito, ma un concerto in streaming è stato seguito da 800 mila spettatori paganti. Il problema è che questa macchina da soldi lo scorso anno ha generato il 90% del fatturato di Big Hit e che entro la fine del prossimo anno i più vecchi tra i sette dovranno lasciare il palco per i 18 mesi di leva previsti in Corea del Sud. I BTS sono in giro dal 2013 e nessuna boyband è per sempre. Specie in un’industria come il K-Pop, i cui pallidi idoli di recente sono stati protagonisti di scandali di ogni genere.
Così Bang, il capo di Big Hit, sta provando a diversificare. Da un lato ha creato attorno ai BTS un’infrastruttura di intrattenimento, declinando il loro volto in merchandising di ogni tipo, perfino corsi di coreano, e creando un’apposita piattaforma social, Weverse, per veicolarne i contenuti. Dall’altro ha reclutato nuove band, provando a creare i prossimi BTS. L’obiettivo è presentarsi come un “produttore di contenuti”, un po’ come Disney con le sue franchigie, da Guerre Stellari agli X-Man.
Solo che la chiave del successo dei BTS, quello che ha conquistato loro una “armata” di fan pronti a mobilitare tempo e denaro per portarli al successo (anche in Borsa, se servirà), è proprio la loro diversità rispetto alle precedenti band coreane: meno patinati, più liberi di cantare disagi, più veri. Non sarà facile ripetere questa rivoluzione, per Big Hit e per gli altri talent scout. Non sarà facile per il K-Pop andare oltre i BTS.