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 2020  ottobre 07 Mercoledì calendario

È sempre TeleSalvini: schermi pieni, urne vuote

Una delle ragioni per le quali i dati che l’Agcom pubblica ogni mese sul pluralismo in tv spesso non lasciano traccia nell’opinione pubblica è anche perché non sono mai stati di immediata leggibilità. Roberto Zaccaria nel suo Rai. Il diritto e il rovescio (lettura consigliata ) rileva come una dettagliata tecnicalità alla fine rischi di risolversi in una quasi impossibile decodifica.
Mancano le sanzioni dell’Autorità
Uno sforzo di chiarezza per la verità l’Autorità da qualche tempo lo fa pubblicando un utilissimo elenco dei 20 politici che più parlano sia nei tiggì sia nei programmi. Tabelle che meglio danno la possibilità di capire cosa funziona e cosa no nel pluralismo italico, anche se poi però l’Agcom di quei numeri non sempre trae le debite conseguenze, leggi sanzioni. Le ultime rilevazioni, poi, quelle relative alla campagna elettorale e referendaria, sono giunte parcellizzate sia cronologicamente sia nei contenuti. Non si poteva fare diversamente, ma il risultato è stato che le cose si sono complicate non poco per il lettore, con qualche effetto distorsivo in più. Abbiamo provato a districarci nella selva di numeri e grafici dei 5 tabulati del monitoraggio 6 agosto-19 settembre, esattamente quello regolato dalla par condicio, un lavoro non semplice ma dal risultato impressionante alla luce della normativa vigente. Ebbene c’è un leader che ha goduto nelle principali reti nazionali di una esposizione abnorme, mostruosa, e, perché no, illegittima, e questo leader è Salvini. Il quale nei tg e nei talk ha sommato un tempo di parola di 676 minuti, cioè oltre 11 ore di chiacchiera, doppiando tutti gli altri compreso il pur esposto premier, lontanissimo con 5 ore e poco più davanti a Renzi e Di Maio. Il distacco di Salvini dagli altri leader è siderale: non solo su Zingaretti (3 ore in tutto) ma anche su Meloni (2h 47’) senza dire di Taiani (95 minuti) o Berlusconi (79’). In questa già incredibile situazione alla vigilia di un voto importante, la seconda stranezza appare l’esposizione, benché con numeri nettamente inferiori al leghista, di Renzi, come detto, ma anche di Calenda, entrambi a capo di partiti quasi fantasma; l’ultimo soprattutto grazie alle cure dei talk de La7 che gli garantiscono quasi il totale delle sue quasi 4 ore di video.
Tornando invece ancora all’ex ministro dell’Interno egli nei telegiornali si colloca subito dietro al presidente del consiglio, staccato da questi di pochissimo, ma comunque è davanti a tutti i leader di partito. A garantirgli spazio sono i tg della Rai dove pur primeggia Conte, nonché quello di Mentana dove è dietro Zingaretti ma ben davanti al premier. Non gli va altrettanto bene nei telegiornali Mediaset dove sta dietro sia a Conte sia a Zingaretti e Di Maio. Ma appena si volge lo sguardo ai programmi informativi delle reti berlusconiane ci si accorge dell’inganno: tra agosto e settembre il leghista si rifà con gli interessi, infischiandosene bellamente grazie alla complicità delle testate di qualsiasi par condicio. Sulle reti di Arcore con Meloni e Sgarbi parla quasi quanto tutti gli altri sette di una top ten in cui solo tre sono della maggioranza (compreso il premier). Non da meno è la rete di Cairo, tanto che solo su questa Salvini realizza circa la metà della sua presenza totale in video. E mentre al TgLa7 si nota un certo equilibrio, i talk della rete appaiono completamente piegati alla parola dell’ex responsabile del Viminale che ivi raccoglie oltre 5 ore di parlato. Dietro di lui ancora un esponente dell’opposizione, il citato Calenda chiamato a parlare per quasi 4 ore.
Più distanziati invece qui compaiono i politici del centrosinistra, i quali sono talmente tanti che alla fine nel computo complessivo danno sì la sensazione di un corretto esercizio di pluralismo, ma con l’evidente sensazione che si tratti di una falsa prospettiva, da una parte infatti c’è la comunicazione univoca dell’uomo solo al comando, dall’altra un folto gruppo di leader e leaderini che parlano voci diverse e (non di rado) divise: il che non è esattamente la stessa cosa.

Rizzo e Moretti ospiti fissi al Tg4
Nel bailamme dei numeri e dei nomi di questo pluralismo all’italienne vengono fuori alcune curiosità. Il tempo che il Tg4 concede a Rizzo o alla Moretti, più di Salvini, Conte o Di Maio, il silenzio che il TgLa7 impone a Mattarella, l’amore appassionato di Rete4 per Salvini e Sgarbi, con i due da aprile sempre in testa nei programmi della rete e mai una volta che ci scappasse un altro/a (Meloni a parte). È la tv italiana, bellezza.