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 2020  ottobre 01 Giovedì calendario

La trama de I leoni di Sicilia e sunto della famiglia Florio

Il libro inizia a Bagnara Calabra con il terremoto del 16 ottobre 1799 e prosegue poi in Sicilia, con il trasferimento della famiglia Florio, a novembre del 1799, a Palermo.
La storia si sviluppa fino al settembre 1868 attraversando i moti del 1820-21, l’epidemia di colera a Palermo nel 1837, i moti rivoluzionari del 1848, le vicende dei Borbone, l’arrivo dei garibaldini e gli inizi del nuovo regno sabaudo (1860).
I fratelli Florio, Paolo e Ignazio migrano a Palermo con la moglie di Paolo, Giuseppina, il loro figlio Vincenzo e la nipote Vittoria, (orfana dei genitori). I due fratelli affittano l’aromateria, una specie di drogheria e commerciano spezie di vario genere: chiodi di garofano, cannella, cortice (che serviva per curare la malaria e la febbre in generale).
I Florio sono terribilmente decisi a farcela, lavorano instancabilmente, a testa bassa, in un ambiente ostile, arrogante e maldicente.
Paolo, con la testa sempre e solo sul lavoro, anaffettivo e scorbutico muore di tisi. Ignazio è una figura mirabile della quale è impossibile non innamorarsi. Cresce l’amatissimo nipote Vincenzo come e più di un figlio, colto, preparato, con esperienze anche all’estero.
Vincenzo assumerà la guida della famiglia e della Casa Florio con un grande fiuto per gli affari, partendo dal commercio delle spezie, lo sfruttamento delle cave di zolfo, la produzione del vino Marsala (oggetto di vari premi anche a livello internazionale) la gestione di tonnare (con l’invenzione di conservare il tonno dopo cotto, in vasi di vetro e/o confezioni di latta, sott’olio), l’uso di macchinari per la frantumazione dl cortice e per la lavorazione del ferro. Otterrà altresì il monopolio pe il Servizio Postale della Sicilia.
Vincenzo è attento, capace, scafato, arrogante, lavoratore instancabile. Pur essendo ricchissimo resterà, per i nobili siciliani, un “parvenu” e sarà considerato il “facchino” un “pezzente arricchisciuto”, gli stessi nobili, senza pudore, che hanno bisogno dei suoi prestiti di denaro contante per non morire di fame.
La società rappresentata è estremamente   maschilista e la donna è spesso vittima. Non può decidere dove vivere, né scegliere chi amare. Vittime in maniera diversa sono sia Giuseppina, la madre di Vincenzo, che Giulia, la moglie la quale è riuscita a farsi sposare quando è nato il terzo figlio, finalmente maschio. Chi non ha tifato per lei quando non si sapeva ancora il sesso del terzo figlio?
È una società dove la nobiltà è inoperosa, attaccata ai propri privilegi “Ecco cos’è la Sicilia, Non appena provi a fare qualcosa di diverso trovi sempre qualcuno che si mette a picchiulare e frignare perché gli dai fastidio, o non vuole, o ti dice come devi fare o, semplicemente, deve scassare la …”
Molti sono i sentimenti che si percepiscono nel libro.
La maldicenza – di coloro che non possono essere competitivi e non hanno altre armi.
La rabbia – di Paolo e Ignazio per essere considerati dei facchini; di Giuseppina per essersi sposata con un uomo che non ama; di Giulia che non riesce a respingere Vincenzo; di Vincenzo per non essere accettato dalla nobiltà siciliana.
L’umiliazione – di Giulia che accetta di vivere come amante pur di stare con Vincenzo; di Angelina che si rende conto che il padre ama solo il figlio maschio.
L’invidia – dei nobili verso i Florio diventati così ricchi.
Una domanda mi lascia però perplessa. Questo libro è anche un romanzo storico. È mai possibile che la famiglia Florio, così ricca e potente, non abbia mai avuto richieste o interferenze con la mafia?
Emanuela Morello