ItaliaOggi, 13 ottobre 2020
Periscopio
Chi ha troppa paura di morire crede di essere immortale. Massimo Fini, Il ribelle. Marsilio, 2006.
A che scopo viviamo, se non per essere presi in giro dal nostro prossimo, e divertirci a nostra volta alle sue spalle? Jane Austen.
La verità ha un senso soprattutto per chi è stato ferito dalla menzogna. Franco M. Scaldaferro, Aritmie del sentimento. Supernova, 2003.
Una panzana giornalistica che mi ha sempre colpito è stato il pompaggio dei grillini, attribuendo loro una forza sproporzionata rispetto alla realtà, solo per alimentare il teatrino della politica e fare sopravvivere i giornali. Claudio Velardi (Giancarlo Perna). Libero.
Sta prendendo corpo un movimento intellettuale (Base Italia) con un terzetto d’attacco che sta inanellando goal tipo Atalanta: accanto a Giuliano Floridi, due attaccanti di scuole diverse, ma che sanno passarsi la palla ad occhi chiusi: un sindacalista popolano, Marco Bentivogli, e un economista da prime time, Carlo Cottarelli. Un vero e proprio «trio delle meraviglie», direbbero i commentatori sportivi: Floridi che da Oxford parla con le università, i governi e le Big Tech di tutto il mondo; Bentivogli che, per il suo trascorso in Cisl, dove ovviamente oggi viene avversato in ogni modo, ha rapporti privilegiati con il mondo dell’industria, stimato per il suo approccio innovativo al mondo digitale; e, infine, Cottarelli, ex primo ministro per una notte, che sa fare assist perfetti grazie alle passate esperienze con le grandi centrali della finanza mondiale, dal Fondo Monetario Internazionale alla Federal Reserve. Luigi Bisignani. Il Tempo.
Fontana tiene botta. Palamara invece viene decisamente inviato al plotone d’esecuzione mentre viene insabbiato tutto il resto del marciume a cui rimandano quelle 60 mila pagine di chat che rivelano come sono state costruite splendide carriere e, soprattutto, come sono stati nominati almeno 84 ruoli apicali negli uffici giudiziari. Da Roma a Milano. Da Palermo a Torino. Così, mentre il caso Palamara scompare all’orizzonte, la giostra mediatico-giudiziaria contro la Lombardia e la Lega riprende a girare. Luigi Amicone. Tempi.
Oltre alle scarse virtù sue proprie, dalla pratica d’uno squadrismo classicamente (ma nascostamente) mussoliniano all’amore comunista ortodosso per i tiranni, da Stalin a Mao, da Che Guevara a Ho Chi Min, il goscismo italiano fu al confronto degli altri goscismi europei un estremismo particolarmente smorto. Non ebbe un’anima antiautoritaria, né seppe esprimere tecniche di comunicazione efficaci e originali, sempre a differenza del goscismo francese, per esempio, che s’ispirò a dada e al surrealismo. Diego Gabutti, Informazione corretta.com.
Mi scoprì come scrittrice Vittorio Sereni, dopo che per tre anni Memorie malvage era stato rifiutato da tutti. Solo che il giorno in cui mi presentai in Mondadori, con mio figlio Malcom in pancia da sei mesi, si scusò: «Mi hanno licenziato». Poi però inviai il libro a un premio per inediti, in giuria c’era Maria Bellonci. Vinsi. Cesare De Michelis, grande amico di mio marito, me lo pubblicò. Barbara Alberti, scrittrice (Stefano Lorenzetto). Corsera.
I nove racconti di Franchini narrano di una gara di corsa di una ragazzina in una giornata di olimpiadi scolastiche dal punto di vista del padre. Di una pesca alla trota in Carnia. Di un volo a Cuba e di un marlin imbalsamato. Di come a Kobarid (dove da Addio alle armi a oggi non è cambiato quasi niente) si ricordi degli ultimi due italiani di Caporetto. Di un aficionado della corrida (che non è solo il massacro di un animale). Di un uomo che discende in canoa il grande fiume dai due cuori, che sono quelli di due amici, uno scrittore e un arrampicatore, entrambi morti da poco, e alla fine di tutte queste sfide, di come «Una sconfitta applaudita è più bella della vittoria». Antonio Franchini, editor (Luigi Mascheroni). il Giornale.
«Stiamo progettando un aereo e costruiamo già una moto». Nell’hangar c’erano due aerei piccoli, uno a terra e l’altro su un supporto, come se fosse stato un giocattolo. Il primo apparteneva a Zanlucchi, il pilota, ed era acrobatico. Lo toccai su un’ala, si reclinò come se fosse privo di peso. «Bravo Zanlucchi» pensai, e sentii freddo alla schiena. Attorno all’altro aereo c’erano due tènici che meditavano, uno aveva un pezzo di metallo in mano, parlavano a monosillabi e sottovoce, come fanno gli scienziati quando stanno inventando ma non hanno ancora inventato niente. Rolly Marchi, Ride la luna. Mursia, 1979.
A quel tempo c’erano molte mosche, la stalla era vicina. Mio nonno Giulio, padre di mia madre, essendo pelato, biondo, dolce di pelle era particolarmente appetito da questi subdoli nemici dell’uomo. Girava per casa con una cappello di rete finissima, molto leggero, aereato: le mosche vi si posavano sopra, e così non davano fastidio. Con una paletta, pure di rete, passava il tempo in una guerra totale, con esiti assolutamente insignificanti. Giulio Einaudi, Frammenti di memoria. Rizzoli, 1988.
La Città dei Papi già negli anni un cui vi aveva abitato il vescovo Netscape, era un mercato immondo fiorentissimo di Corpi Santi, Sante Membra, Sante Schegge, Santi Frammenti, Santi Chiodi e d’altrettali turlupinature di cui si pasceva e su cui anzi si ingrassava una catena alimentare che andava dal tombarolo al monsignore che gli autentificava (per danaro) la Reliquia; dal sensale che procurava i clienti, al notaio che stendeva l’atto di vendita, su su fino al cardinale prefetto delle Catacombe. Sebastiano Vassalli, La chimera. Rizzoli, 2014.
Fissò un banco di fronte, ove una donna sedeva su uno sgabello sorseggiando una bibita attraverso la cannuccia mentre un uomo le serviva dolciumi. Stava civettando con l’uomo e tutte le rughe della sua faccia imbellettata sorridevano imploranti, con l’umiltà di coloro che non possono più pretendere, ma soltanto supplicare. Isaac B. Singer, Nemici. Una storia d’amore. Longanesi, 1972.
Piazza del Fieno, ai tempi di Dostoevskij, era la più malfamata piazza si San Pietroburgo. Alla prostituta che incontra nella seconda parte delle sue Memorie del sottosuolo, l’uomo del sottosuolo dice: «Adesso sei giovane, bella, fresca, piaci a tutti, ma dopo un anno di questa vita non sarai più così, appassirai. Passerai da qui a un posto più brutto, in un’altra casa. Dopo un anno, in un’altra casa ancora, sempre più in basso, e tra sette anni arriverai un una cantina della piazza del Fieno». Paolo Nori, La grande Russia portatile. Salani, 2018.
Le cortine di ferro in Italia sono d’ovatta. Roberto Gervaso.