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 2020  ottobre 01 Giovedì calendario

Irma Testa, una donna sul ring

L’Italia della boxe femminile combatte sul ring guidata da una 22enne dal viso dolce di Torre Annunziata. Irma Testa è stata la prima donna del nostro Paese a gareggiare nel pugilato alle Olimpiadi. Lo ha fatto a Rio de Janeiro nel 2016, categoria pesi leggeri, arrivando fino ai quarti di finale venendo eliminata solo dalla futura campionessa olimpica Estelle Mossely. E adesso punta i Giochi di Tokyo, allenandosi nel centro federale azzurro a pochi passi dalla basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi. «Noi pugili siamo in ritiro permanente, quando ho qualche giorno libero torno a Torre Annunziata e mi alleno nella palestra del mio primo maestro, Lucio Zurlo», racconta Irma a Milano, testimonial a un evento del suo sponsor Le Coq Sportif all’Harbour Club non distante da San Siro. Volto ideale di un movimento sportivo in espansione, a giugno Irma è stata inserita da Forbes tra le 100 donne di successo in Italia ed è già stata protagonista di un documentario sulla sua carriera, intitolato Butterfly.


È orgogliosa di essere la punta di diamante del movimento della boxe femminile italiana?
«Sì, certo. Le donne erano davvero poche, quando ho iniziato. Adesso invece i numeri sono eccezionali, anche grazie agli allenatori bravi. È bellissimo poter essere la portabandiera e un esempio per le ragazze che si avvicinano a questo sport. Anche se restano i pregiudizi di chi pensa che le donne non debbano avere nulla da spartire con il pugilato. Le iscritte sono triplicate nel giro di pochi anni. Adesso, prima dei campionati italiani, bisogna fare la selezione. Prima i tornei duravano uno o due incontri. Adesso sono lunghi come quelli degli uomini. Tantissime ragazzine mi scrivono sui social dicendo che hanno cominciato grazie a me. Mi fa molto piacere».


Le capita ancora di incontrare chi ha pregiudizi? O il successo ha cancellato ogni dubbio degli scettici?
«In faccia non mi dicono più niente, altrimenti li stendo - scherza Irma - magari lo pensano e ne parlano alle mie spalle. Forse c’è ancora chi crede che i miei risultati non possano essere paragonati a quelli di un collega maschio».


Lei dice spesso che la boxe l’ha salvata. Questo sport ha qualcosa di speciale nel riscattare le persone?
«Credo di sì. La maggior parte dei pugili professionisti che ho conosciuto, donne e uomini, avevano storie assurde e incredibili prima di dedicarsi al pugilato. Sono tutti disagiati quelli che iniziano - ride - più sei disagiato, più diventi un campione. Prima della boxe, ho fatto nuoto, danza, pallanuoto e pallavolo. Ma ho subito lasciato. Nessuna di queste discipline mi ha dato quello che mi ha dato il pugilato. Quando vai in palestra, tiri fuori il meglio di te, per assurdo, partendo dalla forza e dalla violenza. E poi trasformi quel meglio in risultati».



«Se rispetti chi prendi a pugni sul ring, rispetti tutti nella vita», ha detto. Cosa ha pensato quando ha letto della barbara uccisione di Willy Duarte a Colleferro?
«Che, nel mondo degli sport da combattimento, ci sono due tipi di persone. Chi entra in palestra per allenare il fisico e i muscoletti. Per sentirti più figo. E chi entra in palestra e allena l’anima prima dei muscoli. Il pugilato ti allena l’anima. I maestri veri ti insegnano l’educazione e a portare il rispetto fuori dalla palestra, nella vita di tutti i giorni. E ti fanno da padre. Secondo me, quella gente non ha avuto un maestro così».


Quanto la inorgoglisce combattere anche per la sua terra, la Campania?
«Moltissimo. Tutti i pugili hanno una storia difficile. Se metti qualsiasi bambino in palestra, in un mese ti accorgi se ha la stoffa per poter diventare campione. Poi magari questi giovani pugili non continuano, ma sono cambiati grazie alla boxe. Con lo sport si potrebbero aiutare tutti i ragazzini ad allontanarsi dalla strada. Così si fermano sul nascere i boss e i camorristi di domani. Insegni loro i veri valori fin da piccolini. Questa va fatto. E questo fa il mio maestro, Lucio Zurlo, a Torre Annunziata. Se su dieci bambini ne salvi tre, è già un successone».


Ha sofferto il rinvio di un anno delle Olimpiadi?
«Per l’età che ho un anno non cambia le cose. Sono ancora piccolina. Per altri, come per Tania Cagnotto che ha deciso di ritirarsi, è diverso. Però è stata dura perché mi ero allenata in tutti questi anni per gareggiare a Tokyo ad agosto 2020. Invece ci hanno bloccato durante le qualificazioni a Londra a marzo dopo che il torneo era già iniziato. Psicologicamente questo stop mi ha buttato giù. Le qualificazioni sono ancora congelate. E non si sa ancora quando e dove riprenderemo».