Robinson, 3 ottobre 2020
C’era una volta il Nobel
Dopo lo scandalo sessuale, la guerra delle accuse incrociate e il contestato premio a Peter Handke, gli ultimi mesi del Nobel della letteratura sono apparsi avvolti da un silenzio irreale. I pettegolezzi sono stati attutiti dall’emergenza del virus e il Nobel si è dovuto rassegnare a una festa senza festa rinunciando alle scenografie fastose dell’evento più elitario e glamour di Svezia. In genere da marzo a settembre si inseguono indiscrezioni sui possibili premiati, sul menu, sugli invitati e invece è arrivata la notizia che anche la cerimonia di assegnazione dei premi alla Concert Hall, oltre al banchetto che segue alla City Hall, è stata annullata: il 10 dicembre – giorno dell’anniversario della morte di Alfred Nobel – non si festeggerà.
Un Nobel digitale
Anders Olsson, poeta di haiku e amante della meditazione che si è preso la briga di guidare il litigioso comitato che seleziona i finalisti, a pochi giorni dalla proclamazione ci spiega che non c’erano alternative: «La pandemia ci ha costretti a dei cambiamenti, ci siamo dovuti adattare alla situazione. Anche l’annuncio del vincitore giovedì 8 ottobre è stato pensato per un pubblico molto più ridotto rispetto agli altri anni. Si potrà seguire su Nobelprize. org ». Dunque pure la tradizionale visita del vincitore a una scuola di Stoccolma dovrà cedere il passo alle misure di sicurezza? Lo scorso anno, mentre infuriavano le polemiche su Handke, la sua compagna di podio Olga Tokarczuk, visitava una scuola elementare di immigrati nella periferia di Stoccolma. La cancellazione del cerimoniale non ci voleva, è un’altra stilettata a un premio già malconcio. Björn Wiman, giornalista del Dagens Nyheter, il quotidiano che per primo ha scoperchiato l’affaire Arnault, racconta che la sensazione è quella di un premio che fatica a recuperare la vecchia gloria: «Questo è solo un altro colpo, è evidente che un Nobel senza cerimonia è un Nobel senza anima. Un evento digitale verrà vissuto con minore partecipazione». Non bisogna dimenticare che il 10 dicembre il vincitore riceve la medaglia dalle mani del re Carlo XVI Gustavo di Svezia e che la sera al banchetto partecipano 1300 invitati, la crème de la crème da tutto il mondo stretta nei frac e nelle sete a sbuffo, in pompa magna per celebrare e autocelebrarsi. Stavolta i premiati dei vari Nobel rimarranno a casa, in collegamento video dalle ambasciate svedesi e dalle università delle città di residenza. Il tutto sarà trasmesso in tv.
I precedenti
Non c’è tregua per il Nobel travolto prima dai propri errori e ora da un batterio insidioso che non guarda in faccia al prestigio o al denaro. Gli ultimi tre anni sono stati un terremoto: nel 2018 lo scandalo legato al molestatore Jean-Claude Arnault, il fotografo marsigliese che ha trascinato gli accademici dall’Olimpo agli inferi, lo scorso anno le polemiche intorno all’incoronazione di Peter Handke, amico di Miloševi? e del governo revanscista serbo, e ora il virus. Il premio sembra perseguitato dalla cattiva sorte. Dal 1901, anno in cui è stato istituito, è la quarta volta che, in tempo di pace, non si fa il banchetto. Era già saltato nel 1907, dopo la morte di re Oscar II, poi nel 1924 perché il vincitore W?adys?aw Reymont non poteva essere presente e infine nel 1956 per evitare d’invitare l’ambasciatore sovietico nell’anno dell’invasione dell’Ungheria. Pochi giorni fa Lars Heikensten, presidente della Fondazione Nobel, ha incitato a vedere il lato positivo: «La situazione spinge a rimettere in primo piano la sostanza dei premi». Ma gli accademici sono dispettosi e scatenati. La Fondazione li aveva commissariati affiancandogli un comitato esterno e sono riusciti a far esplodere anche quello: due del nuovo team, Kristoffer Leandoer e Gun-Britt Sundström, se ne sono andati in polemica con la scelta “provocatoria” di Handke. Per gli altri (Rebecka Kärde, Mikaela Blomqvist e Henrik Petersen) il mandato biennale scade quest’anno e non è detto che verrà rinnovato. A poche ore dalla proclamazione la giovane critica letteraria Rebecka Kärde ci dice di non sapere «cosa avverrà nel 2021».
A colpi di libri
Gli ultimi mesi non hanno risparmiato colpi di scena ancora legati ad Arnault, marito dell’accademica Katarina Frostenson, che oltre a spifferare agli scommettitori i nomi dei vincitori è finito in carcere per violenza sessuale. Si è poi scoperto che tutti sapevano e nessuno parlava. Fino a quando Per Wästberg, allora presidente del Comitato Nobel, ha ammesso in un’intervista a Repubblica errori e complicità, chiedendo scusa a nome dell’Accademia. Dopodiché le furie vendicatrici si sono scatenate a colpi di libri. Il più recente, pubblicato a fine agosto, s’intitola Renegater (edizioni Polaris), ne è autore lo scrittore Klas Östergren, ex accademico che ha preferito ritirarsi nella tranquilla campagna della Scania, nel Sud della Svezia, pur di non avere più a che fare con i veleni del Nobel: «Rimanere era diventato insostenibile», ha dichiarato al magazine svedese Vi. Per disintossicarsi Östergren ha scritto un romanzone autobiografico che ha al suo interno un capitolo intitolato “Rapporto” in cui racconta con ironia la turbolenta vita dell’Accademia. Östergren lascia capire perfino che Arnault gli avrebbe teso una trappola (una honey trap) cercando invano di farlo adescare da una prostituta. Sull’altro fronte sta invece per uscire il nuovo libro di Katarina Frostenson. S’intitolerà F– en färd ( F- un viaggio, edizioni Polaris) e racconterà il dolore per la separazione dal marito in carcere. Katarina aveva già pubblicato K (Polaris), una discesa nello scandalo in cui dedicava un capitolo all’intervista di Wästberg a Repubblica: «Un giorno la parola bugiarda si diffonde nella stampa mondiale. Wästberg mi ha definita bugiarda in un’intervista a un quotidiano italiano. E a te, amore mio, ti chiama criminale… Non avevo capito prima la sua cattiveria».
Il testamento di Alfred Nobel
Nonostante gli ostacoli, il percorso a tappe verso il Nobel è rimasto immutato: a settembre il Comitato Nobel ha invitato intellettuali e istituzioni culturali a suggerire i candidati; ad aprile ha scelto una rosa di 15-20 nomi e a maggio ha deciso la shortlist segreta dei finalisti (in genere una rosa di 5). La Fondazione da parte sua ha portato il montepremi di ogni Nobel a 10 milioni di corone svedesi (quasi 950 mila euro). Forse per recuperare il prestigio perduto basterebbe seguire le indicazioni contenute nel testamento di Alfred Nobel: si premi l’opera con una maggiore “ispirazione ideale” e si dimentichi tutto il resto.