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 2020  ottobre 12 Lunedì calendario

George Orwell sorvegliato speciale

«Per quanto poco uno potesse davvero complottare, l’atmosfera intorno ti costringeva a sentirti e a comportarti come un cospiratore». George Orwell lo scriveva in Omaggio alla Catalogna del 1938, lo straordinario reportage dal fronte della Guerra civile spagnola, “l’ultima grande causa” dell’epoca e la tragica anticamera del nazismo e dell’iniziale ignavia dell’Occidente. Ora però si scopre che questa impressione cospiratrice del grande scrittore ai danni del fronte repubblicano e anti- Franco in Spagna, era anche un paranoico (seppur infondato) sospetto dei servizi segreti sovietici. Lo rivela The International Brigades: Fascism, Freedom and the Spanish Civil War, un nuovo libro dello storico e giornalista inglese del Guardian, Giles Tremlett in uscita per Bloomsbury il 15 ottobre. Argomento, come annuncia il titolo: “Le Brigate Internazionali, il fascismo e la libertà nella Guerra civile spagnola”, che dal 1936 al 1939 attirò le tragedie, le speranze e l’attivismo di 36 mila volontari contro i franchisti e il loro coup d’état, tra cui gli illustri Ernest Hemingway, W. H. Auden, a un certo punto pure Simone Weil fino a quell’infortunio del piede nella pentola d’olio. E, ovviamente, George Orwell, vero nome Eric Blair, in un conflitto che ha segnato le menti e i ricordi di generazioni, tra il massacro cubista di Guernica e i combattenti impallinati e sacralizzati da Robert Capa. Per il suo ultimo saggio, Tremlett ha scartavetrato archivi e documenti nelle sue ricerche. Ed è giunto a una conclusione: i servizi segreti sovietici, orchestrati dal Comintern a Mosca e tramite gli 007 delle Brigate Internazionali comuniste, spiarono per molti mesi Orwell. Non si fidavano di lui, affatto: «I documenti dimostrano come non solo lo scrittore, ma anche sua moglie Eileen O’Shaughnessy, fossero sorvegliati costantemente», ha spiegato Tremlett all’ Observer, che ha anticipato il suo libro in uscita. «Ciò confermerebbe la teoria che Orwell avesse sviluppato già in Omaggio alla Catalogna, e più tardi e ampiamente nella Fattoria degli animali e 1984, l’idea che Stalin voleva trasformare il comunismo in una tirannia capeggiata da un uomo solo al comando ».
Eppure Orwell era indiscutibilmente di sinistra agli inizi della sua carriera di scrittore e di inviato dell’ Observer stesso. Ma c’erano molte cose che non convincevano i sovietici: innanzitutto il fatto che Orwell nel dicembre del 1936 non si fosse arruolato in Spagna nelle Brigate Internazionali guidate dai comunisti e legate a Mosca, bensì con gli anti-stalinisti e trotzkisti del Poum (Partito Operaio di Unificazione Marxista). Due gruppi che poi si fecero la guerra, in un fronte repubblicano sempre più spaccato e insanguinato da massimalismi, giacobinismi ed esecuzioni sommarie. Eppure Orwell, quando era ancora in Inghilterra, per entrare in Spagna aveva cercato nel 1936 l’appoggio proprio del Partito comunista inglese e del suo leader Harry Pollitt. Che si irritò alla sola vista dello scrittore, per poi marchiarlo per sempre con «politicamente inaffidabile».Anche per questo, visti i legami di Pollitt con Mosca, Orwell finisce presto nei radar sovietici. Come racconta Tremlett sull’ Observer, un diagramma negli archivi stalinisti lo incastra in un “gruppo inglese” interno al Poum, in una ragnatela di “sospetti”, tra trotzkisti, anarchici catalani, intelligence francese e spie al soldo di Mussolini e della Gestapo.
Non solo: anche la moglie Eileen viene monitorata. Così tanto che, tra le scartoffie dei servizi, spunta anche quella che sembrerebbe una conferma dei tradimenti della donna nei confronti di Orwell al fronte in Aragona (del resto i due avevano «una relazione aperta»). Perché a un certo punto viene citata «la sua relazione» con Georges Kopp, un belga, comandante militare di Orwell poi incarcerato dopo la messa fuorilegge e la conseguente purga proprio nel Poum nel giugno del 1937: «Hanno una storia, ecco perché lei gli manda cibo, giornali e libri in carcere».
Ma la paranoia sovietica era così ossessiva che, come si evince dai documenti, viene spiato anche un altro britannico nel Poum, David Crook, che però faceva da tempo lo 007 dei sovietici, all’oscuro dell’intelligence militare delle Brigate Internazionali.Il resto è storia nota. Orwell si becca una pallottola alla gola ma si salva («allora sono stato la persona più fortunata della Terra, ma sarei stato più fortunato se l’avessi schivata»), torna a Barcellona dove racconta gli ultimi, caotici e drammatici eventi dell’Omaggio alla Catalogna che, pubblicato nell’aprile del 1938, vende appena 800 copie in Inghilterra e all’estero esce solo in Italia prima della morte dello scrittore. Infine, nel giugno del 1937, Orwell fugge dalla Spagna con Eileen, saltando nella prima classe di un treno per la Francia vestito di tutto punto. Ma prima gli ufficiali sovietici dell’Nkvd sequestrano tutto ciò che trovano nel suo appartamento catalano.
E questa è un’altra storia nel prisma spagnolo di Orwell. In quel raid scompaiono anche i diari e le foto di Orwell durante la Guerra civile spagnola. «Sì, gliele rubarono gli agenti sovietici del Nkvd», racconta a Repubblica Richard Horatio Blair, 76 anni e unico figlio (adottato) dello scrittore, morto quando lui ne aveva sei. «Da allora non ne abbiamo saputo più nulla. Sappiamo che sono a Mosca, ma la Russia non vuole farci accedere agli archivi. Spero che Putin un giorno cambi idea… non vogliono farmi mettere le mani su quegli scritti. A me basterebbero anche solo le fotocopie. È l’ultima cosa che vorrei sapere di mio padre, l’ultima cosa che mi manca di lui». Richard sostiene che il padre fosse cosciente di essere spiato dai sovietici: «Era stato un po’ ingenuo all’inizio sui comunisti, ma poi si rese conto con chi aveva a che fare. La sua fuga lo dimostra. Del resto, poi lo spiò anche l’MI5 in Inghilterra».