la Repubblica, 10 ottobre 2020
Alla scuola politica delle Sardine
SUPINO (FROSINONE) — «A un certo punto ci siamo persi. Rincorrevamo le breaking news, commentando ogni notizia proprio come fanno i partiti. Ma noi non eravamo nati per questo», ammette Pegah Moshir Pour, 30 anni, che lavora in una società di consulenza in Basilicata. Che fine hanno fatto le Sardine? Quasi un anno dopo la loro comparsa nelle piazze dell’Emilia, quando fecero vincere Bonaccini, in tanti si chiedono cosa intendano fare da grandi. Nell’attesa di una risposta 45 di loro – tra i 18 e i 40 anni – sono da ieri riuniti in questo borgo della Ciociaria per una Scuola di politica che ruota attorno a tre parole d’ordine: pace, politica, giustizia. «È la nostra fase due», aggiunge il loro leader Mattia Santori. «Siamo qui per una doppia ragione: una interna, per non disperdere il percorso fatto finora, e una esterna, per mettere la nostra passione al servizio della ricostruzione del centrosinistra».
L’interlocutore rimane il Pd, ma non solo. I relatori sono un mix della sinistra di ieri (Vendola, Castellina, Luisa Morgantini) e quella di oggi (Valentina Cuppi, Beppe Provenzano, Elly Schlein, Rossella Muroni). Oggi ci sarà Emma Bonino. Domani parleranno il leader della Cgil Maurizio Landini e il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari. Tavoli tematici sotto gli alberi. Pranzo a sacco. Si dorme nelle cinque case ristrutturate nel cuore vecchio del paese da Morgantini, l’ex parlamentare indipendente di Rifondazione comunista, presidente di Assopace Palestina. Nel pomeriggio spunta Giobbe Covatta e li guida in un trekking sui monti.
La prima lezione del corso tocca a Vendola, che cita Papa Bergoglio e “i pensieri lunghi” di Berlinguer, consiglia libri («leggete Metello di Pratolini e La camera chiara di Barthes»). I ragazzi prendono veloci appunti sugli smartphone e lui li invita ad essere radicali, perché «la sinistra per paura di perdere ha perso». Jasmine Cristallo, la leader delle Sardine calabresi, fa partire un battimani fragoroso. Ma cosa li ha mossi a venire fin qui? «Io non mi sentivo rappresentata più da nessun partito», ammette Giulia Gianfelici, 31 anni, pedagogista dell’handicap di Civitanova Marche. «Semplicemente le Sardine hanno riacceso in me la voglia di impegnarmi. Risvegliare le coscienze è un lavoro faticoso, sento che ne vale la pena». «Dobbiamo impegnarci per la politica, non per l’antipolitica» è la motivazione di Enrico Peschiera, 22 anni, genovese, studente di Scienze politiche a Maastricht. «Io ci sono dalla prima ora, dalla piazza di Bologna del 14 novembre», racconta Davide Parodi, 19 anni, iscritto a Scienze internazionali e diplomatiche a Forlì. «E le Sardine hanno intercettato un malessere diffuso», gli fa eco Lorenzo Novellini, 20 anni, studente in legge, bresciano. «Sì», annuisce Moshir Pour. «Ma poi in troppi sono saliti sul nostro carro perché vi scorgevano un proprio tornaconto».
Dopo l’Emilia il movimento non si è un po’ arenato? «Eravamo nati per stare nelle manifestazioni, tutto questo non è più possibile» dice Maria Caterina Tubaro, 26 anni, videomaker di Udine. Novellini chiede la parola. «Dare la colpa solo al lockdown per spiegare il nostro mini-declino non è onesto. La verità è che abbiamo fatto fatica a strutturarci». Peschiera: «Ma da febbraio è proprio cambiato tutto. Un anno fa l’anti salvinismo faceva da collante, la pandemia ha stravolto la gerarchia, Salvini non è più così centrale». Oscillate tra nuova e vecchia sinistra. Non è una contraddizione? «No, non possiamo dimenticare il passato. Dobbiamo imparare da chi ha più esperienza. La memoria per noi è un concetto importante», spiega Tubaro. E domani diventerete un partito? «Non possiamo dirlo», confessa Giulia Gianfelici. «Al momento siamo come il lievito».