Corriere della Sera, 7 ottobre 2020
L’avanzata del Pd nei Comuni: da 41 a 51
La grande battaglia dal valore politico era quella delle Regionali. E lì, come si sa, tra centrodestra e centrosinistra è finita 3-3. Ma alle elezioni nei Comuni con più di 15 mila abitanti chi ha vinto e chi ha perso? L’Istituto Cattaneo di Bologna ha fatto la conta e, dato per scontato che dimensioni e importanza non sono uguali, il risultato al termine dei due turni dice che nelle 98 Amministrazioni chiamate a rinnovare sindaco e Consiglio il centrosinistra è passato da 41 a 51. Per contro, il centrodestra ne ha perse 7: ne governava 41 e oggi si ferma a 34. «Sono dati su cui riflettere», ammette il leader della Lega Matteo Salvini. Ma Giancarlo Giorgetti è più tranchant: «Dire che abbiamo vinto in Lombardia non è vero. Se abbiam perso, abbiam perso».
Un discorso a parte merita il Movimento 5 Stelle perché ha lasciato sul campo tutti e 4 i Comuni che aveva conquistato nella precedente tornata elettorale, ma ha contribuito, soprattutto al ballottaggio, a far vincere l’alleanza con il Pd in nove realtà, a partire da Matera (ma ci sono anche Faenza, Pomigliano d’Arco, Cascina, Termini Imerese).
Se poi si limita lo sguardo al solo turno di ballottaggio andato in scena domenica e lunedì, nelle 53 città coinvolte il centrosinistra è passato da 16 a 25 sindaci, mentre il centrodestra è passato da 27 a 17. Un risultato pesante che si va ad aggiungere alla mancata spallata sulle Regionali. Per la coalizione Lega-FdI-FI, in particolare sono significative le sconfitte a Chieti, Andria, Legnano e Saronno mentre ha tenuto molto bene ad Arezzo con un sindaco riconfermato che ora polemizza perché avrebbe voluto essere lui il candidato governatore in Toscana.
Nell’analisi del voto sui Comuni, come rileva il Cattaneo, il dato politico più interessante riguarda però il Movimento 5 Stelle. Che dove si presenta da solo fa flop, mentre se corre in appoggio (per lo più) o riceve il sostegno del Pd (come a Matera) ottiene brillanti risultati. «Nei 4 comuni in cui era avvenuta una convergenza esplicita tra i due partiti, sono risultati vincitori i candidati comuni – scrivono Costanza Tortù, Marco Valbruzzi, Salvatore Vassallo. – Inoltre, nell’unica città per la quale è stato tecnicamente possibile stimare i flussi di voto tra primo e secondo turno (Arezzo) si conferma che questa alleanza è stata interiorizzata dagli (attuali) elettori 5 Stelle, i quali si sono mossi, come in altri che abbiamo documentato con riguardo alle elezioni regionali del 2020, in parte preponderante a sostegno del candidato di centrosinistra, pur in assenza di accordi formali».
I risultati delle Regionali e delle Comunali per i ricercatori dell’istituto bolognese sono utili anche per provare a delineare le dinamiche future. Da un lato, a prescindere da quel che dicono o vogliono i vertici, chi ha votato in massa M5S alle Politiche del 2018 (quasi il 33%) oggi si è spostato sul Pd o comunque è molto favorevole a costituire un blocco di centrosinistra. «I 5 Stelle – spiega Valbruzzi – consentono al Pd di tornare a parlare ai ceti più deboli e alle periferie. Sono una forza complementare».
Dall’altro, nel centrodestra la leadership di Salvini esce con qualche ammaccatura. Non vince con i suoi candidati e incassa i successi della sua alleata Giorgia Meloni. «FdI è il primo partito della coalizione dal Lazio in giù» aggiunge il ricercatore del Cattaneo. Insieme alla crisi di Forza Italia, il fronte moderato-sovranista in quest’ultima tornata ha pagato, come peraltro hanno ammesso i leader, una classe dirigente non adeguata alle nuove sfide.