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 2020  ottobre 05 Lunedì calendario

Dopo 40 anni ha un volto la matematica morta a Ustica

Una laurea in matematica e fisica a Palermo nel 1957. Poi per dieci anni aveva affiancato l’insegnamento in alcuni istituti tecnici cittadini all’impegno universitario come assistente volontaria presso la cattedra di Matematiche superiori. Quindi, l’agognata vittoria del concorso per assistente ordinario di Analisi matematica presso l’università di Modena e, per qualche anno, la docenza di Matematiche complementari. Una carriera straordinaria, anche perché le giovani docenti in materie scientifiche nell’Italia di allora si contavano sulla punta delle dita.
Giulia Maria Tripiciano era nubile, riservata, mascherava la sua timidezza dietro grandi occhiali da vista. A Modena viveva in un convento di suore che ospitava una foresteria aperta anche alle studentesse. Dopo cena, l’ascoltavano mentre eseguiva al pianoforte brani di musica classica. Prediligeva le composizioni di Mozart e Chopin. La aiutavano a non pensare alla morte prima del padre, ingegnere capo al Comune di Palermo, e poi della madre.
I colleghi a Modena la ricordano sempre con un libro o un foglietto in mano per spiegare qualche equazione ai suoi studenti. Tanto brava che quando nel giugno del 1980, all’improvviso, nell’ateneo di Palermo si libera un posto, la facoltà decide di chiamarla a insegnare. Lo comunicano alla sorella Maria Maddalena, anche lei professoressa di matematica in una scuola media del capoluogo siciliano. I tempi sono stretti e lei telefona subito a Modena.
Giulia Maria tocca il cielo con un dito perché dopo undici anni trascorsi in Emilia-Romagna può finalmente rientrare a casa, dove vive anche il fratello Giuseppe. Ha 44 anni e una lunga carriera universitaria davanti.
«Per perfezionare il suo trasferimento a Palermo servivano urgentemente dei documenti – raccontano ora dall’ateneo emiliano – e lei non poteva permettersi un viaggio via terra lungo oltre 24 ore per rientrare in Sicilia. Così aveva cercato un biglietto per il primo volo da Bologna a Palermo. Era completo, ma all’ultimo momento qualcuno rinunciò e Giulia Maria quel 27 giugno 1980 salì a bordo». L’aereo era il Dc9 dell’Itavia, volo IH870, che alle 20.59 s’inabissò nelle acque di Ustica. Dallo stesso giorno, i familiari delle 81 vittime aspettano la verità. Il suo cadavere fu uno dei 39 ripescati e da allora di Giulia Maria non si seppe più nulla.
Per il quarantennale della Strage, il Corriere ha cercato di dare un volto alle vittime di Ustica, pubblicando 62 foto. Non quella di Giulia Maria perché sembrava che di lei nessuno sapesse più nulla. Tre mesi dopo, però, una pista porta a Genova. «Certo che me la ricordo, era figlia della sorella di mia mamma – dice Annamaria Patti – e quando andavamo a Palermo trascorrevamo del tempo insieme. Era timida, tenace, studiosissima e infatti si era laureata con 110 e lode. Purtroppo non ho sue foto». Dopo settimane, ha un lampo: un nipote di Giulia Maria insegna in Puglia.
Nicolò Tripiciano, anche lui insegnante di matematica a riposo, vive a Canosa e ha una foto della zia.
«Non so come avete fatto a trovarmi – risponde al telefono – ma sono felice. La morte di zia Giulia Maria è una ferita, io andai con mio padre a riconoscere il suo cadavere». Nicolò si emoziona. «I fratelli erano legati, tutti laureati in Matematica e Fisica, avevano pochi amici – ricorda —, le zie erano nubili e mi dedicavano molto tempo. Adoravano viaggiare e scattavano tante foto ma neanche lì amavano apparire. Scherzavano: siamo sempre uguali, non invecchiamo».
La strage di Ustica ha negato a Giulia Maria questo privilegio, ma il suo volto e la sua storia resteranno per sempre .