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 2020  ottobre 10 Sabato calendario

Sofia Coppola si racconta

Nel 2003 Sofia Coppola, figlia di Francis Ford, diventava la prima regista americana a ricevedere una candidatura all’Oscar per Lost in translation, il film che la catapultò a fama internazionale. Protagonista maschile di quel celebre film era Bill Murray. I due tornano ora a lavorare insieme per il nuovo film On the rocks, che non andrà in sala e sarà disponibile dal 23 ottobre su Apple Tv+. Scritto e diretto dalla Coppola, il film prodotto da A24 e Apple Tv Plus parla di una coppia mista a New York, una giovane scrittrice, moglie e madre (Rashida Jones) che sospettando l’infedeltà dell’affascinante marito businessman (Marlon Wayans) chiede aiuto al padre (Bill Murray), un donnaiolo che aveva lasciato la moglie anni prima, per fargli spiare il marito. Una decisione che porta padre e figlia in una serie di avventure tra New York e Messico.
Alla fine lei capisce che il suo matrimonio è più che mai solido, a differenza di quello dei suoi genitori.
Sofia Coppola, 49 anni, ci parla da casa sua a New York. Suo padre ha scelto da decenni la California e i suoi vigneti, ma l’amatissima figlia, che pure ha vissuto a lungo a San Francisco, è rimasta fedele alla città natìa. Dopo il divorzio da Spike Jonze ha sposato nel 2011 (in Italia) il musicista francese Thomas Mars della band Phoenix, cinque anni piu giovane di lei, da cui ha avuto le figlie Romy e Cosima. In questo periodo inizia a preparare una miniserie di cinque ore basata sul libro di Edith Wharton L’usanza del paese.
Cosa pensa dell’uscita del suo film in streaming e non nei cinema?
«Il film doveva uscire con A24 per un mese e poi andare su Apple Tv Plus in ogni caso, quindi siamo stati fortunati che possiamo portarlo nelle case della gente quando nessuno può andare al cinema».
Questo suo film è centrato sul rapporto padre-figlia. Quanto è simile a quello con suo padre?
«C’è qualche similitudine ma non troppe: alcune cose del personaggio di Bill Murray le ho prese da papà, altre sono pura invenzione. Ma per descrivere un rapporto tra padre e figlia occorre avere un padre. E con mio padre, come quello del film, io parlavo di tutto, anche dei rapporti coi miei uomini. E poi ci sono ricordi d’infanzia, come quella in cui papà ci voleva portare a Disneyland con un elicottero – il pilota era un suo amico – ma la security ci voleva cacciare. Sono cresciuta con cose così».
E l’aspetto del padre "playboy"?
«Non è mio padre di sicuro, quella figura è un insieme di tanti uomini, padri o meno, anche amici di papà.
Per me On the rocks è soprattutto un "buddy movie", una storia buffa di un’amicizia. Del resto Lost in translation era una sorta di amicizia tra una giovane ragazza (Scarlett Johansson, ndr) e un uomo molto più grande di lei, Bill Murray, chiaramente una figura paterna».
Ha tratto ispirazione dalle sue esperienze con suo marito?
«No. Ma ho due figlie e ho pensato solo al rapporto di una figlia col padre, sia guardando me stessa, che le mie figlie con Thomas. Ho ideato questa storia pensando a loro e alla mia famiglia, e a come i nostri rapporti siano condizionati dal rapporto dei genitori e, in particolare, per una donna, dal suo rapporto col padre».
Ne ha parlato con suo padre in fase di stesura?
«Più che altro abbiamo parlato dei rapporti fra uomini e donne, volevo avere il suo punto di vista. Ma ho anche sentito altri amici e uomini della sua generazione, c’è un gran divario fra la nostra generazione e la loro su questi soggetti».
Le è mai successo di spiare qualcuno con suo padre?
«A me no ma a una mia amica sì, l’ha fatto, nascosti fra i cespugli come nel mio film, anzi è proprio da lì che mi è venuta l’idea di voler fare un film partendo da una scena del genere».
Come è stato lavorare ancora con Bill Murray?
«È sempre divertente averlo sul set perché con lui non sai mai che succederà, soprattutto girando per le strade di New York dove tutti lo conoscono. Si sedeva al volante di quella spider che abbiamo nel film e mi portava guidando velocissimo per Soho, fuori dai permessi del set!
Bill è uno che cerca sempre la sorpresa nel momento, è stato fantastico lavorare di nuovo con lui, soprattutto perché ora lo conosco bene, a differenza della prima volta. Porta sempre energia e magia su un set».
È riuscita a farlo anche cantare..
«(ride) Sì, ho sempre saputo che ama cantare ed è bravissimo quindi ho pensato di scrivere per lui una scena con il canto perché sapevo che si sarebbe divertito. Gli ho scritto di preparare una canzone per quella scena in Messico ma non sapevo quale sarebbe stata, l’ha cantata per la prima volta quando abbiamo girato sorprendendo me e Rashida».
Perché pensa che l’infedeltà coniugale sia un buon soggetto per il cinema?
«Perché fa parte della tradizione delle "commedie sofisticate", le ho sempre amate fin da piccola. E poi perché le questioni di cuore sono sempre quelle che creano più emozioni, giusto? Perfette per un film».
È anche un soggetto su una donna che prende in mano le redini della sua vita...
«Sì, e Rashida lo fa con una grande dignità. Ha interpretato il suo ruolo con forza, intelligenza e vulnerabilità, incarnando la pressione che c’è sulle donne della mia generazione di essere grandi madri, mogli, cuoche, professioniste, e pure attraenti! Per la mia generazione sembra un obbligo. Una volta le donne non si preoccupavano tanto».
Quanto è coinvolta nella produzione del vino di suo padre?
«Sono nel comitato di direzione delle due vigne di famiglia quindi cerco di imparare più possibile.
Abbiamo passato sei mesi insieme a Napa Valley durante il lockdown, e per quanto sia stato difficile siamo stati anche contenti di avere avuto tanto tempo insieme, non capita spesso. Abbiamo guardato tanti vecchi film insieme che non avremmo visto in tempi normali, papà ci ha fatto vedere film che ama, come quelli di Jacques Tati e Cantando sotto la pioggia. Abbiamo giocato a carte, cucinato...».
Anche voi avete avuto difficoltà con l’azienda?
«Certo, come tutti anche la nostra vigna è stata duramente colpita perché tanti ristoranti erano chiusi.
Ma allo stesso tanta gente compra vino online e beve a cena più che mai».
Sente di avere dei tratti simili a sua madre e suo padre?
«Da mia madre il fatto di essere una grande osservatrice di dettagli. Mio padre invece è molto testardo, aiuta quando fai un film non prendere mai no come risposta, e questo mi ha ispirato molto. Ho visto come mio padre è sempre riuscito a lavorare anche in momenti di crisi, e ho imparato ad essere flessibile e ambiziosa come lui».
Un giorno ha sorpreso suo padre che guardava "Breaking bad" con le nipoti, vero?
«Sì, e ho pensato fosse buffo che lo stesse guardando con mia figlia di sei anni pensando non ci fosse niente di male! I genitori della mia generazione sono così preoccupati di fare sempre qualcosa di sbagliato e traumatizzare i figli mentre i genitori della sua sono molto più tranquilli e rilassati».
Per il trentennale "Il padrino -Parte III" uscirà in una nuova versione. L’ha vista?
«Sì, non ho visto la versione finale ma non lo rivedevo da tanto tempo e ho pensato che la storia fosse molto più chiara e facile da seguire.
A mio padre piace molto».
Siete una famiglia di cineasti.
Sua nipote Gia aveva un film alla Mostra di Venezia.
«E anche mia madre fa film!».
Come si sente ad essere la nuova regista "veterana" in famiglia?
«Sono felice di vedere quello che fa mia nipote e gli altri giovani di famiglia. Il mio consiglio a Gia e a tutti i giovani registi è fare quello che amano fare e vogliono vedere sullo schermo. Fare cose in cui credi. E fidarti dei tuoi istinti.
Questo sicuramente l’ho imparato da mio padre».
Cosa pensa delle elezioni americane in arrivo?
«Penso che tutti sentano preoccupazione e tensione per queste elezioni che si stanno avvicinando a grandi passi. Sto cercando di tenermi informata e partecipare il più possible, imparare i diritti degli elettori, spargere la voce. È un momento gigantesco in questo paese, speriamo che il risultato sia positivo».