La Stampa, 8 ottobre 2020
La Cnn consiglia Filicudi per fare sesso
Colpisce che ancora la stampa straniera gridi al miracolo pensando agli strani sortilegi sessuali della nostra natura isolana. Non che debbano conoscerli tutti, né che debbano sapere che gli abitanti delle Eolie da secoli si tramandano di bocca in bocca segreti che conoscono solo loro.
La natura di queste isole è pazza, vogliosa, furente e pretenziosa. Sgorga dalla terra un vapore inebriante che scivola sulla pelle e fa bruciare la carne. Ad agosto mi sono ritrovata a Vulcano con l’ingenua idea di andarci solo per pranzare, e poi tornarmene a Milazzo. Ero insieme a un’amica, e ad ogni passo sentivamo la calura potente salire dal basso. Nemmeno vento, o un alito di brezza che riuscisse a darci un po’ di ristoro.
Lei, al mio fianco, continuava a dirmi che sotto a quel sole non sarebbe riuscita nemmeno ad arrivare al ristorante. Dopo aver divorato un piatto di linguine alle vongole, accompagnate da un calice di vino bianco ghiacciato locale, più una fritturina di pesce divisa in due, l’ho vista dondolare. Lì per lì ho avuto paura che svenisse sul serio, ma poi con un mezzo sorriso rilassato mi ha chiesto di andare da qualche parte per fare un pisolino. «Dormire?» le ho chiesto. «E dove andiamo? Io ho già prenotato l’aliscafo di ritorno per le cinque». Non voleva saperne di fare quattro passi per prendere un po’ d’aria. La temperatura sfiorava i quarantatré gradi. Così ho cercato un albergo vicino. Salite in camera lei è sprofondata in un sonno pesante. Io, tranquillizzato Paolo, il mio compagno, mi sono sdraiata sul lettino e lì sono cominciati i gorgheggi sessuali provenienti dalla camera accanto. «Ma come fanno ad avere voglia di fare l’amore?» ho pensato ingenuamente. «Io non riesco nemmeno ad alzare un braccio». Con quel caldo era impossibile anche sventolarsi per asciugarsi il sudore. E allora ho ripensato a tutto quello che si dice delle Isole Eolie dalla notte dei tempi sino a oggi.
Già Roberto Rossellini, nel 1949, girando «Stromboli Terra di Dio», protagonista Ingrid Bergman, ce ne aveva dato un’idea. Il film a quel tempo, ma anche dopo, ha riscosso molto successo, creando così il mito delle Eolie: le isole selvagge. Peraltro, nello stesso periodo in cui si girava «Stromboli», il regista Dieterle, sotto la pressione di Anna Magnani, si decise a girare «Vulcano», storia altrettanto potente ed enigmatica. Anche Michelangelo Antonioni ambientò un film alle Eolie, nel 1959, «L’Avventura», che vinse il premio della giuria a Cannes. Scene bellissime girate nell’isolotto di Lisca Bianca, dove si svolge la prima parte del film.
Luigi Pirandello, nel 1915, pubblicò l’ultimo episodio di «Kaos», colloquio con la madre, usato dai fratelli Taviani nel 1983, per girare il loro film. Le cave di pomice di Porticello, a Lipari, sono state lo scenario del film. I Taviani raccontano quattro storie di campi e contadini, di umiliati e offesi alle prese con la miseria, non trascurando temi come l’ingiustizia, le superstizioni e l’arcaicità di quelle terre. La più intensa per me é «Mal di luna», in cui si fondono dolore, orrore, erotismo e passione in una miscela potente. Ma se potessi scegliere (ora non più, ahimè) un regista capace di raccontare il potere ancestrale di queste isole, rappresentandolo con tutta la forza delle sue viscere, e intriso del desiderio e della pulsione sessuale degli uomini che ivi arrivano, io farei volentieri una virata su Stanley Kubrick. Il suo occhio attento, a tratti cinico, a volte tragicamente ingenuo e pudico nella sua feroce ed elegante oscenità, saprebbe raccontare meglio di chiunque altro cosa accade al desiderio quando fuoriesce dal cerchio originario del pensiero, per diventare atto fisico (e carnale).
In quelle belle isole di notte, ma pure all’alba, o nelle ore più calde, è vero, il corpo si libera, urla nella sua lingua che brama carezze e baci, senza inibizioni e paure. Potrebbe trattarsi di un semplice gioco di purificazione dalle costrizioni a cui siamo costretti a sottostare nella nostra cupa civiltà urbana. O di altri mille rituali messi insieme a cui però non sapremmo dare un nome.
Ma al fuoco sì, bisogna dare ciò che gli appartiene, e sotto quelle scintille incandescenti, che ci ordinano di lasciarci andare, è più facile farsi accarezzare dall’idea del piacere.