La Gazzetta dello Sport, 8 ottobre 2020
Panenka lotta contro il Covid
Attaccato a un respiratore nella terapia intensiva di un ospedale di Praga, incosciente, con i polmoni che lottano contro il maledetto virus. Antonìn Panenka, 71 anni, sta giocando la sua partita più difficile e questa volta non ha di fronte un portiere e il pallone non è fermo sul dischetto del rigore, ché quella per lui sarebbe una condizione naturale. Il nome di Panenka, sconosciuto fino ad allora, entrò nelle storia del calcio il 20 giugno 1976. Finale dell’Europeo tra Germania Ovest e Cecoslovacchia. Lui, centrocampista di lotta e di governo del Bohemians Praga, numero 7 sulle spalle, della Cecoslovacchia è una colonna: in semifinale, sotto la pioggia di Zagabria, ha superato ai supplementari la grande Olanda di Cruijff.
In finale la Cecoslovacchia va sul 2-0, ma poi subisce la reazione della Germania Ovest che pareggia. Si va ai rigori, è la prima volta che accade perché in precedenza il regolamento prevedeva la ripetizione della partita (come accaduto all’Italia all’Europeo del 1968). Nessun problema, i cecoslovacchi si sono allenati e sono prontissimi. Sotto lo sguardo attento dell’arbitro italiano Gonella e dei trentacinquemila che riempiono lo stadio di Belgrado, parte la serie. Cominciano i cecoslovacchi con Masny: gol. Rispondono i tedeschi con Bonhof: gol. Si prosegue: Nehoda gol, Flohe gol, Ondrus gol, Bongratz gol, Jurkemik gol. Sul 4-3 va a calciare Uli Hoeness e spedisce il pallone in curva («il pallone gira ancora per le strade di Belgrado» dirà Beckenbauer).
A questo punto è decisivo il tiro di Panenka, l’ultimo dei suoi. Prende una rincorsa lunghissima, corre veloce e, all’improvviso, mentre Seppe Maier si butta sulla sua sinistra cercando di indovinarne le intenzioni, colpisce il pallone con un tocco strano, una specie di pallonetto, quello che in seguito verrà definito un “cucchiaio”. La palla s’impenna e ricade nel mezzo della porta. Gol. Panenka alza le braccia al cielo, posseduto da una gioia indescrivibile. Fu il primo, poi vennero i vari Totti, Pirlo, Zidane e i loro epigoni. Ma la firma autentica sul “cucchiaio” resta la sua.