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 2020  ottobre 02 Venerdì calendario

La lotta tra i cardinali Becciu e Pell

C’è una vera e propria attività di dossieraggio di alcuni prelati dietro la svolta dell’inchiesta che ha portato alle dimissioni di monsignor Angelo Becciu. Monsignori – ma anche funzionari della Segreteria di Stato vaticana – che avrebbero conservato documenti sugli investimenti immobiliari e sulla movimentazione dei conti correnti. Le verifiche riguardano numerosi bonifici, compreso uno da 700 mila euro che l’ex Sostituto avrebbe effettuato su un conto australiano. E tanto è bastato per far scattare i controlli. Proprio in Australia è stato infatti processato e poi assolto dall’accusa di pedofilia uno dei «nemici» di Becciu, monsignor George Pell. E adesso si sta verificando se sia stato effettivamente lui ad ordinare il versamento e chi ne siano i beneficiari.
Sono gli atti dell’inchiesta a svelare la guerra che si sta combattendo all’interno della Santa Sede. Decreti di perquisizione e sequestro, richieste di rogatorie, soprattutto verbali di chi ha deciso di collaborare con i promotori di giustizia, probabilmente sperando così di evitare conseguenze ben più gravi. Uno è certamente Alberto Perlasca, per anni capo dell’ufficio che all’interno della Segreteria di Stato gestisce l’Obolo di San Pietro, adesso indagato per l’investimento del palazzo di Sloane Avenue a Londra e per tutti gli altri esborsi milionari che hanno «depredato le casse del Vaticano».
Secondo le verifiche compiute dai promotori Gian Piero Milano e Alessandro Diddi tra il 2014 e il 2017, Perlasca ha autorizzato il fondo Athena Capital Global riconducibile al faccendiere Raffele Mincione (indagato anche dalla Procura di Roma per riciclaggio) ad effettuare una serie di investimenti che si sono rivelati disastrosi per le finanze vaticane: depositi in conti correnti Deutsche Bank per 38 milioni di dollari; acquisizione di azioni della società Stroso Jersey per circa 13 milioni di dollari, sottoscrizione di bond, emessi dalla Time and Life S.A. (che faceva capo a Mincione) per 16 milioni di dollari; finanziamenti a Cessina Limited (a cui fa capo un’altra iniziativa immobiliare di Mincione) per 20 milioni di dollari; acquisizione del 30 per cento di Alex srl; acquisizione di 26 unità del fondo immobiliare Tiziano San Nicola della Sorgente sgr; acquisizione di azioni di banca Carige; acquisizione di azioni della Banca popolare di Milano; sottoscrizione di 3,9 milioni di euro di obbligazioni della società italiana Sierra One, che aveva acquisito i crediti vantati dal Fatebenefratelli con la Regione Lazio e che si era impegnata a riconoscere i crediti a una società che fa capo a Gianluigi Torzi, l’altro finanziere inquisito nell’inchiesta.
Nel febbraio scorso, quando è stato convocato dai Promotori di giustizia per rendere conto della propria attività nella Segreteria di Stato e ha ricevuto un ordine di perquisizione, Perlasca ha capito che rischiava di finire agli arresti. Nel provvedimento oltre a contestargli le accuse di peculato, abuso di autorità e corruzione in concorso con i dipendenti della segreteria di Stato e i faccendieri che hanno portato avanti gli investimenti, i promotori evidenziano che «la violazione della disciplina sovrana dell’amministrazione dei fondi dello Stato e attraverso lo sfruttamento della posizione ricoperta nella struttura amministrativa della Segreteria; l’aver usato in modo illecito e a vantaggio proprio e di altri le somme vincolate a opere di carità; aver ricevuto per gli atti compiuti denaro e altre utilità».
Pochi giorni dopo si è presentato di fronte agli inquirenti e ha cominciato a collaborare ricostruendo quanto accaduto e mettendo in cima alla lista proprio monsignor Becciu. Ha parlato del suo ruolo collegato ai faccendieri, dei soldi fatti arrivare alle imprese dei fratelli attraverso un giro di conti proprio per mascherare la destinazione finale. Ha rivelato che appena dieci giorni fa, l’11 settembre, l’Apsa, amministrazione del patrimonio della sede apostolica, ha pagato l’ultima tranche di 45 milioni, su 150, per riscattare l’immobile di Sloane Avenue. Poi ha aperto il capitolo più scottante.
Secondo Perlasca negli ultimi anni Becciu si sarebbe servito di alcuni giornalisti e di altre fonti per screditare i nemici. E proprio in questo filone rientra il versamento che sarebbe stato fatto in Australia e il possibile collegamento con il processo a Pell. La replica di Becciu è lapidaria: «Pur compatendolo, umanamente e cristianamente, per il difficile momento personale che sta attraversando, respingo decisamente ogni tipo di allusione su fantomatici rapporti privilegiati con la stampa».