La Stampa, 5 ottobre 2020
Il ritorno di Monica Maggioni con "Settestorie"
Una passeggiata notturna nello splendido scenario dei Fori Imperiali, rievocando l’incontro con Di Maio e Salvini dal quale uscì a sorpresa presidente del consiglio, ma anche, e per la prima volta, l’ammissione che sì, c’è un pezzo di Paese che guarda a lui per il futuro. Non ancora la discesa in campo di Giuseppe Conte con un suo partito, ma neanche il suo contrario. È il premier il primo protagonista di Settestorie, il programma di seconda serata del lunedì di Rai 1, ideato e condotto da Monica Maggioni, tornata dopo la parentesi da presidente Rai alla sua passione: raccontare storie. Un format inedito e uno studio ispirato a Dogville di Lars von Trier che ha avuto molta fortuna in Francia con La conversation secrète, svelando quotidianità e segreti di molti personaggi ripresi durante passeggiate parigine. Un rotocalco inedito, che già nel titolo riecheggia il mitico Tv7. Dove Maggioni ha iniziato da precaria nel ’95.
Cominciamo dal format. Come funziona?
«È diviso in tre parti: la prima è una conversazione per strada con un personaggio della politica, dell’arte, della cultura, qualcuno che vogliamo conoscere e indagare. La seconda parte sarà dedicata a quella che è una mia mania, un reportage immersivo che va dentro alla realtà e cerca di restarci fino in fondo. Approfondendo come abbiamo già fatto nelle puntate estive. Ospitando l’autore del reportage o un protagonista della storia che abbiamo raccontato. Questa sera ho il privilegio di avere pezzi di Notturno di Gianfranco Rosi, uno straordinario reportage girato tra le persone che subiscono la guerra lungo i confini tra Siria, Kurdistan, Libano e Iraq. Il terzo segmento del programma sarà un faccia a faccia tra due protagonisti del dibattito italiano che hanno visioni opposte su vari temi, la politica l’economia, l’etica. In studio con la mia presenza in versione terzo incomodo».
Com’è andata con Conte? Le conversazioni avranno sempre Roma come scenario?
«No, cambieremo luoghi ogni volta. Non è un’intervista in senso stretto ma una conversazione per raccontare qualcosa di inedito della vita delle persone, da dove vengono e dove sono. Dove vogliono andare. Con Conte è stato inevitabile parlare delle scelte del governo e della politica. Le fasi in cui il nostro rapporto con l’Europa è stato durissimo ma anche del suo mondo di riferimento. Gli ho chiesto se ha la percezione di essere diventato un punto di arrivo per una parte del Paese, probabilmente a partire dal lockdown. E in effetti il premier ammette che c’è una parte del centrosinistra che guarda a lui ma anche una parte del centrodestra deluso».
Secondo lei pensa a un suo partito?
«Forse ci sta pensando. A me non lo dice. Io mi fermo alla conversazione. Mi racconta chi è questo mondo che guarda a lui. Come direbbe Crozza, mi sembra fattuale ».
Chi sarà il secondo protagonista delle passeggiate?
«Alessandro Gassmann. Parte anche lui stasera con una bella fiction, Io ti cercherò. Diciamo che i nostri sono destini incrociati. Non potevo portarlo via da Roma, con lui ci sarà tutto un pezzo di vita personale, andiamo fino al ghetto, veniamo fermati per strada da persone che vogliono un selfie. Veniamo seguiti con piccole telecamere, non blocchiamo strade e traffico, cerchiamo di incontrare le persone nella più assoluta normalità e questo viene restituito nella passeggiata».
Quando ha deciso di tornare a fare la giornalista a tempo pieno? Nessun rimpianto per il ruolo di dirigente?
«L’ho deciso dopo l’intervista con Assad. Se fossi stata solo una giornalista non ci sarebbero stati quei retroscena sui motivi che mi avevano spinta a farla. L’intervista per inciso è stata acquistata in tutto il mondo, ma io ho dovuto in qualche modo giustificare il mio lavoro. È stato uno dei momenti più dolorosi della mia vita. È allora che ho deciso che non avrei più fatto il dirigente Rai».
Nessun rimpianto? Com’è nata la scelta di «Settestorie»?
«No, nessun rimpianto, solo un po’ di frustrazione per non essere riuscita a cambiare le cose come avrei voluto. Sono una secchiona, ho cercato di impegnarmi fino in fondo ma la presa della politica sulla Rai è ancora troppo forte e il presidente non ha ruoli operativi. Salini mi aveva proposto da tempo di ricominciare. Io ho seguito tutte le campagne presidenziali americane dal ’98 al 2012. L’idea, molto prima del lockdown, era di partire e realizzare otto reportage che ci portassero a ridosso delle elezioni, prima di un programma invernale simile a quello che parte oggi. Talk show ce ne sono tanti ma non sono il mio genere. A me piace raccontare storie. E non dimenticarle come abbiamo fatto con la Siria e con l’Iraq. Salvo riscoprire il dramma di come vivono lì le persone al prossimo attentato».