ItaliaOggi, 8 ottobre 2020
Periscopio
Chissà che cosa stanno facendo le malattie in questo momento? Dal web.
Non sono credente. Sarei felice di pensare che me ne vado a vedere i miei cari, mia moglie, mia madre. Ma non riesco a crederci. Mario Cervi (Giancarlo Perna). Libero.
Pochi ricordano lo spettacolo Gassman all’asta. Lui non dormì e visse sette giorni in un tendone. Andavi là e gli chiedevi «recitami Dante», e lui lo faceva. Era mostruoso. Uno dei suoi incubi, come raccontava, è essere in un teatro, aprire la bocca e non dire nulla. Giulio Base, regista, allievo e amico di Vittorio Gassman (Stefano Baldolini), HuffPost.
Epicuro afferma, a titolo di consolazione, che non c’è motivo di aver paura della morte perché «quando io ci sono, la morte non c’è; quando non c’è la morte, non ci sono io». Il pur saggio e dotto Epicuro dimentica che l’uomo è una creatura dotata di immaginazione. Ciò che terrorizza l’uomo non è la morte in sé, ma il sapere di dover morire. Massimo Fini, Il Ribelle. Marsilio, 2006.
Scrivo mosso da un unico parametro di valutazione: me come spettatore. La sceneggiatura deve, prima di tutto, piacere a me. Scrivo come se scrivessi un romanzo. Me lo insegnò Antonio Capuano, un regista cui devo tantissimo. Paolo Sorrentino, regista (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Vittorio Messori, modenese di Sassuolo, figlio di anticlericali, allievo di Alessandro Galante Garrone, Norberto Bobbio e Luigi Firpo, la trimurti del laicismo duro e puro, laureato con una tesi sulla storia del Risorgimento, già detentore di un’agendina sulla quale si era appuntato i numeri di telefono delle più avvenenti prostitute torinesi, convertitosi a 24 anni per quella che definisce «un’evidenza del cuore» seguita alla lettura dei Vangeli (sua madre Emma voleva portarlo da uno psichiatra perché pensava che fosse in preda a un esaurimento nervoso), ripete spesso alla moglie Rosanna: «Sta’ tranquilla, quel Gesù Cristo in cui crediamo noi lo incontreremo». E dell’abbazia di Maguzzano non ha mai sottovalutato «il benefico influsso spirituale delle tante croci nere sulle tombe – disadorne, secondo la Regola – del cimitero monastico in fondo all’uliveto». Stefano Lorenzetto. L’Arena.
In quanto giornalista mi attendo quattro reazioni possibili alla lettura dei miei articoli. Certi lettori diranno: «Guarda, non lo sapevo proprio». Qualche volta è gradevole impegnarsi a insegnare. Altri riconosceranno: «Non avevo mai visto questa cosa da questo punto di vista». È ugualmente gratificante poter presentare, di un avvenimento, un approccio diverso. Ci saranno anche, e sono quelli che preferisco, altri che ammetteranno: «Voi avete scritto esattamente ciò che io pensavo ma che non arrivavo a esprimere». Infine si sentirà: «Io vi odio e odio tutto ciò che voi rappresentate». Un articolo infatti è definito dalla gente che lo detesta così come da quella che lo ama. Thomas L. Friedman, Paix des peuples, guerres des nations. Denoel, 2002.
Le autorità decretano lo stato di emergenza planetaria e invitano le popolazioni a non lasciarsi prendere dal panico. Ottengono l’effetto contrario, sul pianeta è un fuggi fuggi sulle orme delle bestiole che si sono mosse per tempo. Scappano tutti meno una. A mancare all’appello infatti è Linda Pizzini, 35 anni, Leone con ascendente Vergine, laurea breve in Scienze della comunicazione dopo un diploma in ragioneria, orfana, ex moglie (e, in genere, sfortunata in amore), ex direttrice di un’agenzia di viaggi. Linda decide di non abbandonare la città in cui è nata e vissuta. Una città che sorge proprio nell’epicentro del disastro e la cui sorte è quindi segnata. Giorgio Faletti, Ultimo giorno di sole. Baldini &Castoldi, 2017. (Antonio D’Orrico). Corsera.
Per due anni feci il giornalista alla Gazzetta di Modena. Sognavo di fare lo scrittore. Un collega, un certo Cavicchioli, aveva pubblicato un romanzo, Il volo del tacchino: lo invidiavo moltissimo. Me ne andai perché mi pagavano poco: 20 mila lire al mese, lavorando tutti i giorni. Guadagnavo di più sotto le armi. Fui sottotenente a Trieste: 90 mila lire al mese, che mandavo per metà a casa, più 5 mila di indennità di frontiera. L’atmosfera era pesante. La notte gli sciavi, gli sloveni, scrivevano il nome di Tito sui muri della caserma. Francesco Guccini, cantautore (Aldo Cazzullo). Corsera.
Mia moglie Cristina l’ho conosciuta quando avevo già quarant’anni e una serie di storie alle spalle. Una sera a Milano Nicola Berti mi trascinò al Radetzky. C’era anche lei. Non ricordo se il numero gliel’ho chiesto subito o qualche giorno dopo. Sono passati quasi vent’anni e siamo ancora assieme, cresciamo i due figli nella normalità della provincia, viaggiamo. Aldo Serena, ex calciatore (Roberta Scorranese). Corsera.
La prima cosa che mi è accaduta è stata laurearmi in medicina. Ma non avrei mai fatto il medico. Mi iscrissi nel 1961, l’anno dopo cominciai a frequentare l’istituto di psicologia e in particolare entrai in contatto con Marcello Cesa-Bianchi. A quel tempo la psicoanalisi freudiana si incarnava in Cesare Musatti e nel suo allievo Franco Fornari. Poi lasciai Milano e presi la strada per Parigi. Pensai di trovare lì il clima culturale giusto. Cominciai a frequentare l’École pratique. I primi contatti furono con Roger Bastide, Roland Barthes e Claude Lefort. Avevo grande stima per Louis Althusser, e per il suo modo originale di leggere Marx e uccidere la moglie. Neanche Jarry avrebbe saputo tenere insieme quelle due tragedie. Fu un omicidio ad alto tasso simbolico. Consumato contro la sua comunità intellettuale, che gli faceva abbastanza schifo. Giacomo Contri, psicanalista, lacaniano (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Il professore, rimasto solo, s’appoggia a un tronco per riflettere: il suo precoce dichiararsi vecchio, dieci anni fa, era un escamotage per continuare a desiderare, la senilità come civetteria (ora invece l’estinzione dell’impulso sessuale bussa davvero alla porta: l’ha implorata tante volte come una liberazione mentre non è che un incubo di basso rango) come quando verso l’alba, se la sera si è mangiato pesante, si sogna di spingere in salita uno scooter che ha finito la benzina. Walter Siti, Il contagio. Rizzoli.
Davanti all’austero portone sostano, a cavalcioni delle loro motorette. Erano i soliti che all’una escono dal liceo come se scappassero dall’ergastolo e al pomeriggio non resistono al vizio di andare a buttare alla scuola un’occhiata di odio-amore. Guglielmo Zucconi, Una storia pulita. Fabbri editori, 1972
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