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 2020  ottobre 08 Giovedì calendario

Intervista a Emma Marronne

La leonessa si commuove, ride, balla, rimprovera i concorrenti che sbadigliano. Passionale, affilata come una lama, Emma Marrone, giudice di X Factor su Sky Uno con Manuel Agnelli, Hell Raton e Mika (gli ultimi due stasera con i Bootcamp, la sfida delle sedie, sceglieranno la squadra), è una donna tutta nuova. Più consapevole, luminosa. Ha pubblicato il singolo Latina con Calcutta e C’hai ragione tu , duetto in romanesco con Gianni Bismark.

«Una fetta di pubblico ha iniziato a scoprirmi», racconta, «quello che guarda X Factor forse non è lo stesso che comprava i miei dischi. Leggo messaggi di stima molto belli. Lavoro, sono me stessa e questo mi ripaga».
Dai giudici alle storie dei concorrenti, questo "X Factor" cerca la verità?
«Siamo vestiti e pettinati ma siamo veri, dopo il lavoro ci confrontiamo.
Ci incontravamo al tavolo e ci siamo conosciuti fuori. Siamo persone risolte che non pensano a scavalcare l’altro ma a fare bene per i ragazzi. Per paura del Covid non c’è contatto tra le persone, tanti non hanno i soldi per la spesa. Non è tempo di falsità».
Molti dicono: "Emma è diversa".
«Sono la stessa. X Factor è incredibile, sto prendendo l’energia dai giovani talenti, mi fa stare bene. Mi lascio alle spalle la ragazza insicura... La mia non è mai stata un’insicurezza estetica, è insicurezza emotiva, che colmo lavorando tanto. Ho 36 anni e non so ancora chi sono, non mi sento arrivata in tv, nella musica, al cinema... Non ho ancora capito chi voglio essere, vorrei essere tutto».
L’hanno ferita gli attacchi degli hater sul fisico?
«Non me ne frega niente. Il mio corpo subisce cambiamenti, sono cavoli miei se un giorno sono magra e un altro più gonfia. Mia madre mi ha insegnato a essere libera, quando giocavo a pallone avevo i peli sulle gambe. La femminilità si esprime in mille modi, fortunatamente non ho mai avuto limitazioni. Decido io se tatuarmi, cosa mettermi. Per alcune donne è un problema, dipende dall’educazione ricevuta, se sei stata vittima di bullismo da ragazzina».
Poserebbe nuda contro il body shaming, come Vanessa Incontrada?
«Sì, perché no? Ha fatto bene, voleva liberarsi. Ci ho visto coraggio e un sano narcisismo, spero aiuti tante ragazze. La verità è che Vanessa è stata bersagliata anche dalle donne, spesso le peggiori nemiche delle donne. Poi c’è il body shaming contro le magre a cui chiedono: perché non mangi? Che incubo».
I suoi modelli femminili?
«Da noi c’è il matriarcato, decidono le donne. Nonno Nino, che aveva combattuto la Seconda guerra mondiale, tremava se parlava nonna. Quando mamma dice: "È così", si fa come dice lei. Un imprinting per il quale so chi sono e cosa voglio, e se non lo capiscono non è un mio problema. La libertà è il valore più importante: artistica e sessuale.
Cerco di trasferirla a X Factor , scegliamo di essere quello che siamo».
Vuol dire che è il tempo del coraggio?
«Se fai quello che decidono gli altri sarai sempre prigioniera. Impazzisco quando dicono che se un ragazzino gioca con la bambola "ha problemi".
C’è un degrado culturale pauroso e siamo tutti responsabili. Non diamo la colpa solo ai politici o agli insegnanti. Più cresco più non ho paura di fare quello che voglio».
Le piacerebbe continuare col cinema?
«Sì. Il lavoro con Gabriele Muccino l’ho portato nella musica. Mina faceva tutto. Se una è istrionica deve reprimersi? Vediamo i film con Lady Gaga. Ma se in Italia canti e reciti allora non sai cosa vuoi. Non è così.
Cambiare mi fa crescere umanamente e mi fa sentire cittadina del mondo: posso entrare in qualsiasi vestito. Non dovrei sperimentare per paura del giudizio? Se sbaglio mi stronco da sola, sono autocritica».
Parlare della malattia sui social è stata una conquista o una condanna?
«Un atto di sincerità, una scelta libera; la vita è la mia. S’immagina se non l’avessi detto e mi avessero fatto una foto o un video in un reparto oncologico? Ho letto il mio post mille volte. Ogni due per tre il pennivendolo di turno scrive che "cavalco il tumore". Sono responsabile di quello che dico, non di quello che non capiscono gli altri.
Sono onesta nei confronti del mio pubblico».
La malattia è ancora un tabù?
«Molti non dicono che stanno male neanche agli amici. Non siamo invincibili, sembra che essere malati sia un segno di debolezza: tutti belli, ricchi, fisici perfetti. Basta un brufolo per sentirsi persi. Siamo pazzi?».
Colpa dei social?
«In un’epoca dove postiamo tutto, omettiamo la verità, non diciamo chi siamo davvero. Quello non è condividere, è adeguarsi fisicamente e sessualmente».