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 2020  ottobre 12 Lunedì calendario

Il business del legno minaccia le foreste

Corruzione, intimidazioni e violenza. Il tutto per un grande affare stimato su un miliardo di euro l’anno, circa 20 milioni di metri cubi di legno tagliati illegalmente nelle foreste rumene, e parte del prodotto rubato finisce con buona probabilità sul mercato europeo. Nel cuore delle montagne dei Carpazi a Nord della Romania fiorisce un disboscamento clandestino, che sta minacciando una delle ultime foreste vergini d’Europa. Un sito protetto dai programmi europei, ma ai suoni dell’ecosistema primordiale si sostituisce, qua e là, il ronzio della motosega: è la mafia del legno, che disbosca senza scrupoli, intimidendo la popolazione che si mette di mezzo per denunciare. Secondo i dati di Global Forest Watch, 317 mila ettari di bosco sono stati tagliati negli ultimi vent’anni in Romania, pari a 440 mila campi da calcio. Lo scorso febbraio, la Commissione europea ha avvertito Bucarest, chiedendo con forza di porre fine al traffico illegale di legname, pena sanzioni. E c’è un altro Paese in Europa nel mirino della Ue: la Polonia. Nell’aprile 2018, è stata la Corte di giustizia europea, su pressione dell’Ong ClientEarth, a intimare che, se la distruzione della foresta di Bialowieza, patrimonio Unesco, non si fosse interrotta, il governo di Mateusz Morawiecki avrebbe dovuto pagare 80 mila euro per ogni giorno di taglio. Una enorme vittoria degli ambientalisti, che per ora sono riusciti a fermare lo sfruttamento selvaggio di questa materia prima così strategica per l’economia verde europea, stoppando la distruzione di uno dei polmoni verdi del Continente. Ma gli stessi ambientalisti, questa volta tedeschi, sono in allarme e pronti a mesi di proteste per un’altra opera che divorerà porzioni di foresta: siamo in Germania, e non più tardi di domenica scorsa migliaia di attivisti per il clima si sono riuniti in un tratto di bosco a Nord di Francoforte per manifestare contro la decisione di prolungare un’autostrada (la A49) attraverso la foresta di Dannenröder. Il progetto prevederebbe l’abbattimento di alcune querce di 250 anni. La polizia dell’Assia si prepara a contrastare le nuove proteste in programma, animate dal partito dei Die Grünen, a un anno dalle elezioni: i Verdi si oppongono con forza al potenziamento dell’infrastruttura su gomma voluta da Merkel. Gli alberi non sono sacrificabili a prezzo di un’autostrada, dicono. Tra loro, a protestare, c’era anche Carola Rackete, l’ambientalista che, da capitana della Sea Watch, lo scorso anno forzò il blocco di Salvini portando a Lampedusa 53 migranti.
Un quadro preoccupante, quello del fiorire dell’attività illecita che divora le foreste europee, che va di pari passo con un forte aumento dell’industria del legno: un report del JRC (Joint Research Center) della Commissione europea pubblicato ad aprile ha fotografato, con immagini da satellite, i Paesi che tagliano più legno, per un aumento complessivo del 49% di materiale dal 2016 al 2018 (rispetto al triennio precedente). In testa ci sono Svezia e Finlandia, che da sole assorbono quasi la metà del raccolto, seguite da Polonia, Spagna, Lettonia, Portogallo ed Estonia. Un equilibrio pericoloso, se l’Europa vuole convertire la sua economia con un minor impatto energetico entro il 2050. Anche se non tutti i dati devono mettere in allarme: per gli abbattimenti programmati di queste economie, ci sono ripiantumazioni, tanto che di per sé il saldo di tutte le foreste d’Europa è in positivo. La macchia verde nella Ue si estende di 800 mila ettari l’anno (dati Forest Europe). «Entro dicembre Bruxelles rivedrà la strategia di protezione della biodiversità», che ora impone che «resti intoccato almeno il 10% delle foreste nei vari Paesi», spiega Giorgio Vacchiano, ricercatore in Gestione Forestale all’Università di Milano. L’Italia è più virtuosa degli altri: «Protegge il 27% delle sue aree forestali», aumenta di 50 mila ettari l’anno (su 11 milioni ) il suo polmoncino verde, sebbene poi importi l’80% del legno dall’estero, anche da Paesi a rischio deforestazione. A preoccupare, dunque, sono soprattutto i tagli incontrollati dei Paesi dell’Est. «Se un così alto tasso di raccolta continua - scrive il report del JRC - la visione Ue della mitigazione del clima basata sulle foreste potrebbe subire una battuta d’arresto». Un campanello d’allarme: «Ulteriori perdite di carbonio dalle foreste, causate dal forte aumento dell’abbattimento degli alberi, richiederebbero compensazioni delle emissioni in altri settori, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050».