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 2020  ottobre 07 Mercoledì calendario

Ogni città ha un tipico odore

Se ti portano bendato al centro di una città, con le cuffie sulle orecchie per non sentire che lingua o dialetto parla la gente intorno a te, come capire dove ti trovi? Il professor Hans Hatt, della Ruhr-Universität di Bochum, docente per Zellphysiologie, la fisiologia cellulare, sostiene che è possibile. Nel saggio Die Macht der Düfte, il potere degli aromi, spiega che ogni città ha il suo particolare odore. New York è ben diversa da Berlino, e Palermo da Milano. «I turisti dovrebbero concentrarsi sul loro naso», raccomanda. Non saremmo sensibili come il nostro cane, ma avvertire la differenza non è difficile, assicura alla Welt am Sonntag, il domenicale della Welt.Eugene Quinn, guida turistica austriaca, ha organizzato uno speciale tour Smells like Wien, come odora Vienna, al prezzo di dieci euro. Il profumo di una Sacher Torte, la torta al cioccolato, marzapane e marmellata di albicocche, quella che piace a Nanni Moretti, alla pari con la Nutella? No, per strada non si avverte. Piuttosto il profumo di Vienna è quello che lasciano i cavalli dei fiacre, le carrozze, come un tempo le botticelle di Roma. Poco poetico, ma tipico.
L’aria di Berlino la potete acquistare anche in lattina, la Berliner Luft per un euro e 99. Una confezione di lusso è in vendita a 11 euro, e promette sull’etichetta il 25% della Porta di Brandeburgo, 10% della Potsdamer Platz, 10% della Kurfürstendamm, 20% del Reichstag, 15% del Tiergarten, 10% di Charlottenburg, e 10% del Check Point Charlie. Ma la lattina è Made in Prag, una sorta di tacita confessione: come avranno esportato le arie di Berlino per metterle in scatola nella Repubblica Céca?
Di che sa la Berlino che mi ospita? Facile: di Würstel alla griglia, di patatine fritte, ketchup, e birra, misto al profumo dei tigli in fiore. Ma dipende dal quartiere: a Kreuzberg prevale quello del Kebab turco. A Monaco sempre salsicce e patatine? Ma quelle bavaresi e la birra dell’Oktoberfest avrebbero un altro odore. Una differenza per intenditori.
Amburgo sa di pesce crudo, le aringhe marinate, con cipolle e mele, e di rum caldo in inverno. La Dublino di Joyce sa di Irish Coffe, è scontato, caffè, whisky e panna. A Berna, la profumeria Art of Scent, l’arte del profumo (gli svizzeri parlano tre lingue, ma si rifugiano nell’inglese), propone il tour Bern der Nase Nacht, Berna seguendo il naso. La città sa di liquirizia e di cacao. Parigi profuma di pane caldo, le baguette appena sfornate, e di alghe, quelle su cui risposano ostriche fresche e aragoste.
E l’Italia? Non leggo niente che ci riguarda. Ricordo il profumo di Torino quando ci arrivai decenni fa, ed era ancora la città della Fiat. L’aria sapeva di bruciato, veniva dagli altiforni non lontano dal centro, e di carbone, quello del riscaldamento, e di aglio amato dai piemontesi, quello della bagna cauda. Venezia è intrisa di grappa già all’alba misto al profumo di cappuccino. Per Roma, l’odore della resina dei pini sotto il sole, ma invece di curarli il comune ha deciso di abbatterli. Per Napoli, il profumo è scontato: il pomodoro fresco e caldo con qualche foglia di basilico sugli spaghetti. Su Palermo dovrei scrivere troppo: alla Vucciria della mia infanzia si mescolavano tutti gli effluvi del Mediterraneo, anice e rosmarino, cipolla e sangue, quello dei tonni e dei capretti. Ma il mercato dipinto da Guttuso è quasi scomparso.