Il Sole 24 Ore, 10 ottobre 2020
Mts, scrigno dei Titoli di Stato
Per un Paese come l’Italia che ha (ahinoi) un debito pubblico enorme e in crescita, è di vitale importanza avere un mercato dei titoli di Stato efficiente, trasparente, liquido, profondo e regolamentato. Perché un mercato secondario efficiente è la condizione necessaria per avere anche un mercato primario funzionante: questo significa collocare al meglio i BoT e i BTp e, dunque, avere un potenziale risparmio sul costo del debito pubblico. Chiunque conosca i mercati finanziari lo sa: la liquidità è un valore. Mts, la Borsa all’ingrosso dei titoli di Stato, è sempre stata la garanzia di tutto questo: non solo è un listino regolamentato, ma è anche trasparente e in grado di dare minuto per minuto prezzi. Le domande che oggi bisogna porsi, alla notizia delle nozze tra Borsa Italiana (di cui Mts fa parte) ed Euronext, sono dunque ovvie: cosa cambierà d’ora in poi? Questa operazione porterà benefici al nostro debito pubblico? E poi: Mts riuscirà a consolidare ulteriormente una leadership internazionale?
Il Sole 24 Ore ha sentito vari addetti ai lavori, molti dei quali per rispetto dei loro ruoli in forma anonima, ed emerge un quadro abbastanza fluido: tutto dipende da come il nuovo gruppo vorrà valorizzare Mts, soprattutto all’estero. «Il London Stock Exchange non aveva grande attenzione per il mercato dei bond – è l’opinione di un addetto ai lavori -, vedremo se d’ora in avanti arriverà una maggiore valorizzazione». «La speranza è che questa non sia solo un’operazione societaria con lo scopo di tagliare i costi e di rendere Mts la cash cow del gruppo», osserva un altro. Ma, in generale, c’è un certo ottimismo sul futuro di Mts. Non lo nasconde Gianluca Garbi, oggi Ad di Banca Sistema e per 10 anni numero uno di Mts fino all’arrivo di Lse: «Questa operazione ci fa tornare indietro di 13 anni, quando già Borsa Italiana ed Euronext trattarono la fusione – osserva -. Operazione che ai tempi era ben vista dal ministro Tommaso Padoa Schioppa e dallo stesso Mario Draghi».
Mts in Europa
Partiamo dalla sfera internazionale di Mts. La società mercato nata nel 1988 e privatizzata nel 1998 è già da decenni leader tra le piattaforme di negoziazione di titoli di Stato in Europa, con oltre 500 controparti uniche e un volume medio giornaliero che supera i 100 miliardi di euro. Oltre a quello italiano, la piattaforma Mts gestisce altri 19 debiti pubblici esteri direttamente o attraverso partnership. Una dimensione internazionale che era stata conquistata prima dell’ingresso nel London Stock Exchange. Di recente si sono aggiunti solo il Sud Africa e Cipro alla lista. Mts è dunque da sempre leader nel suo settore. Ma negli ultimi anni ha perso qualche cosa in termini relativi: un po’ per la nascita di tante piattaforme di trading e un po’ perché l’ingresso nella Borsa di Londra secondo alcuni ha un po’ “raffreddato” i rapporti con alcuni ministeri del Tesoro esteri.
E proprio su questo punto – secondo Garbi – il gruppo Euronext (che ha una vocazione federale) potrebbe portare qualche punto in più a Mts. «Euronext è presente come listino azionario in molti Paesi dove c’è anche Mts – osserva -. Questo può permettere al nuovo gruppo di creare un legame maggiore con i vari ministeri del Tesoro». Questa è un’opinione condivisa, seppur con varie sfumature, anche da altri addetti ai lavori. Ovviamente dipende dalle strategie del nuovo management. E dalle priorità. Può far ben sperare il fatto che Fabrizio Testa, Ceo di Mts, è candidato a diventare il prossimo responsabile della divisione Fixed Income di Euronext.
Mts in Italia
E per l’Italia cosa può cambiare? L’opinione prevalente è che non cambierà molto. Mts già oggi svolge un ruolo chiave per il debito pubblico: non solo garantisce liquidità (dunque facilità ad acquistare e vendere) ai BTp, non solo è la piattaforma su cui il Tesoro valuta le banche specialiste (quelle che aiutano a collocare i BTp), ma Mts ha anche avuto un ruolo cruciale per garantire la funzionalità del mercato anche nelle varie crisi dello spread. Su una cosa però l’ingresso in Euronext potrebbe dare qualche valore aggiunto: potrebbe portare più banche internazionali sul mercato del nostro debito pubblico. «Oggi con le fusioni, le banche italiane diventano sempre meno – osserva Garbi -. Per cui è necessario allargare la platea dei dealer a un numero maggiore di istituti europei». Vedremo se le speranze saranno esaudite.