Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  ottobre 05 Lunedì calendario

Carrère risponde all’ex moglie

Ha scelto Libération, Emmanuel Carrère, per rispondere all’ex moglie Hélène Devynck, che qualche giorno fa, su Vanity Fair France, lo ha accusato di aver scritto una sequela di menzogne nel romanzo autobiografico Yoga (P.O.L.) e soprattutto di aver infranto il contratto stipulato dopo il divorzio, dove lo scrittore francese si impegnava formalmente a non utilizzarla senza il suo benestare nelle future produzioni letterarie. «Hélène Devynck e io abbiamo vissuto insieme dal 2005 al 2018. Ci siamo sposati nel 2011. I quattro libri che ho scritto nel corso di questi anni sono parzialmente autobiografici. Lei è presente, con il suo consenso, ed è sempre dipinta con amore. Abbiamo divorziato nel marzo 2020, in maniera consensuale. Ha voluto, e ho accettato, che nel nostro accordo di divorzio figurasse questa clausola: non avrei parlato di lei senza averle fatto leggere i passaggi che la riguardavano. È ciò che ho fatto nel caso di Yoga lo avrei fatto comunque», scrive Carrère nel testo inviato a Libération, asserendo di aver rispettato le richieste dell’ex moglie: anzi, di essersi spinto ben oltre i patti. «Sono andato molto più lontano rispetto agli impegni che avevo preso, poiché le ho consegnato non solo i passaggi che la riguardavano, bensì l’intero libro, e lo ha potuto modificare non una ma due volte, sottolineando con l’evidenziatore giallo tutti i passaggi che voleva tagliare», spiega Carrère, riaffermando che Yoga non parla della loro coppia, ma della sua «depressione malinconica» anche se questa, per estensione, era «parzialmente legata alla crisi coniugale che ha condotto al divorzio».
Per lo scrittore, evocare Hélène Devynck nel romanzo era anche un modo per ringraziare colei che è sempre stata al suo fianco durante i mesi trascorsi all’ospedale psichiatrico Sainte-Anne. «Non mi ha mai lasciato la mano», scrive Carrère, prima di aggiungere: «L’ho supplicata: lascia almeno che ti ringrazi per questo». Ma da parte dell’ex moglie, con cui ha avuto una figlia, è arrivato un netto rifiuto, «evidenziato in giallo».
Dinanzi al muro alzato da Hélène, l’autore ha pensato anche di cestinare tutto, poi ha tentato di riscriverlo rifugiandosi dietro la pura finzione: cambiando i nomi e le professioni dei protagonisti. «Ma dopo dieci pagine, ho lasciato perdere: suonava falso, falso e disonesto», rivela Carrère. E poiché le riscritture che ha tentato per avvicinarsi il più possibile alle richieste di Hélène non lo soddisfacevano, alla fine ha optato per l’ellissi:«Una menzogna per omissione», come la definisce nel testo pubblicato ieri da Libération. «È la natura di questo libro, è la sua identità essere impuro, ibrido, combattuto tra patto di verità con il lettore e finzione imposta in alcuni punti», si difende Carrère. Venerdì, i giurati del Prix Médicis lo hanno escluso dalla seconda selezione. Lui spera ancora di poter conquistare il prossimo Goncourt, ma nella Parigi letteraria si sussurra che l’accusa pubblica dell’ex moglie abbia distrutto qualsiasi possibilità di vittoria.