La Stampa, 6 ottobre 2020
1QQAFM10 Da "Una giornata" di Alain Elkann (Bompiani)
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Erano i primi giorni di maggio e da una settimana faceva un caldo umido, insopportabile, soffocante e prematuro per la stagione. Una temperatura che di solito a Parigi arrivava solo verso la fine di giugno. Ma ormai con il surriscaldamento climatico tutto era cambiato e imprevedibile. Aveva fatto freddo e nevicato la settimana prima. Edmond Bovet-Maurice era indeciso se fosse già il caso di passare dal guardaroba invernale a quello estivo. Chiese a madame Roger, la sua governante, di portargli un vestito di gabardine beige da mezza stagione. Scelse una camicia di popeline rosa pallido e mocassini ben lucidati che anch’essi facevano parte del guardaroba primaverile. D’inverno portava solo scarpe allacciate nere o di camoscio scuro. S’infilò i pantaloni: gli stavano stretti e non riusciva ad allacciarli. Infastidito, andò verso lo specchio grande del bagno e si guardò la pancia e i fianchi. Era ingrassato, non c’erano dubbi. Si pesò e si accorse di aver preso tre chili, anzi, quasi quattro da quando si era pesato l’ultima volta a gennaio. Eppure non aveva mangiato smodatamente, né bevuto più del solito, né fatto una vita più sedentaria. Era vero che aveva passato un brutto inverno. Quello che aveva vissuto non era stato piacevole, ma semmai avrebbe dovuto farlo dimagrire. Si mise un asciugamano attorno alla vita, chiamò la governante e senza esitare le chiese: «Secondo lei, madame Roger, sono ingrassato?».
Madame Roger, una signora di una cinquantina d’anni con i capelli biondi e la pelle chiara, gli rivolse una occhiata attenta e gli rispose: «Non molto, monsieur Bovet-Maurice».
«Non molto vuol dire sì».
«Forse un pochino, ma è sempre così. D’inverno si mangia di più e ci si muove di meno. E poi da quando è rimasto solo ha fatto meno attenzione».
«Perché, quando c’era la signora Odile facevo più attenzione?».
«Forse sì, la signora non le faceva mangiare molto pane e non le piacevano la pasta e i dolci…».
«Sì, ha ragione, non dovrei mangiare il pane, ma se lo vedo non so resistere. Si rende conto che non riesco ad allacciare i pantaloni del vestito beige? Dovrei provare tutti i vestiti estivi, ma prima di farlo mi metto a dieta, una dieta ferrea. Mi raccomando, madame Roger, niente vino e niente pane in tavola, e neanche la frutta!».
«Va bene, monsieur Bovet-Maurice. Ma anche la frutta?».
«La frutta è piena di zuccheri».
«Come vuole. Ma lei non cena quasi mai a casa! Magari dovrebbe mangiare meno sovente al ristorante: lì usano molto condimento, e monsieur Bovet-Maurice, con tutto il rispetto, lei è un po’ goloso».
«Mi trova goloso?».
«Le piacciono i dolci».
«È vero».
«Desidera altro, monsieur Bovet-Maurice?».
«No grazie, madame Roger».
La congedò seccato da quell’affermazione, «un po’ goloso», e, di cattivo umore, scelse un abito grigio scuro di flanella leggera. Senza salutare madame Roger uscì di casa e si avviò verso il museo.
Da anni abitava in uno spazioso appartamento in Rue du Bac e andava a piedi al lavoro. Era un uomo elegante, brillante, sicuro di sé. Non si sentiva invecchiato. Aveva sessantotto anni e gliene mancavano due per andare in pensione. Sapeva benissimo di essere il tipo di uomo che può piacere a donne di varie età. Del resto aveva avuto diverse mogli e storie d’amore con donne interessanti e belle. Era invidiato, non solo per il suo successo professionale, ma anche perché godeva fama di donnaiolo impenitente e si diceva di lui che facesse soffrire le donne. Le lasciava, si stancava. Ma quella leggerezza, quella frivolezza era un’arma a doppio taglio. Quell’inverno aveva sofferto e pagato caro il suo comportamento. Non avrebbe mai pensato che la storia con Odile, la donna con cui aveva vissuto per diversi anni, sarebbe finita in quel modo. Per colpa dell’i-Phone. Lei aveva letto dei messaggi che gli aveva scritto un’altra donna e si era infuriata, poi disperata. Lui si era molto seccato per l’intrusione e quasi per ripicca si era intestardito a non rinunciare alla sua altra storia. Odile aveva dato segnali chiari e aveva finito per andarsene. Edmond aveva pensato che si trattasse di una furia passeggera, ma poi, durante le vacanze di Natale, Odile aveva incontrato Philippe e si era invaghita di lui. Edmond era rimasto malissimo. Ferito nel suo orgoglio, insicuro. Aveva cercato in molti modi di riconquistarla, aveva provato a convincerla a tornare con lui. Le aveva chiesto di lasciare Philippe, ma non c’era stato verso. Lei aveva preferito iniziare una nuova vita, una nuova storia con un altro uomo perché non si fidava più di lui. Sapeva che non sarebbe cambiato e avrebbe continuato a corteggiare altre donne. Odile lo aveva accusato di essere un narciso e gli aveva chiesto di andare in analisi, ma lui non l’aveva ascoltata. Edmond aveva uno stile di vita da grande borghese, da esteta, aveva saputo coniugare la conoscenza della storia dell’arte con ottime capacità manageriali. Aveva fatto buoni studi ed era cresciuto a Parigi in un mondo di direttori di musei, antiquari, artigiani, e più tardi nell’ambiente della moda. Era diventato noto e in un certo ambiente era considerato un uomo potente con una posizione importante. Da anni faceva una vita mondana intensa: non c’era pranzo, inaugurazione, cocktail o evento pubblico a Parigi dove non fosse invitato. A quel tipo di successo Edmond aveva dato grande importanza e si compiaceva di aver raggiunto quel livello di privilegio.