La Stampa, 1 ottobre 2020
Vaticano, 11 milioni di deficit nel 2019
Il patrimonio netto del Vaticano è di circa quattro milioni, riferisce il prefetto della Segreteria per l’Economia, padre Juan Antonio Guerrero Alves, in una intervista ai media vaticani. Inoltre “è possibile che, in alcuni casi, la Santa Sede sia stata, oltre che mal consigliata, anche truffata. Credo che stiamo imparando da errori o imprudenze del passato».
Obolo e Ior
«La Curia non è tutto il Vaticano- afferma il gesuita spagnolo-. Aggiungendo il bilancio del Governatorato, dell’Obolo, dello Ior, del Fondo pensioni e delle Fondazioni che aiutano la missione della Santa Sede, si ottiene un patrimonio netto di circa 4.000 milioni di euro. Se dovessimo consolidare tutto, nel 2019 non ci sarebbe deficit, né c’è stato nel 2016, l’ultimo anno in cui tutti questi conti sono stati consolidati. Con ciò non voglio però dire che non abbiamo difficoltà e che in questa crisi del coronavirus non ne avremo di più grandi».
Le fonti di ricavo
Quanto alle fonti di ricavo della Curia, il prefetto per l’Economia spiega che «nel 2019, il 54%, pari a 164 milioni di euro, è stato generato dallo stesso patrimonio. L’attività commerciale (visite alle catacombe che diversamente dai musei fanno parte della Santa Sede, produzioni vendute dal dicastero della comunicazione, Libreria Editrice Vaticana, ecc.) e i servizi (tasse per alcuni certificati, tasse accademiche di istituzioni universitarie, ecc.) hanno portato un 14%, cioè 44 milioni di euro. Le entità vaticane che non si consolidano in questo bilancio (Ior, Governatorato, Basilica di San Pietro) hanno contribuito per il 14% delle entrate, 43 milioni. E le donazioni delle diocesi e dei fedeli sono state pari a 56 milioni di euro, il 18%».
I costi
Quanto ai costi della Curia, e a come sono ripartiti i suoi costi, padre Guerrero spiega: «Potremmo dividere i costi in tre blocchi: quello che abbiamo chiamato asset management è di 67 milioni di euro, il 21% dei costi, e include 18 milioni di euro di tasse e 25 milioni di euro spesi per la manutenzione degli edifici. Potremmo dire che questi 67 milioni di euro sono quanto ci costa generare i 164 milioni di euro di entrate di cui ho parlato prima e che sono derivanti dalla proprietà. I servizi e l’amministrazione assorbono il 14% delle spese. E le spese di missione assorbono il 65% delle spese. In generale, ciò che mi ha colpito di più quando ho conosciuto meglio la Curia è che si fa molto con poco. Ho cercato i bilanci di vari Paesi e delle regioni, non ho trovato nulla di paragonabile al mantenere 125 nunziature e missioni permanenti nel mondo con 43 milioni di euro, con la rilevanza, la capacità di mediazione e la proposta della Santa Sede».
La comunicazione
Il prefetto per l’Economia del Vaticano analizza: «Pubblicare un quotidiano ben noto, come L’Osservatore Romano, trasmettere più di 24 ore al giorno in 40 lingue, come fanno Radio Vaticana e Vatican Media, generare notizie e spiegarle come fa Vatican News, spendendo 45 milioni di euro. Non ho trovato paragoni nel mondo della comunicazione. Il messaggio del Vangelo deve arrivare fino ai confini del mondo e, per quanto possibile, è auspicabile che arrivi nella lingua propria di ciascun popolo e in un modo che possa essere compreso nella propria cultura. E poi interessante vedere come la comunicazione della Santa Sede si sia modernizzata in questi anni, persino riducendo i costi. Ancora, se guardiamo alla Biblioteca, o agli archivi o all’archeologia cristiana, che si occupano di un patrimonio non solo della Chiesa, ma dell’umanità, e lo confrontiamo con istituzioni simili: possiamo dire che lo fanno con dignità e, relativamente, con poco. Lo stesso si può dire delle istituzioni universitarie, ecc. Ogni volta che trovo un termine di paragone con altre istituzioni simili o comparabili, mi sembra che la Santa Sede faccia molto con poco, grazie a molte persone che lavorano con enorme generosità. Non voglio dire che non dobbiamo migliorare in tante cose. Ma bisogna anche sottolineare che c’è molto di ben fatto».