La Stampa, 7 ottobre 2020
Trump perde il consenso dei cristiani
Intorno al grande tempio dei mormoni di Salt Lake City sono in corso lavori monumentali, per renderlo resistente ai terremoti. Sembra una metafora dei nostri tempi, che hanno scosso anche la fiducia di questo gruppo di fedeli nel presidente Trump, al punto che il loro voltafaccia potrebbe costargli la maggioranza in Arizona e Nevada, se non ancora nello Utah dove stasera si terrà il duello tv fra i candidati alla vicepresidenza Mike Pence e Kamala Harris. E’ il segnale di un indebolimento del capo della Casa Bianca, che se si allargasse anche a piccole frange dell’elettorato evangelico potrebbe determinare la sua sconfitta il 3 novembre.
Davanti al tempio della Church of Jesus Christ of Latter-day Saints passeggia Sister Dolenar, una ragazza della Florida destinata a fare la missionaria in Malaysia. Indossa la maschera anche all’aperto, come tutte le sue colleghe, e quindi non è negazionista sul Covid: «Noi - dice rispondendo a una domanda sul dibattito di stasera tra Pence ed Harris - non parliamo molto di politica. Però leggete la dichiarazione che ha fatto il presidente Russell Nelson sulla razza, è molto importante». Nelson è il profeta dei mormoni, e secondo i suoi fedeli interpreta la volontà di Dio. Domenica scorsa, chiudendo la 190th Semiannual General Conference della sua chiesa, ha detto: «Per favore, ascoltate quanto sto per dirvi. Dio non ama una razza più dell’altra. Invita tutti a venire a lui, neri e bianchi, incatenati e liberi, uomini e donne. Sono addolorato dal fatto che i nostri fratelli e sorelle neri soffrano i dolori di razzismo e pregiudizio. Chiedo ai nostri membri di assumere la guida per abbandonare queste attitudini e azioni». Nelson ha chiarito che la sua non era una presa di posizione politica, ma è certamente una rivoluzione, per una chiesa che fino al 1978 non consentiva ai neri di prendere i voti laici. Del resto quando lo avevo incontrato per l’inaugurazione del tempio di Roma, l’anno scorso, aveva lanciato un segnale chiaro: «Le cose che ci uniscono sono più importanti di quelle che ci dividono».
Queste parole del profeta sono solo l’ultimo segnale delle differenze tra i mormoni e Trump. I fedeli della LDS erano elettori affidabili del Gop, ma secondo il Pew Center il loro sostegno del ticket presidenziale repubblicano è sceso dall’80% del 2004 al 61% del 2016. Donald aveva vinto lo Utah, ma solo con il 45%, e se si somma il 27% di Hillary, il 21% di McMullin e il 3% di Johnson, ci sarebbero abbastanza oppositori per batterlo. Non succederà, perché l’ultimo sondaggio di Y2 Analytics lo dà avanti del 10% su Biden. Però il senatore Romney, il mormone più noto in politica, ha già detto che il 3 novembre non voterà Trump, mentre il suo ex collega dell’Arizona Flake ha annunciato di sostenere l’avversario democratico. Quindi forse i mormoni non consegneranno lo Utah a Joe, ma potrebbero risultare decisivi per fargli conservare il Nevada e conquistare l’Arizona, dove è in vantaggio di 3 punti. Infatti il presidente ha inviato spesso il figlio Don qui, per corteggiare i fedeli.
Perché sta avvenendo questo terremoto? Come prima cosa i mormoni, passati attraverso la spinosa questione della poligamia, danno molta importanza alla decenza e la rettitudine morale dei leader politici. Fin dalla campagna elettorale si erano scontrati con Trump per il bando dei musulmani, e nel giugno del 2018 avevano ufficialmente condannato la separazione dei figli degli immigrati illegali ispanici dai loro genitori, un po’ per l’importanza che danno alla famiglia, e un po’ perché molti nuovi fedeli sono latini. La vocazione missionaria della LDS, poi, si scontra con l’accentuazione dello slogan "America First". Il cattolico Biden infine non è Hillary, e pure questo conta.
I mormoni non vanno confusi con gli evangelici, ma alcune delle loro preoccupazioni esistono anche in questo gruppo, fondamentale per la rielezione di Trump. Nel 2016 l’81% di loro lo aveva votato, e lui ha bisogno di restare su questi livelli di consenso, per essere confermato. Perciò ha voluto a tutti i costi la nomina di una giudice antiabortista alla Corte Suprema. Se però le crepe esistenti fra i mormoni raggiungessero gli evangelici, anche in percentuali minori, Donald non avrebbe scampo.