Romeo e Giulietta - Una canzone d’amore, coprodotto da Stabile di Bolzano, Stabile del Veneto, Estate Veronese, debutta il 29 ottobre al Goldoni di Venezia, poi sarà in tournée; e con Pagliai-Gassman in scena ci sono i due Babilonia, anche interpreti, più Francesco Scimemi e Luca Scotton. Chiaro che non sarà la messa in scena dell’intera tragedia, ma un lavoro sui due amanti che mescola Shakespeare con Pagliai-Gassman, l’amore irreale con quello che hanno vissuto, la finzione con la loro vita, dove Pagliai - attore sovranamente elegante, il popolarissimo Lawrence d’Arabia o il professor Forster di Il segno del comando, per citare due delle decine e decine di successi tv - e Paola bisnipote di Ermete Zacconi, nipote di Renzo Ricci, figlia di Nora Ricci e Vittorio Gassman, prime esperienze con Luca Ronconi, poi con Massimo Castri, Luigi Squarzina - si mostrano più avventurosi e straordinari di quel che sembra: in groppa a due cavallucci delle giostre nel celebre dialogo del balcone, davanti a un lanciatore di coltelli per mostrare la morte, disposti a rievocare le loro canzoni, Endrigo, Tenco, Sinatra, «per parlare dell’amore che non ha età». Pagliai: «La sola cosa che ho preteso è: non voglio far ridere. La parodia, lo sberleffo, no. Ma mi hanno rassicurato. La traduzione poi è di Quasimodo, poetica, potente».
Resta però un’insolita avventura… mettervi in gioco in prima persona, o no?
Gassman: «All’inizio infatti ho avuto paura. Parlare di noi è più difficile che recitare Shakespeare. Ma Enrico e Valeria, che sono in scena con noi, sanno condurre questo gioco di finzione e realtà. E alla fine la contaminazione è anche divertente, autoironica».
Pagliai: «Il teatro è un po’ come rivivere i fantasmi della tua vita e viceversa. E in fondo la nostra vita è tutt’una col teatro».
Conoscevate già i Babilonia?
Gassman: «No. Ci siamo informati, abbiamo capito che il loro linguaggio teatrale è particolare. Ma di esperienze, diciamo inconsuete, ne ho avute eccome, a partire dall’Orlando furioso di Ronconi».
Pagliai: «Non mi avevano mai
proposto Romeo e Giulietta, forse per colpa mia. Fin dall’Accademia mi hanno sempre dato personaggi maturi, adulti, dai climi interiori tormentati».
Il vostro è stato colpo di fulmine?
Pagliai: «Direi di sì, mi sono innamorato per il suo aspetto fisico».
Gassman: «Io per gli occhi. Ero alla mia prima scrittura, nel ’68, allo Stabile dell’Aquila, una particina in Un debito pagato di Osborne dove Ugo era protagonista con Mariangela Melato con cui aveva una mezza storiella. Io ero separata da Luciano Virgilio, con una figlia. E mia mamma non voleva che facessi teatro.Forse rivedeva se stessa che doveva fare da madre e da padre. La mia maestra, Sarah Ferrati, mi disse che andava dai prof in Accademia e diceva "bocciatela"».
E suo padre?
Gassman: «Se ho fatto teatro è stato anche per avvicinarmi a lui. Quando sono nata aveva 23 anni, non sapeva niente di figli. Era timido, ricordo che mi dava pizzicotti che facevano male».
Poi però la sua carriera è proseguita bene?
Gassman: «Dall’80 abbiamo fatto compagnia con Ugo, io proseguendo la tradizione famigliare, dove le figlie d’arte hanno portato nuova linfa. Mia nonna con Renzo Ricci, mia madre con Vittorio e poi Franco Rosi, io con Ugo, sapendo intuire quando uno dei due, lui più di me, ha avuto bisogno di sentirsi gratificato da solo».
Dopo tanti anni, cosa avete scoperto dell’amore?
Pagliai: «Che è quella cosa per cui ascoltando l’immensità delle parole di Romeo e Giulietta sei colpito anche se hai 80 anni. E ti fa bene».