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 2020  ottobre 07 Mercoledì calendario

Zaza, l’amante di Simone de Beauvoir

“Ho voluto dirti ciò che solo nei libri si dice. Non lo hai mai saputo, ma dal giorno in cui ti ho incontrata sei stata tutto per me e ho deciso che, se tu fossi morta, sarei morta anche io”. Simone de Beauvoir scrisse queste parole nel 1954 per Elisabeth Lacoin, detta Zaza, sua amica del cuore e suo primo amore, morta tragicamente nel 1929 di encefalite a soli 21 anni.
La filosofa raccontò quella sua passione giovanile in un breve romanzo, mai completato, rimasto per tanti anni chiuso in un cassetto, e che solo ora, a trentaquattro anni dalla morte della sua autrice (il 14 aprile 1986), viene pubblicato con il titolo Les Inséparables (oggi in Francia per le Éditions de l’Herne, il 22 ottobre in Italia da Ponte alle Grazie). Nel romanzo autobiografico, scritto in prima persona, le “inseparabili” si chiamano Sylvie Lepage (la stessa Simone de Beauvoir) e Andrée Gallard (Zaza, dunque). Le due giovani crescono nella Parigi degli anni Venti tra la Grande guerra e gli Anni folli. Si incontrano da bambine frequentando il Cours Desir, un istituto religioso della rue Jacob, nel quartiere parigino di Saint-Germain-des-Prés, e sono due allieve modello. Le vediamo a vent’anni in una fotografia del 1928 scelta per la copertina del libro, carré corto e abito immacolato, sedute nel giardino della casa di Gagnepan dei genitori di Zaza, sulla costa atlantica del Sud della Francia, dove le due giovani andavano a trascorrere le vacanze estive.
Due ragazze “perbene”, come voleva la società borghese e bigotta dell’epoca. Ma Andrée-Zaza viaggia controcorrente. È brillante, vivace, ribelle. Con lei si può parlare di tutto e senza tabù, di politica, di religione, di letteratura, di ragazzi. Insieme le due giovani condividono il sogno dell’emancipazione. Sylvie-Simone è sedotta da quella sua amica “geniale”, come direbbe oggi Elena Ferrante: “Ammiravo la sua disinvoltura senza riuscire a imitarla”. Le convezioni sociali pesano come un masso sulle due adolescenti. Come restare libere in una società ipocrita e maschilista, che accantona le donne al ruolo di mogli e madri modello? Andrée non intende accettare il matrimonio conformista che la madre vorrebbe imporle. Comincia a dimagrire, si ammala. Sylvie la guarda spegnersi impotente. Senza Zaza, Simone de Beauvoir sarebbe stata Simone de Beauvoir?
Più tardi, nelle sue Memorie del 1958, la filosofa scrisse: “È solo paragonandomi a Zaza che ho realizzato con amarezza la mia banalità. Insieme abbiamo lottato contro il destino rivoltante che ci aspettavamo e per molto tempo ho pensato di aver pagato la mia libertà con la sua morte”. Pensare che era stato Jean-Paul Sartre a consigliare a Simone de Beauvoir di non pubblicare quel romanzo appassionato, che lui lesse ma trovò “insignificante”. “Non è abbastanza interessante per il lettore”, le avrebbe detto. Forse perché non era uno scritto politico. Forse perché avrebbe urtato la morale puritana dell’epoca. O forse semplicemente per gelosia?
Nel 1954, Simone de Beauvoir era già una scrittrice e una filosofa famosa. Aveva già pubblicato il suo saggio femminista e rivoluzionario, Il secondo sesso, uscito cinque anni prima, nel 1949, che avrebbe cambiato la vita di generazioni di donne. Aveva anche appena vinto il prestigioso Goncourt per I Mandarini, in cui scattava un ritratto autobiografico e ironico degli intellettuali parigini del secondo dopoguerra. Eppure quando Sartre, il compagno di una vita con cui condivise il gusto per l’esistenzialismo e un “amore necessario”, glielo bocciò, lei seguì il suo parere. Ripose dunque nel cassetto, senza mai riprendere, né gettare mai, come fece più tardi per altri testi che non amava più, quello scritto carico dei sensi di colpa di chi invece sopravvive.
Se una parte degli archivi di Simone de Beauvoir sono stati affidati alla Bibliothèque nationale de France, a Parigi, il manoscritto di questo romanzo e altre sue carte sono rimaste alla figlia adottiva di Simone de Beauvoir, Sylvie Le Bon-de Beauvoir, filosofa anche lei, che detiene i diritti morali dell’opera letteraria della madre. È stata lei a scegliere il titolo e ad annunciare al New York Times, la scorsa primavera, la pubblicazione di un nuovo romanzo inedito. Secondo lei la madre sarebbe stata d’accordo: “Riguardo alle sue carte mi disse: fai quello che ritieni giusto”. Perché allora non pubblicarlo sin dal 1986? Sylvie Le Bon-De Beauvoir lo ha spiegato sempre al Nyt: “Perché c’erano altre priorità editoriali: ora siamo pronti a lavorare sui romanzi e i racconti”. Altri inediti verranno, dunque.