la Repubblica, 9 ottobre 2020
Ultime sulle condizioni di Alex Zanardi
La casa di Alex è una specie di guscio. Un involucro che lo protegge dalla prima linea del nemico, che per un corpo provato si chiamano batteri. Il guscio gliel’hanno creato lì dentro, nella bolla asettica della terapia intensiva neurochirurgica dell’ospedale San Raffaele. Settore B, 3° piano. È un angolo tutto per lui. Un microambiente-Zanardi. C’è il suo lettino, ci sono i macchinari per il monitoraggio del battito del cuore e del respiro, suoni, luci, numeri. «In una dimensione separata, se pure all’interno del reparto, le probabilità che possa entrare in contatto con un agente patogeno sono al minimo», spiega una fonte medica specializzata nell’assistenza e nella riabilitazione di pazienti neurochirurgici vittime di traumi violenti. Il tema è centrale. Per dire: l’ultima operazione a cui è stato sottoposto Zanardi – lo scorso settembre, la seconda per la ricostruzione del cranio e delle ossa del volto – è stata posticipata di giorni. Proprio a causa di continue complicazioni di origine batterica. Ecco perché, poi, il guscio. Anziché andare avanti c’era il rischio di tornare indietro.La sottile linea d’ombra che separa mondo e Alessandro Zanardi è una tenda che la moglie Daniela, l’anima inscindibile del campione, il suo faro, e il figlio Niccolò, diventato grande dentro i drammi e le rinascite di papà, scostano ogni giorno con un gesto lieve delle dita. È la tenda del guscio. La scena si compie, o la mattina presto, o di pomeriggio. Di solito dopo le 16. Sono gli spazi “liberi”. I momenti in cui il corpo di Alex stacca dal lavoro a cui i medici lo sottopongono per permettergli – sarebbe la seconda volta –, di riallacciarsi alla vita. Un lavoro duro, come vedremo.Lo ricostruiamo dopo avere consultato specialisti e persone vicine all’ex pilota di F1 e campione paralimpico di handbike. Come sta Zanardi? Quali sono le sue reali condizioni dopo cinque operazioni alla testa e oltre tre mesi e mezzo in ospedale (dall’incidente il 19 giugno nella semicurva lungo la statale 146 nel comune di Pienza; lo scontro con il tir, il coma farmacologico)? E ancora: cosa è lecito aspettarsi, responsabilmente, di qui in avanti? Sono le domande a cui, nel pieno e doveroso rispetto del riserbo deciso da familiari e medici – soprattutto sui particolari – proviamo a far luce.Unità di Anestesia Generale e Terapia Intensiva Neurochirurgica del San Raffaele (diretta dal professor Luigi Beretta). Ore 8. Se i parametri sono in linea e non subiscono alterazioni tali da compromettere il “lavoro”, dal letto, Zanardi, viene trasferito su una sedia. Lo si può fare perché dal 24 agosto non è più collegato con nessun macchinario “vitale”. La sedia, dunque. È lì che Alex è al centro di quelle “sedute di riabilitazione cognitiva e motoria” di cui, il 24 settembre, ha dato notizia – in nove righe – il San Raffaele. In che cosa consistono? Quali sono gli “stimoli visivi e acustici” ai quali – spiegano i medici – il paziente risponde con “transitori e iniziali segni di interazione”? Le voci della moglie e del figlio, in primis. I suoni più abituali, quotidiani. Le parole di Daniela e Niccolò arrivano dalle cuffiette. Sono delle tracce-mantra. Registrate in base alle indicazioni dei sanitari. “Per riattivare il cervello la percezione uditiva può concorrere a stimolare quella visiva”, è il ragionamento che si fa. Al momento i feedback rilevati consistono in “intermittenti e periodici contatti con l’ambiente”. Le stimolazioni sensoriali vengono somministrate in maniera “monomodale” (non coinvolgendo più sensi contemporaneamente). In sequenze. Proprio per capire la specificità della risposta del paziente. I suoni, le immagini. E poi – semplifichiamo – i “pizzicotti”. I fisioterapisti lavorano con Alex quattro ore al giorno ogni giorno: dalle 8 alle 12. Gli fanno fare una ginnastica riabilitativa indotta: per il busto, le braccia, le mani. «Quando finisce le sedute – raccontano dall’entourage Zanardi –, viene rimesso nel letto, e si addormenta». Il tempo sospeso è una linea interrotta dalle visite della moglie e del figlio. Restano in piedi. Niente sedie vicino al letto. Daniela arriva a sera con il mal di schiena. Con Niccolò si danno il cambio. Va così dai tempi di Siena, quando Alex era ricoverato al Policlinico Santa Maria alle Scotte.Riavvolgiamo il filo. Il 21 luglio, dopo tre interventi chirurgici, gli sospendono la sedazione. Vista la stabilità delle condizioni cliniche, si decide di trasferirlo a Villa Beretta, nel lecchese: il top per la neuro-riabilitazione. Tre giorni dopo scatta il ricovero d’urgenza al San Raffaele. Le condizioni cliniche erano diventate improvvisamente “instabili”. Emorragia celebrale. Di nuovo sotto i ferri. Sono passati due mesi e mezzo: che cosa è cambiato? A fronte di un quadro clinico generale che rimane “complesso”, Zanardi ha fatto “progressi significativi”. Si è “stabilizzato”. L’équipe che lo sta curando, adesso, è al lavoro per ricostruire ciò che lo schianto di Pienza ha compromesso. Dopo il primo intervento di ripristino cranio-facciale di settembre (professor Mario Bussi), a giorni ne sarà effettuato un altro (professor Pietro Mortini). All’Irccs, per procedere, si aspetta una protesi. La stanno ultimando all’estero. Arriverà presto in via Olgettina e darà il via a un altro passo importante: il nuovo tassello di un mosaico da comporre. Ma che mostra anche spiragli incoraggianti. La risposta all’operazione di tre settimane fa, secondo i medici, è “soddisfacente”. Tanto è bastato perché qualcuno si spingesse in là con l’ottimismo. «Io vedo Alex alle prossime Olimpiadi», ha detto Claudio Costa, medico al San Raffaele. È un grande amico del campione. «Di sogni non ce ne sono mai abbastanza». Un’immagine suggestiva, alla Zanardi. La medicina, però, poggia su evidenze terrene. In privato gli specialisti che hanno in cura l’ex pilota invitano alla massima cautela. Più di un obbligo, in questi casi. È vero che ci sono stati “progressi”, ma è anche vero che Zanardi non si è mai risvegliato da quel drammatico 19 giugno. Per aprire un varco nell’oscurità, assieme alle più sofisticate tecniche di ricostruzione neurochirurgica, al San Raffaele ci si affida al potere dell’insondabile: le corde dell’anima. Il richiamo dei rumori depositati nel profondo di un uomo di tempra eccezionale. Riusciranno le parole sussurrate di Daniela e Niccolò a smuovere ciò che, al momento, pare immobile? Domanda scomoda. La speranza è ovviamente che “Sandrino”, l’uomo che visse due volte, possa uscire prima possibile dal buio che lo avvolge. Una speranza alimentata dal corpo d’acciaio e dalla miracolosa capacità di reazione e di ripresa già dimostrata dopo il primo sprofondo. 15 settembre 2001. Circuito del Lausitzring. Diciannove anni fa. Il giorno in cui Alex ha sconfitto la morte.