Corriere della Sera, 9 ottobre 2020
Fuga dalla vittoria
Jacinda Ardern, premier della Nuova Zelanda, ha proclamato solennemente di avere sconfitto la seconda ondata del virus. In questi mesi Ardern ha trattato il suo popolo come se fosse un maschio, cioè un essere abbastanza semplice che ragiona in termini di On/Off come gli interruttori: tutti fuori senza troppi vincoli, e al primo focolaio tutti di nuovo dentro. L’opposto della Svezia, che ha scelto la modalità rischiosa della manopola, tenendo sempre acceso il Paese, ma dosandone i movimenti. Ardern ha ottime ragioni per esultare, però persino lei, la santissima Jacinda, è preda del vizio di noi contemporanei: la smania di dichiarare esaurito qualcosa. Ciascuno la manifesta in modo diverso, chi negando il problema come Bolsonaro, chi sminuendolo a lungo come Trump e chi dichiarando il nemico battuto e disperso, pur di passare finalmente ad altro. Anche noi giornalisti ci emozioniamo di più per le notizie-petardo, che fanno molto rumore, ma durano poco. Le notizie-caminetto, che non si spengono mai, dopo un po’ ci annoiano.
A differenza di omicidi e attentati, il Covid appartiene alla categoria del caminetto. Va e viene con i suoi tempi, che palesemente non sono quelli della modernità. Se la prende comoda, deve abituarsi ai nostri corpi e trovare una sua collocazione nel mondo. Appena lo affronti, si rimpicciolisce fino quasi a sparire. Ma se lo snobbi o lo dai per vinto, ti costringe a rimettere i proclami di vittoria sotto la mascherina.