Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  ottobre 10 Sabato calendario

Francesco Zampaglione parla della tentata rapina

Francesco Zampaglione, musicista, fratello di Federico, frontman dei Tiromancino, è agli arresti domiciliari e ci parla dopo un permesso del giudice. Vuole spiegare quello che ha fatto e le sue parole escono come i testi delle canzoni che ha scritto e ancora scrive per la band e per se stesso, limpide, dirette, fragili.
Partiamo dal 29 agosto del 2019 quando è entrato in quella banca romana. Per citare una delle canzoni dei Tiromancino di cui lei ha fatto parte "La descrizione di un attimo". Di quell’attimo.
«È nato da una fase della mia vita molto delicata. Non volevo spaventare, né colpire nessuno, infatti ho usato un’arma giocattolo. Una signora mi ha addirittura accompagnato fuori dicendomi “ragazzo mio ormai i soldi non ce li hanno nemmeno le banche...”. Il mio è stato un atto dimostrativo».
Cosa voleva dimostrare?
«Più che altro oppormi a una società sempre più ingiusta. Il mondo come va da anni mi va molto stretto, non lo capisco e non mi piace».
Una rapina è una rapina, però.
«Quello che abbiamo fatto lo capiamo dalle conseguenze non dai principi. In ogni caso credo che solo nel lungo termine potrò capire quali effetti avrà avuto questa azione su di me e sulle persone che sono state raggiunte dal mio grido di allarme».
La conseguenza è stata l’arresto, la galera a Regina Coeli e poi una condanna, il 25 febbraio scorso, a due anni e dieci mesi di reclusione.
«Un risultato che giudico positivo e ringrazio per questo il mio avvocato Bartolomeo Giordano che non mi ha mai lasciato solo sostenendomi giuridicamente oltre che psicologicamente in un mondo per me totalmente estraneo. E’ passata l’idea che un gesto va considerato nel contesto. Grazie a lui ho avuto il minimo della pena. E grazie alla mia compagna Gioia, la persona più importante della mia vita, ora posso ancora pensare al futuro».
Non nomina nei ringraziamenti suo fratello Federico perché?
«Con mio fratello ho un cattivo rapporto anche se ci vogliamo bene. Ma meglio se stiamo lontani. Il nostro modo di comunicare è la musica. E anche nel suo ultimo album ci sono pezzi miei. Collaboriamo e poi litighiamo. E’ la nostra storia da sempre».
Per questo ha lasciato i Tiromancino?
«Federico a differenza di me è privo di un completo pensiero sociale e politico. Gli interessa solo la musica e fa canzoni d’amore, è questa la cosa che ci ha sempre diviso. Io non ho mezze misure, soffro per esempio a vedere come il mio mestiere sia stato distrutto. De Andrè fa paura, mentre Fedez no. Perché la musica non ha più una funzione sociale».
Lei però continua a provarci. E’ vero che un suo brano è nella lista che deve essere vagliata per questo Sanremo?
«Sì, ma non so se devo parlarne. E’ vero però che sto lavorando. Scrivo canzoni e sto disegnando un fumetto, la mia passione oltre le note. A farmi stare meglio è anche il fatto che la mia compagna sta meglio. In questo periodo ha avuto un grosso problema di salute e per me è stato devastante. Gli arresti domiciliari contengono la mia rinascita come uomo e come artista. Io oggi rivedo il mio passato in forma critica ma guardo il mio futuro in modo costruttivo»
Ricorrerà in Cassazione?
«Probabilmente non ricorrerò in Cassazione».
Una rapina è un crimine, non un’irresponsabilità.
«Le ho spiegato che io non volevo fare del male a nessuno. Il mio gesto è stato l’apice di un malessere personale e sociale. E volevo urlarlo al mondo. D’altronde nella mia vita ho sempre agito di pancia. Ho lasciato i Tiromancino dopo il successo travolgente del brano scritto da me, Federico e Riccardo Sinigallia, "La descrizione di un attimo". Nella mia vita ho sempre rinunciato ai privilegi che mi ero procurato con il mio lavoro a favore di un gesto di dignità. Ora ho rinunciato alla mia libertà fisica pur di lasciare intatta la mia libertà mentale».
Come ha vissuto il carcere?
«Mi risuona in mente la frase di un mio compagno di cella, più esperto di me del luogo: "Il carcere non si regala". E’ stata una esperienza di vita per poter capire ancora meglio il mondo degli uomini».
So che ha ricevuto molte dimostrazioni di affetto dai fan. Vero?
«Non solo dai fan. In questa storia non mi sono sentito affatto sconfitto anche per l’incredibile clima di simpatia e solidarietà che ho sentito attorno a me. Anche da parte delle figure più impensate come le forze dell’ordine».