La Stampa, 14 ottobre 2020
L’eroina come dono d’amore
Non pensiamo che Maria Chiara debba appartenere a una stirpe aliena, proviamo a immaginare come una nostra figliola la ragazza di Amelia morta per la dose d’eroina che aveva chiesto come «regalo» per i suoi 18 anni. Ad accontentarla aveva pensato il fidanzato, maggiore di tre anni, che in materia di sballo era più sgamato di lei, almeno tanto da sapere come muoversi nel giro dello spaccio romano. I due partono in treno alla volta della Capitale, come se fosse una gita.
All’ora di pranzo attorno alla stazione Termini è facile trovare quello che si cerca; venti euro e passa la paura. L’eroina entra in circolo e intanto si torna a casa. Alla stazione c’è un parente per accompagnarli, in programma un’apericena con gli amici, lei sembra non aver appetito. Le ragazze oggi mangiano poco, si sa.
A fine serata Maria Chiara va a dormire a casa del fidanzato. Dal letto del ragazzo però lei non si sveglierà più. Ora si dovranno accertare le responsabilità, pare sia passato del tempo prezioso prima che lui lanciasse l’allarme. La giustificazione è che quel regalo fosse una richiesta esplicita della fidanzata, si dovrà aspettare l’autopsia per ricostruire con esattezza i pezzi che mancano di questa brutta storia.
Esaurita la cronaca forse resterà ancora spazio per qualche commento di anima buona sui cattivi esempi che corrompono i giovani, ma non nei salotti della tv; oggi il tema prevalente è il Covid e i suoi derivati. Il casting degli opinionisti ha esperti in pandemie, mascherinologia, complotti e curve virali. Non ci sono più su piazza persone capaci di suggerire il contesto per una giovane vita soffocata da un’overdose.
Eppure dovremmo fermarci per un pensiero su questa morte, associare l’eroina ad Amelia porta veramente a scenari che ricordano epoche che, superficialmente, si potrebbe immaginare non più attuali. Chi ancora ricorda che proprio ad Amelia esiste da decenni una famosissima comunità di recupero, che nella sua storia fatta di luci e ombre, avrà pur fornito a chi abita da quelle parti immagini concrete del pozzo nero in cui precipita chi si droga.
Eppure persino laggiù ancora resiste ed è coltivata l’epica dell’eroina, proprio per questo nessuno di noi si può chiamare fuori. Non basta mettere sul piatto periodicamente le attuali paure che tolgono il sonno ai muniti di giovane figliolanza, nulla di questo ha a che fare con la fluidità affettiva, con il disimpegno ideologico, con la debolezza delle figure genitoriali, con le sfide sui social, con Tik Tok, gli influencer, l’edonismo, la movida selvaggia.
Aggiungiamo alla lista che, ancora negli anni venti di questo millennio, potrebbe capitare che una ragazzina possa ancora fraintendere un buco di eroina come la più coinvolgente «prova d’amore» da concedere a un fidanzato.