10 ottobre 2020
Tags : Luiz Inácio da Silva detto Lula
Biografia di Luiz Inácio da Silva detto Lula
Luiz Inácio da Silva detto Lula, nato a Caetés, nello stato del Pernambuco, in Brasile, il 6 ottobre 1945 (75 anni). Politico. Ex metalmeccanico. Ex sindacalista. Già presidente del Brasile (dal 1° gennaio 2003 al 31 dicembre 2010) • «Il padre della sinistra brasiliana» (Daniele Mastrogiacomo, la Repubblica, 4/8/2018) • «Il presidente operaio» • «Il guerriero del popolo» • «O filho do Brasil» • «Ha fatto il lustrascarpe, il venditore ambulante, l’operaio in una fabbrica metalmeccanica dove, a 19 anni, ha lasciato un dito sotto una pressa» (Domenico De Masi, Il Fatto Quotidiano, 20/5/2019) • Nel 1980 fu uno dei fondatori del Partido dos trabalhadores. Ottenne un seggio al Congresso nel 1986. Candidato alla presidenza della repubblica nel 1989, 1994, 1998, vinse le elezioni solo la quarta volta, nel 2002, poi di nuovo nel 2006 • «Una voce bassa, calda, con qualche difetto di pronuncia che non diminuisce la sua carica di comunicatività» (Luca Telese, Il Giornale, 2/1/2003) • «Un camaleonte che piaceva a (quasi) tutti. Ai “compagni” italiani Bertinotti e D’Alema ma anche agli imprenditori che con il Brasile facevano più affari che mai. Alla Chiesa che gli perdonava il “cattolicesimo alla mia maniera” e al jet-set che si contendeva l’ex arringatore di operai metallurgici trasformato in tribuno raffinato e bon vivant, amante della cachaça ma pure dello champagne» (Sara Gandolfi, Corriere della Sera, 5/3/2016) • Nel 2016 fu coinvolto nella faccenda Petrobras, una specie di Tangentopoli brasiliana, uno dei tanti scandali che hanno colpito la sua amministrazione e il suo partito; nel mese di marzo la presidente Dilma Roussef, sua fedelissima, tentò di nominarlo ministro, cosa che gli avrebbe garantito l’immunità giudiziaria, ma una sentenza bloccò la nomina e Lula dovette affrontare una serie di processi • Implicato in nove filoni diversi dell’inchiesta, nell’aprile 2018, condannato a dodici anni in appello per aver concesso favori ad alcune aziende dell’edilizia, decise di consegnarsi alla polizia. Finì in prigione ma a novembre dello stesso anno il Tribunale supremo federale stabilì per 6 voti a 5 che non era possibile tenere in carcere una persona non condannata in via definitiva e fu liberato assieme ad altri 5 mila detenuti • Dichiarato incandidabile a ogni carica pubblica, gli fu impedito di concorrere alle presidenziali del 2018, che portarono alla vittoria di Jair Bolsonaro • «Molte persone che hanno votato per lei, ora la odiano. Sono deluse per la corruzione del Pt. Non si aspettavano questo da voi. Che cosa gli direbbe? “Guardando la televisione, ci si rende conto che per più di quattro anni ogni giorno, così come sui principali quotidiani, mi hanno venduto come fossi un corrotto”. Lei ha nove processi aperti più due condanne. “Ci possono essere 20 processi. Quello che si giudica è il mandato di Lula”» (Gallarraga Gortazar, El País, ripreso da la Repubblica, 29/11/2019).
Titoli di testa «Pragmatico e calcolatore, come ogni buon sindacalista sa essere, Lula ha scritto il suo mito e, forse, l’ha pure distrutto intascando, come un qualsiasi politico corrotto dei nostri tempi, troppe bustarelle sottobanco» (Gandolfi).
Vita Nato poverissimo nel Nord-Est, la zona più misera del Brasile. Figlio di contadini analfabeti. «La madre Eurídice diede alla luce 12 figli ma quattro morirono in fasce e Lula è il settimo della nidiata. Il padre, Aristides Inácio da Silva, abbandonò moglie e figli per andare a San Paolo in cerca di boa sorte, buona fortuna, ma quando la famiglia decise di raggiungerlo scoprì che nella metropoli del Sud se n’era fatta un’altra, di famiglia. All’epoca Lula aveva 7 anni e affrontò il viaggio con mamma, fratelli e sorelle sotto il telone di un camion: 13 giorni di tragitto durante i quali il futuro presidente vide per la prima volta in vita sua una bici e promise a se stesso che un giorno ne avrebbe posseduta una» (Paolo Manzo, Vita, 18/12/2002) • Lula inizia a fare il venditore ambulante assieme a suo fratello Ziza, tre anni più vecchio di lui. Vendono noccioline, arance e tapioca • Lula e i suoi fratelli vivono nel retrobottega di un bar, di proprietà di uno zio. Mancano il pavimento, i tavoli, le sedie, l’acqua corrente. C’è un solo bagno e devono dividerlo con i clienti. Quando i fratelli più grandi trovano lavoro, la famiglia affitta una casa in mattoni, che viene allagata durante la stagione delle piogge • A quattordici anni Lula trova lavoro in una fabbrica: diventa operaio metalmeccanico. Pagato con il salario minimo, spesso fa il turno di notte, lo fanno lavorare dalle sette di sera alle sette del mattino. Quando ha diciannove anni, una pressa gli schiaccia la mano sinistra e gli devono amputare il dito mignolo • Per l’incidente riceve un indennizzo di 371 mila cruzeiros (circa 6 mila dollari americani del 2014), ma continua a lavorare in fabbrica • Nel 1962 prende un diploma alle scuole serali. Per la prima volta in vita sua indossa la cravatta. «Mi sarebbe piaciuto molto andare all’università. Avrei voluto diventare un economista, ma non era possibile. Eppure non mi dispiace. Ho imparato molte più cose dalle battaglie politiche» • Nel 1964 lascia la fabbrica e va a lavorare in un negozio, ma viene licenziato perché non si presenta al lavoro il sabato: il fine settimana preferisce passarlo in spiaggia • Per anni passa da una fabbrica all’altra, da un lavoretto all’altro • Nel 1967, convinto da suo fratello Ziza, va per la prima volta a un’assemblea sindacale. All’inizio non è convinto, dice che avrebbe preferito starsene a casa a guardare la telenovela. «L’unica cosa che mi importava era avere un lavoro, guadagnarmi il mio stipendio e vivere la mia vita. Avere dei figli. Queste faccende sindacali non mi passavano neanche per l’anticamera del cervello». Invece, una volta lì, si appassiona • Nel 1968 prende la tessera del sindacato. È la numero 25968 • Lula si fa strada nel sindacato, inizia a difendere i diritti dei lavoratori e diventa uno dei sindacalisti più conosciuti del Paese • Sono gli anni della dittatura militare. Nel 1980, durante uno sciopero, il ministro del Lavoro Murilo Macedo ordina l’arresto preventivo di Lula e di altri sedici sindacalisti • Alle sei del mattino tre automobili della polizia parcheggiano di fronte a casa sua, sei poliziotti armati di fucili d’assalto, bussano alla porta e gli entrano in casa. «Quando, nel 1980, lei era prigioniero a San Paolo nel Dops (il Dipartimento d’ordine politico e sociale e luogo di tortura dei nemici del regime militare), il capo del carcere era l’attuale senatore Romeu Tuma. Come la trattava? “Era il capo del Dops. Mi ha trattato molto bene ed è nata anche una relazione d’amicizia molto rispettosa, tra me e Romeu Tuma” Come accadde? “Mia madre all’epoca era condannata a morte, a causa di un cancro maligno. Tuma permetteva che io uscissi tardi la notte per andarle a fare visita. E questo senza che nessun altro lo sapesse. Io andavo a visitare mia madre. Molta gente pensava che sarei dovuto fuggire, ma non ho mai voluto farlo” Perché? “Perché avevo molti amici prigionieri. Come potevo darmela a gambe e lasciare i miei compagni in catene? E Tuma, le ripeto, mi trattò con molta dignità e, da allora, è nata una relazione di grande rispetto reciproco tra di noi” Cosa le fa venire in mente lo stadio di Vila Euclides, dove parlava di fronte ai metalmeccanici in sciopero, in piena dittatura militare? “Mi fa ricordare tutto. Se non ci fosse stato Vila Euclides, io non sarei nulla. Vila Euclides ha un ruolo decisivo nella mia formazione e nella mia vita […] È stata la linea di demarcazione per la conquista della democrazia nel nostro Paese» (Manzo) • Quando viene liberato e torna a casa, simbolicamente, libera un uccello da una gabbia • Poi fonda il partito dei lavoratori • Comincia a viaggiare. Va negli Stati Uniti e in Europa. Incontra il senatore Ted Kennedy, Lech Walesa e Giovanni Paolo II • Quando, finalmente, nel 1982, il Tribunale elettore federale autorizza il partito a partecipare alle elezioni dell’anno successivo, Lula si candida alla carica di governatore dello stato di San Paolo • Poiché la legge ammette solo nomi ufficiali sulle schede elettorali, per far sì che i suoi elettori non si sbaglino, lui fa registrare all’anagrafe il proprio soprannome: d’ora in avanti si chiamerà Luiz Inácio Lula da Silva • Durante un dibattito, uno dei suoi avversari, tale Rogê Ferreira, gli chiede: «Lei è comunista, socialista, o cosa?». Risposta: «Sono un tornitore».
Trionfo Il 1° gennaio 2003 Lula arriva alla cerimonia di insediamento a bordo della Rolls Royce presidenziale. «Non è facile da descrivere, bisogna fare uno sforzo di immaginazione. Per dire: corazzieri mulatti in divisa policromatica ottocentesca che sembrano usciti dai campi di battaglia di Waterloo; bambini delle favelas che fanno il bagno nel laghetto artificiale che sta di fronte al Parlamento davanti a poliziotti impassibili, in assetto antisommossa; statisti e sindacalisti, capi di stato, giocatori di calcio; macheteros e indios che si fanno rotolare come sacchi di patate per le collinette verdi che circondano il Congresso» (Telese) • A festeggiarlo, una folla sterminata: un milione di persone secondo il Partito, 350 mila secondo la polizia. Le ragazze fanno con le dita la L di Lula • Ospiti d’onore: gli sceicchi dell’Opec, un po’ confusi, tra le mulatte scollate; il principe di Spagna Ferdinando di Borbone; Hugo Chavez, in abito scuro e cravatta rossa; Fidel Castro, per una volta non in divisa; dall’Italia, Bruno Tabacci, Bobo Craxi, Sergio Cofferati • A un certo punto, Angelo da Silva de Lima, 24 anni, giovane professore, riesce a bucare il servizio d’ordine e a saltare addosso al nuovo presidente. Dopo venti secondi di panico si capisce che non è un sicario, ma un militante. Lula lo abbraccia. Nell’aula del Senato, dove avviene il giuramento, sembra di stare in curva al Maracanà • «Se uno come me, che da bambino vendeva noccioline all’angolo di una strada è potuto arrivare fino a qui, vuol dire che il nuovo Brasile può fare molto. Da oggi sono il servitore pubblico numero uno dello stato» • «Se mia madre fosse ancora viva scoppierebbe a piangere orgogliosa».
Lula di miele Cofferati: «Vedere questa festa per me è motivo di grande soddisfazione. I primi contatti con il partito di Lula li abbiamo presi negli anni ’80, quando la sua Cut (la Cgil brasiliana) era ancora clandestina. Un modello irripetibile, che però sento molto vicino» • Bobo Craxi avverte: «Sarebbe una follia lasciare la bandiera di Lula in mano all’Ulivo. Questo è un vero riformista, un democratico vero, uno che va guardato con attenzione perché il Brasile è una potenza» • Il sindacalista della Cisl: «Ma quale comunista? I comunisti nel Pt non ci sono mai stati: questo è un cattolico, un uomo che grazie alla mediazione dei cattolici italiani, si è incontrato a Roma con Walesa!» • Alfonso Pecoraro Scanio: «Qui in Amazzonia si difende il futuro del pianeta».
Governo Ha detto: «Abbiamo avuto più di un decennio di prosperità economica e di inclusione sociale, con una piena democrazia. Abbiamo liberato 40 milioni di brasiliani dalla miseria, abbiamo superato la fame, abbiamo creato 20 milioni di nuovi posti di lavoro, abbiamo portato dentro le università i più poveri, i neri, gli indigeni» (a Mastrogiacomo) • «Ha avuto anche il merito di capire che l’obiettivo politico - il ruolo del Brasile come potenza egemone della regione - sarebbe stato tanto più facilmente raggiungibile quanto più il suo Paese avesse dato prova di grande dinamismo economico. Occorreva rompere il circolo vizioso di un continente in cui le risorse naturali hanno prodotto straordinarie fortune, ma il denaro accumulato dai ceti più ricchi è stato investito prevalentemente a nord del Rio Grande. È inutile essere contro l’“imperialismo” degli Stati Uniti se il proprio denaro contribuisce a consolidarlo. Da questa doppia esigenza - essere “uomo di sinistra” e fare del Brasile un grande protagonista della globalizzazione - discende l’apparente ambiguità di un presidente che accoglie cordialmente George W. Bush nella primavera del 2007, ma non rinuncia a coltivare i suoi cordiali rapporti con i Castro a Cuba e con Hugo Chávez in Venezuela, che vuole piacere contemporaneamente alla Casa Bianca e ai suoi nemici. Il no all’estradizione di Battisti è la “prova d’amore” che Lula ha dato ai suoi vecchi compagni» (Sergio Romano, Corriere della Sera, 10/01/2011).
Vita privata Rimasto vedovo due volte. La prima moglie, Maria de Lourdes da Silves, sposata all’età di 23 anni, morì di epatite nel 1971, mentre era incinta (il bambino non ce la fece). La seconda moglie, Marisa Letícia Rocco Casa, sposata all’età di 29 anni, che gli diede quattro figli, morì colpita da ictus nel 2017 • Una figlia nata fuori dal matrimonio, avuta da tale Miriam Cordeiro • Dal 2019 legato a una sociologa, tale Rosângela.
Caduta «Per cominciare […] vanno messe in chiaro due o tre cose. La prima: non è venuta alla luce una prova definitiva e incontrovertibile del fatto che all’ex presidente sia stato regalato un superattico su tre piani con piscina, terrazza e strepitosa vista sul mare come vorrebbe il capo d’imputazione di Sergio Moro, titolare dell’inchiesta “Lava Jato” (“autolavaggio”), una “Mani pulite” in versione brasiliana. Esistono, però, un contratto d’acquisto firmato nel 2005 dalla moglie di Lula, Marisa Leticia, e ritrovato nella loro casa; fotografie che documentano sue ispezioni ai lavori di ristrutturazione dell’appartamento; testimonianze unanimi del portiere dello stabile, dei vicini, degli operai secondo i quali Lula e la moglie si comportavano, in tutto e per tutto, come se fossero i “padroni di casa”. Ed esistono altresì molteplici indizi che, stando alle sentenze, dimostrano come anche i lavori di ristrutturazione del favoloso appartamento fossero a carico dei corruttori, riconducibili alla compagnia petrolifera Petrobras. Secondo punto: il processo, a detta dei difensori di Lula, è stato molto più veloce di altri dallo stesso impianto. Terzo punto: il prossimo ottobre si terranno in Brasile le elezioni presidenziali e Lula, stando ai sondaggi, godrebbe di un vantaggio di circa venti punti sui suoi competitori. Talché può essere presa in considerazione l’ipotesi di un complotto per impedirgli di essere eletto. Cospirazione ordita dai suoi avversari politici e da non meglio identificati poteri economici. Questo almeno è quel che affermano i suoi sostenitori, prima tra tutti Dilma Rousseff, la donna che ne ha raccolto l’eredità, ha guidato il Brasile dopo di lui (2011-2016), ha provato a sottrarre Lula alla giustizia con un escamotage (nominandolo ministro) e alla fine, due anni fa, è stata anche lei travolta dal Parlamento con l’accusa di aver truccato i dati del deficit del bilancio pubblico. Per essere poi destituita. Ma veniamo alle modalità con le quali Lula si è consegnato alla giustizia. Dapprima l’ex presidente si è rifugiato per alcuni giorni nella sede del “suo” sindacato a Sao Bernardo do Campo in attesa che quelli che lo sostengono si radunassero attorno all’edificio. Poi ha avviato una trattativa con le autorità, politica e giudiziaria, per ottenere un volo privato che lo portasse al luogo predisposto per la detenzione e una sistemazione carceraria più confortevole di quella prevista per gli altri detenuti. Faceva questo, sosteneva, per tranquillizzare i suoi seguaci e “prevenire i disordini” che avrebbero potuto verificarsi in caso di suo arresto manu militari. Ottenute le due cose, Lula ha lasciato scadere, senza onorare l’impegno a consegnarsi, i termini ordinari per l’esecuzione della sentenza e ha ottenuto un giorno di permesso in più per la celebrazione, in sua presenza, di una funzione religiosa in ricordo della moglie, la Marisa Leticia di cui si è detto, scomparsa un anno fa. Tempo che gli è stato concesso sicché ha potuto aver luogo quella che Rocco Cotroneo su queste pagine ha descritto come “una cerimonia che assomigliava vagamente a una messa” con preghiere e canzoni amate dall’ex primeira dama celebrata da don Angelico Sandalo Bernardino “già vescovo, compagno di strada del partito di Lula”. E mentre il prete “parlava a vuoto” (proseguiva Cotroneo), l’ex presidente abbracciava le persone che salivano sul palco, salutava a pugno chiuso, leggeva ad alta voce i bigliettini che gli venivano consegnati. Finché prendeva lui stesso la parola e per un’ora abbondante arringava la folla contro gli orditori della congiura ai suoi danni: “Hanno voluto togliere di mezzo l’unico Presidente senza titolo scolastico, colui ha fatto di più per i poveri di questo Paese”, ha gridato. Finita la “messa”, ha annunciato che avrebbe voluto assistere alla partita di calcio tra le squadre del Palmeiras e del Corinthians e qui sono stati i suoi stessi avvocati a fargli presente che sarebbe stato più saggio consegnarsi all’autorità. Cosa che lui ha fatto tra ali di folla che, senza essere scoraggiate, lo imploravano di “resistere”, di “non consegnarsi”. Nel frattempo il Movimento Sem Terra paralizzava, bruciando copertoni, trentasette autostrade in tutto il Paese e il suo leader, Joao Pedro Stedile annunciava che il loro beniamino “verrà liberato da grandi manifestazioni di massa”» (Paolo Mieli, Corriere della Sera, 10/4/2018).
Curiosità Esiste un Comitato internazionale Lula Libero, cui hanno aderito, tra gli altri, anche Bernie Sanders, François Hollande, Evo Morales, Noam Chomsky • Anche se i suoi documenti riportano come data di nascita il 6 ottobre, lui festeggia il proprio compleanno il 27, visto che quella era la data ricordata dalla madre • Tifoso del Corinthians • Il New York Times scrisse che abusava di alcool, lui negò • Di sicuro fuma, e ha avuto anche un tumore alla laringe • Lula in portoghese significa «calamaro».
Titoli di coda «La lotta di classe esiste, siamo noi ricchi che la stiamo conducendo, e la stiamo vincendo» (Warren Buffet).