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 2020  ottobre 02 Venerdì calendario

Abusi sessuali alla scuola del Papa. Due sacerdoti alla sbarra

In Vaticano di notte calava la paura. Nel seminario dei chierichetti del Papa a palazzo San Carlo, addossato all’ingresso del Perugino, tra la caserma della gendarmeria e Santa Marta, si aggirava l’orco più subdolo. In mondovisione, di giorno in abito talare nella basilica di San Pietro, Gabriele Martinelli aiutava il Papa nelle celebrazioni eucaristiche. Si genufletteva devoto di fronte a Benedetto XVI. Poi all’imbrunire, ecco che come si trasformava. Da predatore solcava gli sterminati corridoi del dormitorio, braccava le sue vittime, quei ragazzini raggomitolati nelle brande delle camerate, immobili, protetti solo da un lenzuolo. I chierichetti udivano i passi sino alla porta della camera del prescelto che chiameremo Paolo. Martinelli consumava i suoi abusi sessuali, saziava desideri e perversioni. Per poi riprendersi e tornare mite e ossequioso, affacciarsi così a un nuovo giorno nei sacri palazzi come se nulla fosse, con gli alunni, ministranti nella Basilica di San Pietro che correvano alla scuola parificata di sant’Apollinare, alcuni con il cuore in gola. La vittima ha subito questa vessazione per interminabili notti, mesi, anni. A fianco a lui, Kamil Jarzembowski il compagno polacco di stanza rimaneva silente, atterrito, cercando il modo di affrancare la vittima dalla schiavitù. E quando osava puntare l’indice contro Martinelli, il preside del preseminario San Pio X, l’allora monsignore Enrico Radice, reagiva con fermezza per proteggere il suo innocente, intoccabile, prediletto, diventato poi sacerdote come se nulla fosse. È questa la terrificante ricostruzione che il promotore di giustizia vaticano oggi contesta a Martinelli, 29 anni, nato a Chiavenna, ordinato in diocesi di Como il 10 giugno 2017 e Radice, rettore dominus indiscusso, della scuola dei chierichetti del Papa per 12 anni. Il primo è accusato di abusi sessuali, compiuti fino al 2011, Radice di favoreggiamento. Dopo la richiesta di rinvio a giudizio del settembre 2019, ora in gran segreto è stata fissata la prima udienza del processo, mercoledì 14 ottobre. Così l’appuntamento è tra dodici giorni quando avverrà qualcosa senza precedenti nella storia della Chiesa moderna: in Vaticano andranno alla sbarra due sacerdoti per abusi sessuali consumati all’interno del piccolo Stato. Un processo voluto fortemente da papa Francesco che di fronte alle accuse, per evitare la prescrizione è intervenuto di persona nel luglio del 2019, rivedendo il codice di procedura penale. Fino a quel momento infatti si poteva procedere solo entro un anno dalla consumazione dei reati e con presentazione di querela della parte offesa.
Il Papa però ha rimosso con specifico provvedimento la causa di improcedibilità visto che la vittima (o le vittime, si vedrà a processo) ha subito in silenzio e per anni, senza mai denunciare nessuno. Lo scandalo era infatti emerso solo nel novembre del 2017 quando nel mio saggio Peccato Originale svelavo la drammatica storia di Jarzembowski, entrato nel settembre del 2009 nel preseminario e che nel 2014 aveva denunciato alle autorità ecclesiastiche abusi su un suo compagno di stanza di cui era stato testimone oculare. Jarzembowski, dopo queste accuse rimaste inascoltate – o se preferite insabbiate, venne espulso dalla struttura. Dopo la sua denuncia nell’inverno scorso in tv, a «Quartogrado» e alle «Iene», altri ex alunni si fecero coraggio svelando presunti abusi subiti, dando così ancor più eco a una vicenda vergognosa.
Jarzembowski raccontò anche come cercò di sensibilizzare scrivendo lettere a diversi alti prelati, come il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro, e l’allora monsignor Angelo Becciu, sostituto in segreteria di Stato, su quanto avveniva, senza però riuscire a rompere il silenzio, a far decollare un’indagine che arrivasse, al contrario di oggi a processo.
Altre inchieste procedono sottotraccia su quei fatti, portate avanti dall’autorità giudiziaria italiana. In particolare, la procura di Roma ha delegato i carabinieri per sentire diversi testimoni. In agenda padre Pierre Paul nominato nel 2015 da Bergoglio officiale della congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti e alcuni minestranti del Papa. In particolare, quest’ultima indagine sembra voler individuare chi era a conoscenza di quanto accaduto e se è esistito o meno un sistema che ha occultato o insabbiato le prime denunce. Già nel 2013 un’articolata lettera anonima era arrivata a numerosi esponenti della curia, tra questi l’ex segretario di Stato Angelo Sodano, lo stesso Comastri e diversi stretti collaboratori del segretario di Stato in carica Tarcisio Bertone, come il porporato francese Dominique Mamberti. Sodano si rivolse a Comastri e a monsignor Vittorio Lanzani, delegato della Fabbrica di San Pietro. Radice venne convocato a palazzo Apostolico ma smentì ogni accusa dell’anonimo. Insomma, gli alunni erano esuberanti ma niente di più. La lettera venne archiviata.
Stesso destino per le accuse che quel giovane polacco, che sognava di fare il sacerdote, mise nero su bianco l’anno dopo.
Per la cronaca: né Paolo, la prima vittima, né Kamil, testimone oculare, hanno proseguito la strada del sacerdozio. Entrambi vivono e lavorano lontano dalla Chiesa, con una profonda amarezza nel cuore.