Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  ottobre 11 Domenica calendario

Storia di Venere, dea genitrice casta e adultera

Fu senza dubbio per la sua luminosità che il pianeta Venere venne chiamato dai Babilonesi la «stella di Ishtar», una dea dell’amore e della guerra stretta parente della greca Afrodite, il cui nome latino è appunto Venere, dal sostantivo neutro venus che significa desiderio sessuale (nella foto: la Venere di Arles, risalente all’età augustea). Invece Afrodite divinità ellenica dell’amore e della bellezza, derivava il suo nome dalla parola greca aphros, «schiuma»: Esiodo tramanda che la dea fosse nata dalla schiuma prodotta dai genitali evirati di Urano, il Cielo, dopo che il figlio Crono, il Tempo, li aveva gettati nel mare. Afrodite era venerata anche come dea del mare e dei marinai, della guerra, specie a Sparta, ma soprattutto dell’amore e della fertilità. Omero la chiama Cipride, cioè di Cipro, ma oggi la colleghiamo alla grande divinità dell’amore e della guerra del Vicino Oriente: l’accadica Ishtar, di cui si è detto, l’Inanna mesopotamica, l’Astarte dei Fenici e dei Cananei, citata nella Bibbia come Astaroth. Famosa per le relazioni amorose e adulterine con uomini e dèi, in Omero è la sposa insoddisfatta dello zoppo Efesto, che tradisce con Ares, dio della guerra. Degli amanti mortali i più famosi sono il troiano Anchise, con cui genera Enea, e il bellissimo Adone, riconducibile al consorte di Ishtar-Astarte; i più noti dei figli sono Eros e Armonia.
L’associazione di Afrodite con Eros, le Grazie e le Ore (o Stagioni) ne enfatizzava il ruolo di dea della fertilità: il poeta romano Lucrezio la onora come Venere Genitrice (Venus Genetrix), principio creativo alla base del mondo. Tra i suoi epiteti c’erano Urania (Celeste) e Pandemos (di tutto il popolo), che riflettono l’aspetto astrologico orientale e quello greco legato alla dimensione politica. Per la sua associazione alla bellezza, Venere è un’icona dell’arte, a partire dalle Grandi Madri del Paleolitico fino al Botticelli. Le raffigurazioni più antiche la dipingono vestita, mentre nella scultura del V secolo a.C. è nuda: l’Afrodite Cnidia di Prassitele diventa il modello per tante sculture successive, come la Venere di Milo (II secolo a.C.).
L’identificazione di Venere con Afrodite avviene in tempi antichi: il famoso culto di Venus Erycina, cioè di Erice in Sicilia, risale infatti all’importazione del culto di Astarte fenicia nell’isola e alla sua assimilazione con Afrodite, poco dopo la Seconda guerra punica. A Roma, un tempio a Venere Ericina fu innalzato sul Campidoglio nel 215 a.C. Un altro, sorto fuori dalla Porta Collina nel 181 a.C., diventò il centro di culto delle prostitute, mentre Venus Verticordia (che cambia i cuori) era, in modo speculare, la protettrice della castità femminile. L’importanza della dea aumentò quando Giulio Cesare rivendicò che la sua famiglia discendesse da Venere tramite Iulo, il figlio di Enea, ed edificò nel Foro Giulio il tempio a Venere Genitrice, mentre Cleopatra altrove si faceva ritrarre come Afrodite con al collo Eros, allusione al figlio avuto dal dittatore. In Egitto la dea era accostabile a Iside, moglie di Osiride, ma anche ad Hathor, dea dalle corna di mucca, simbolo gioioso di amore sessuale e al tempo stesso inquietante intermediaria tra vita e morte.