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 2020  ottobre 13 Martedì calendario

I marmi Torlonia a Villa Caffarelli

Quelle tracce di dorature sul Sarcofago dei Leoni, le patine di colore rosso sul bassorilievo di Porto, e la testa del Caprone Giustiniani abilmente realizzata da Gian Lorenzo Bernini, mentre il padre Pietro creò la testa per l’Afrodite accovacciata. Sorprese nelle sorprese. La meraviglia della collezione dei Marmi Torlonia passa anche per una serie di scoperte riaffiorate grazie agli interventi di restauro. Sono solo alcune novità svelate dalla grande mostra a Villa Caffarelli, l’ala segreta di Palazzo Caffarelli in Campidoglio, tenuta a battesimo ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il ministro Dario Franceschini e la sindaca Virginia Raggi. 
Un evento atteso, slittato a causa dell’emergenza Covid, e portato a compimento con «una ostinata energia» per dirla con Salvatore Settis, curatore insieme a Carlo Gasparri. La collezione delle collezioni è pronta a sfoggiare da domani (fino al 29 giugno 2021, in collaborazione col Comune di Roma, catalogo Electa) la vertigini di 92 opere tra statue, busti, rilievi, sarcofagi, scelti su 620 pezzi raccolti dalla famiglia tra il 700 e l’800 e confluiti nel Museo Torlonia, impresa del principe Alessandro coronata nel 1876 nel palazzo romano di via della Lungara (poi chiuso). La mostra, come ricorda Settis, nasce come prima tappa di un accordo siglato nel 2016 tra Ministero dei Beni Culturali e Fondazione Torlonia (che gestisce la collezione sotto la guida di Alessandro Poma Murialdo) per riaprire il Museo Torlonia in una sede all’altezza («anche perché – dice Settis, qui c’è solo il 15% della collezione»). Sede che sembra divenire più concreta: è stato il ministro Dario Franceschini ad annunciare la soluzione di Palazzo Rivaldi, il complesso rinascimentale sui Fori Imperiali che langue abbandonato da quarant’anni: «Lo Stato è disponibile a dedicare luoghi e risorse adeguate. In tal senso precisa Franceschini una sede prestigiosa come Palazzo Rivaldi, per il cui restauro è già deliberato un finanziamento di 40 milioni di euro, si potrebbe prestare a ospitare la collezione Torlonia». Di questo tesoro (la raccolta privata di marmi antichi più vasta al mondo, del valore di circa 600 milioni) si è parlato molto negli ultimi quattro anni, passando anche per le beghe giudiziarie legata alla causa per la maxi-eredità lasciata dal principe Alessandro alla sua morte, avvenuta a 92 anni nel dicembre del 2017, intentata dal primogenito Carlo Torlonia contro fratelli minori e nipoti. Una controversia che si è conclusa nell’aprile del 2019 quando è stato revocato il sequestro dei beni. La sua valorizzazione ha i contorni nitidi ora. Intanto si parte dalla mostra che porta i Marmi Torlonia nelle sale di Villa Caffarelli, incastonata sui resti del tempio di Giove Capitolino, come racconta la sovrintendente Maria Vittoria Marini Clarelli. 
IL PERCORSO
Il percorso è un’emozione, merito anche dell’allestimento curato dallo studio dell’archi-star britannico David Chipperfield. «Ogni opera esposta meriterebbe un assolo – riflette Salvatore Settis – ma tutte insieme danno il senso di un viaggio nella grandezza dell’antichità». Non a caso, gli interventi di restauro finanziati dalla Maison Bulgari e curati dall’équipe di Anna Maria Carruba consentono una riscoperta continua. «Siamo al cospetto di opere leggendarie, tanto note ma praticamente mai viste», commenta la soprintendente Daniela Porro. Il percorso ragiona sulle origini della collezione, selezionando pezzi emblematici frutto di scavi archeologici condotti dai Torlonia, e acquisizioni da altre collezioni nobiliari. La prima sala evoca il primo Museo Torlonia: le pareti rosso pompeiano e il pavimento di mattoni di argilla nera incorniciano una tribuna di 18 busti ritratto di imperatori insieme ai tre capolavori della ritrattistica romana: la dolce malinconica Fanciulla di Vulci, l’imbronciato Eutidemo di Bactriana, il rugoso Vecchio da Otricoli. La parata dei marmi continua, i colori delle pareti si attenuano per giocare col contrasto dei pavimenti neri (luci perfette per accarezzare la grazia del candore lattiginoso). La seconda sala racconta le imprese archeologiche nella campagna romana, con il rilievo di Porto, la possente Eirene e Ploutos, il Satiro e la Ninfa. La terza sala, ancora, indaga il gusto per l’antico tipico del 700, con i marmi raccolti da Bartolomeo Cavaceppi, restauratore antiquario, passati ai Torlonia (impressionante la tazza con le fatiche di Ercole). 

I BRONZI
E si entra nella quarta sala dedicata al marchese Vincenzo Giustiniani: «protettore di Caravaggio e di Giovanni Battista Marino: alla sua collezione va ricondotta la statua del Caprone la cui testa va attribuita al restauro di Gian Lorenzo Bernini», spiega Daniela Porro. I busti ritratto di Scipione, Cesare, Augusto, l’Hestia Giustiniani, l’Afrodite accovacciata (con la testa rifatta da Pietro Bernini), il Satiro in riposo, il rilievo con l’iperrealistica scena di bottega, sono un tuffo al cuore. «Emerge il culto della perfezione come bellezza – dice la Porro – La statua antica non poteva essere mutila, ma l’integrazione doveva essere altrettanto preziosa». Gran finale con le collezioni di antichità del 500 e 400 (l’Atena Pio da Carpi, il Nilo Cesarini, il Sarcofago dei Leoni Savelli che oltre a tracce di dorature ha svelato un restauro integrativo con parti di un sarcofago-clone). Nucleo proveniente da Villa Albani. Infine, una porta si apre sull’Esedra del Marc’Aurelio dove sono stati raccolti i bronzi dei Musei Capitolini: cuore del primo museo aperto al pubblico. Collegamento ideale con la collezione Torlonia che vuole riaprirsi al mondo.