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 2020  ottobre 08 Giovedì calendario

Si litiga per il salario ai disoccupati a Berlino

È fallito il progetto a Berlino di pagare ai disoccupati un salario garantito per aiutarli a rientrare nel mondo del lavoro. Il reddito di cittadinanza in Italia non ha creato nuovi posti, com’era scontato. Se non ci sono, non si creano per legge. In Germania la sinistra mette sotto accusa l’Hartz IV, come viene chiamato l’assegno sociale, voluto da Gerhard Schöder nel 2002, da non confondere con l’assegno di disoccupazione. Equivale al minimo vitale, 416 euro al mese, più l’alloggio e le spese relative (compreso l’abbonamento tv).
L’ex Cancelliere è accusato dai compagni socialdemocratici di aver tagliato lo Stato sociale, e di aver creato una trappola, da cui è difficile uscire. L’Hartz IV sarebbe un marchio che confina per sempre in un ghetto, ai margini della società. O abituerebbe a essere mantenuti senza lavorare. Oggi sono circa sei milioni a ricevere l’aiuto, un terzo sono bambini, e circa un milione e 700 mila sono profughi non in grado di svolgere un lavoro stabile.

L’anno scorso Michael Müller, il sindaco socialdemocratico di Berlino, propose durante un talk show di creare un Gründeinkommen, un salario base, 1.100 euro al mese, per centomila cittadini da reinserire nel mondo del lavoro. Un deputato della Linke gli fece subito notare che non sapeva far di conto: 416 euro al mese, più alloggio, e altre spese, sono più di 1.100 euro al mese, e senza dover neanche faticare. Un’osservazione che un conservatore non avrebbe osato pronunciare.

Müller, 55 anni, figlio di un tipografo, ha alzato il salario a circa duemila euro al mese, garantito per cinque anni per mille berlinesi, su 49 mila disoccupati a lungo termine (oltre un anno senza lavoro), con un costo intorno ai 170 milioni di euro. I posti non vanno confusi con i lavori socialmente utili, grazie a sovvenzioni alle imprese si cerca di creare attività concrete, e non artificiose.

Come avrebbe dovuto prevedere il borgomastro, si sono presentati in pochi: oggi sono appena 520 a incassare il salario garantito. Uno di questi è Axel Bünger, 52 anni, da anni disoccupato. Oggi guadagna 2.100 euro al mese, svolgendo vari compiti per una società di manuntezione edilizia. Aiuta i portieri nei condomini, cambia lampadine e vetri rotti, cancella i graffiti. Si dichiara soddisfatto del rapporto stabilito con gli inquilini.

È un’eccezione. Per molti non è attraente rinunciare a 416 euro in cambio di niente (e che possono essere arrotondati con lavoretti al nero), e doversi pagare affitto e mezzi di trasporto. Non hanno voglia di lavorare? Ma Schröder, che non ha mai conosciuto il padre morto in guerra e la cui madre era una donna delle pulizie che riuscì a farlo studiare, non era un illuso, e aveva ideali sociali per cui per lui anche chi non ha mai voluto lavorare un solo giorno avrebbe diritto al minimo vitale. In cambio, però, è obbligato a seguire corsi di formazione, a imparare un mestiere, basta dimostrare buona volontà. Secondo Gerhard, bisogna mantenere anche gli asociali, o gli incapaci.

A Berlino, una quarantina di posti garantiti erano stati riservati a senzatetto per aiutare altri clochard, fornire loro abiti e cibo, accompagnarli dal medico. Si sono presentati solo in venti. Il progetto di Müller è fallito, ha denunciato l’opposizione cristianodemocratica, si sprecano milioni che potevano essere investiti per aiutare le piccole imprese. Dodici aziende che collaboravano al progetto si sono ritirate, e sui 520 lavoratori garantiti solo due hanno compiuto il salto e trovato un posto regolare.

Stanco di fare il sindaco, Müller l’anno venturo vorrebbe presentarsi alle elezioni nazionali per entrare al Bundestag, ma nel suo partito non tutti sono d’accordo, e un paio di candidate sembrano in grado di soffiargli il seggio nella capitale.