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 2020  ottobre 06 Martedì calendario

I quattro anni di Chiesa alla Fiorentina

Voltandosi indietro forse la storia andava chiusa già un anno fa. Quando Federico Chiesa fece di tutto per convincere il nuovo presidente Commisso a cederlo alla Juventus e Rocco lo obbligò a rimanere garantendogli che lo avrebbe accontentato l’estate successiva. La Fiorentina avrebbe incassato più soldi (a quei tempi poteva alimentare un’asta proprio tra i bianconeri e l’Inter) e avrebbe potuto scegliere con calma un sostituto all’altezza e Federico non avrebbe bruciato una stagione tra ruoli sbagliati, malesseri vari e un rapporto sempre più freddo e difficile con la piazza. È andata così e oggi Firenze scopre una volta di più quanto sia inutile cercare un nuovo Antognoni, inteso non come ruolo ma come simbolo. Il calcio del Duemila, ormai, non prevede più simili romanticismi.
L’intuizione di Paulo
E dire che la storia era partita, invece, in modo romantico. Chiesa promesso alla Spal in Serie B, Paulo Sousa – il tecnico di allora – se innamora nel ritiro estivo a Moena e dopo aver dichiarato lasciando tutti a bocca aperta che Federico sarebbe diventato il futuro capitano della Fiorentina (il portoghese però non avrebbe mai immaginato nell’ultima partita prima del divorzio) lo fa debuttare allo Juventus Stadium. Che strani incroci regala il calcio. E la vita... Da quel momento è una crescita continua. Chiesa diverte, incanta, sembra destinato a un futuro a vita in maglia viola, arriva a essere valutato addirittura 70 milioni di euro. Lui, cresciuto nel settore giovanile, non perde mai l’occasione per ribadire che Antognoni è stato un mito e che il suo sogno era quello di vincere qualcosa con la sua Fiorentina. Cercando, se possibile, di fare meglio anche di babbo Enrico che pure una Coppa Italia l’aveva conquistata anni prima.

Scontro e tregua
L’ultima stagione inizia con uno scontro con la società a New York e con una tregua armata durata dodici mesi. Per carità, in campo Federico non si è mai tirato indietro. Va per la prima volta in doppia cifra alla voce gol, servendo il solito buon numero di assist. Grande professionalità, ma anche poca passione. Come se l’attaccante avesse ben chiaro in testa che si trattava, comunque, di un percorso a termine. E ora arriva anche la parola fine su una storia d’amore finita con alcuni tifosi viola a urlargli «traditore» all’uscita dall’Istituto Fanfani di Firenze dove ieri ha superato le classiche visite mediche. Quello è stato l’ultimo passaggio prima di abbracciare la Juventus.