Il Sole 24 Ore, 7 ottobre 2020
Cosa frena la riforma elettorale
Sulla riforma della legge elettorale qualcosa si muove dentro il Pd. O forse no. Si sa che nel partito di Zingaretti non tutti sono d’accordo sulla controriforma proporzionale in discussione in parlamento, ma non ci aspettavamo che non lo fosse il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio. Nell’intervista del 2 Ottobre al Fatto Quotidiano, riferendosi implicitamente a quanti nel suo partito preferiscono un sistema maggioritario, si è espresso in questi termini: «In questo caso il tema è giustamente la governabilità. Ma il premio di maggioranza lo puoi prevedere anche con il proporzionale: lo vedrei per una coalizione che raggiunge il 40%».
Questa è una grossa sorpresa. Delrio parla di un eventuale premio come se fosse un accessorio da inserire dentro l’attuale proposta di riforma elettorale. Ma non è così. L’introduzione di un premio di maggioranza (o di governabilità) configura un sistema elettorale completamente diverso. Nell’attuale contesto politico senza un premio adeguato un sistema proporzionale, anche in presenza di una clausola di sbarramento, produrrebbe un Parlamento frammentato e ingovernabile. Occorre un sistema in qualche misura disproporzionale per avere un minimo di governabilità. Ma c’è di più. Il premio ha un altro effetto rilevante.
I sistemi elettorali si possono dividere in due categorie: quelli che contengono incentivi tali per cui i partiti sono “costretti” a dichiarare prima del voto con chi vogliono governare e quelli che invece lasciano i partiti liberi di correre da soli senza accordi preliminari sul dopo. Nel primo caso le coalizioni si fanno prima del voto. Gli elettori votano un partito e contemporaneamente la coalizione che in caso di vittoria governerà. E se il premio è ben strutturato le elezioni sono decisive, nel senso che attribuiscono la maggioranza assoluta di seggi a chi ottiene più voti. Nel secondo caso le coalizioni si fanno dopo il voto. Gli elettori votano un partito e basta. L’intendenza seguirà…
Alla prima categoria appartiene il sistema elettorale attualmente in vigore, il Rosatellum. Non è un sistema elettorale decisivo, ma la presenza di un terzo di collegi uninominali è un incentivo sufficiente a spingere i partiti ad allearsi prima del voto. Alla stessa categoria appartengono tutti i sistemi elettorali introdotti nel nostro paese a partire dal 1993, e cioè quello dei comuni, quello delle regioni, il Mattarellum, il porcellum e da ultimo il Rosatellum. Alla seconda categoria invece appartiene il sistema che Pd e M5s vorrebbero introdurre ora, malamente etichettato come Germanicum, ma che del sistema tedesco ha solo la soglia del 5%.
L’introduzione di questo sistema sarebbe una controriforma. Un ritorno al passato. Una decisione presa da una maggioranza contingente contro l’opposizione contraria al proporzionale perché giustamente lo vede come un sistema introdotto per danneggiarne le prospettive di vittoria. Sarebbe un atto di forza simile a quello compiuto da Berlusconi nel 2005 quando fece approvare a maggioranza la legge Calderoli, il porcellum, per impedire la vittoria di Prodi o quanto meno limitarla. Come effettivamente accadde.
Adesso però arriva Delrio e fa una dichiarazione che riapre la porta non solo ad una riforma che è in sintonia con tutto quello che è stato fatto in Italia dal 1993 in poi, ma che potrebbe rappresentare un passo verso una riforma condivisa anche dalla opposizione. Infatti l’introduzione di un premio cambia tutto. Il premio, come i collegi attuali del Rosatellum, è un incentivo potente per spingere i partiti a dichiarare prima del voto con chi vogliono governare. E potrebbe essere un meccanismo disproporzionale sufficiente per trasformare la maggioranza relativa dei voti in maggioranza assoluta di seggi e quindi mettere la decisione sul governo nelle mani degli elettori. Insomma con il premio si resterebbe nell’alveo dei sistemi elettorali della Seconda Repubblica, e la competizione politica resterebbe imperniata su partiti e coalizioni pre-elettorali.
Ma quello che è ancora più importante è che una riforma del genere potrebbe essere condivisa dalla opposizione. È ora di rendersi conto che modificare le regole del gioco a fini partigiani è una deriva pericolosa. È profondamente sbagliato approvare a maggioranza nuove regole elettorali. Serve a ottenere benefici contingenti a spese della stabilità e della legittimità del sistema politico. Dopo le prossime elezioni un eventuale governo di centro-destra sarebbe legittimato a introdurre un sistema elettorale di tipo britannico o un qualunque altro sistema che gli facesse comodo. E così via in una spirale perversa. È stato Berlusconi a innescare il meccanismo. Come può il Pd mettersi sulla stessa strada? La dichiarazione di Delrio sembra preludere a un ripensamento. Ma non ci facciamo illusioni. Le sue parole sembrano più una esternazione contingente che il risultato di una riflessione approfondita e condivisa all’interno del partito. Vedremo.