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 2020  ottobre 05 Lunedì calendario

Genny ’a carogna è diventato un infame

A mezzogiorno i suoi parenti sono tutti davanti alla questura in attesa di notizie. Tutti tranne uno: il padre. Gennaro De Tommaso, Genny ’a carogna, non c’è e non potrebbe esserci. Non solo perché è detenuto agli arresti domiciliari lontano da Napoli, ma anche perché se tornasse da queste parti la famiglia non gli consentirebbe di avvicinarsi.
Ciro De Tommaso, il diciottenne arrestato durante il tentativo di rapina in cui è stato ucciso dalla polizia il suo complice minorenne Luigi Caiafa, è figlio di quel capo ultrà del Napoli che tanti ricordano per averlo visto la sera del 3 maggio 2014, seduto su una balaustra degli spalti dello stadio Olimpico, trattare con funzionari di polizia e con l’allora capitano del Napoli Marek Hamsik, e «consentire» alla fine che la finale di Coppa Italia tra gli azzurri e la Fiorentina si svolgesse regolarmente, garantendo che non ci sarebbero stati disordini, nonostante poche ore prima il tifoso napoletano Ciro Esposito fosse stato ferito a colpi di pistola da un ultrà della Roma. Dopo circa un mese di agonia Ciro Esposito morì, e ai funerali Genny guidava anche la folta rappresentanza del tifo organizzato che affollò l’immensa piazza di Scampia (il quartiere di Esposito) dove fu celebrato il rito.
Era diventato un personaggio famoso, Genny ’a carogna. Ma oggi non è più un capo ultrà (in realtà non lo fu da subito perché un Daspo gli impedì immediatamente di frequentare gli stadi): è un condannato per traffico internazionale di stupefacenti e un pentito che sulla vicenda che lo riguardava direttamente ha offerto una collaborazione preziosa – tanto da consentirgli di avere in appello uno sconto di pena da venti a nove anni con concessione dei domiciliari – ma che su altre vicende non ha saputo, o voluto, aiutare davvero le indagini.
Il pentimento, però, gli è costato non solo la credibilità a Forcella, il suo quartiere. Ma soprattutto l’abbandono da parte dei familiari, che infatti sono rimasti a Napoli e hanno continuato a frequentare quei vicoli dove vivono da sempre, senza essersi dovuti sottoporre a protezione, come tanti altri parenti di pentiti.
Accadde l’anno scorso. Fu il padre di Genny, del quale il nipote arrestato ieri porta il nome, a fare la mossa pubblica che probabilmente ha salvato la famiglia dal rischio di vendette trasversali ma certo non ha tolto il giovanissimo Ciro dalla strada e dalle frequentazioni che lo hanno portato ad azioni come quella dell’altra notte, costata la vita al suo amico come sarebbe potuta costare a lui.
«Disconosco mio figlio. Se era ommo, si faceva la carcerazione per la droga e si stava zitto. Quello che sta dicendo sono tutte palle. Nun sape niente». Con queste parole, ripetute come un copione in più interviste, nonno Ciro fece capire chiaramente a tutti come la pensava. Genny la carogna, non si è comportato da uomo, secondo suo padre. Ha raccontato bugie e degli affari dei clan non sa niente. A quel punto anche gli altri parenti dovevano prendere una posizione. Non c’era più bisogno di parlare: bastava farsi vedere in giro o sparire e raggiungere Genny dove sta scontando i domiciliari. Sono rimasti tutti a Napoli. Anche il figlio, senza mai avere dubbi.