la Repubblica, 30 settembre 2020
Hélène Devynck contro l’ex marito Emmanuel Carrère
Ci si può separare da uno scrittore? Non è così facile, almeno dal punto di vista della creazione letteraria, se lo scrittore si chiama Emmanuel Carrère ed è abituato a fare della sua vita un romanzo. Hélène Devynck, già presente in alcuni dei più famosi romanzi di Carrère, da “Vite che non sono mia” a “Il Regno”, aveva chiesto di non comparire più nell’opera del suo ex compagno. E invece nel nuovo romanzo autobiografico “Yoga”, raccontando la sua grave depressione, Carrère sorvola in parte sulla fine della loro relazione ma ci sono diversi dettagli personali che Devynck aveva chiesto di omettere. Si scopre ora che dietro alla pubblicazione di “Yoga”, uscito a inizio settembre in Francia e diventato già bestseller, c’è stata una vera e propria guerra legale.
A raccontarlo è proprio l’ex compagna di Carrère in un lungo “diritto di replica” pubblicato su Vanity Fair. “Emmanuel e io siamo vincolati da un contratto che gli impone di ottenere il mio consenso per utilizzarmi nel suo lavoro” spiega Devynck, aggiungendo di non aver mai acconsentito al testo del romanzo così com’è apparso. “Anche se non ho inviato un ufficiale giudiziario, l’autore e il suo editore sono ben consapevoli delle mie difficoltà e della mia determinazione a far rispettare questo contratto” prosegue la giornalista e produttrice televisiva che con Carrère ha avuto una bambina.
La donna era consapevole del rischio di continuare ad alimentare l’opera di Carrère anche dopo la separazione. “Negli anni in cui abbiamo vissuto insieme, Emmanuel ha potuto usare le mie parole, le mie idee, tuffarsi nel mio dolore, nei miei dolori, nella mia sessualità: era innamorato e il lavoro che ha fatto nei suoi libri garantiva che la mia persona fosse rappresentata in un modo che si addiceva ad entrambi”. Dopo il divorzio nel marzo scorso, lo scrittore aveva sottoscritto un contratto formale. “Non avrebbe più scritto di me contro la mia volontà per tutta la durata della sua proprietà letteraria e artistica” spiega l’ex compagna. Che aggiunge: “Mentre negoziava, nascondeva il fatto che stava già preparando il mio ritratto”. Pochi giorni dopo la firma dell’accordo legale, Devynck riceve il manoscritto di “Yoga” con questa nota: “Che io scriva libri autobiografici non deve essere una sorpresa. Questa storia sarebbe incomprensibile se non dicessi nulla sul contesto”.
E così Devynck si domanda, a proposito della continua violazione della sua privacy. “Per aver detto sì in passato, non potevo più dire no? Non avrei diritto alla separazione e sarei, fino alla morte, l’oggetto della fantasia letteraria del mio ex marito?”. Non è la prima volta che in Francia si pone il problema dell’uso della vita privata in autori che scrivono autofiction. Ci sono stati casi anche recenti, da Edouard Louis a Christine Angot. Devynck però non si ferma alla richiesta di tutela della sua privacy. Nel testo pubblicato su Vanity Fair accusa Carrère di mentire nel romanzo sul ricovero in clinica psichiatrica e sulla lotta per salvarsi dalla depressione. “Questa storia, presentata come autobiografica, è falsa – dice l’ex compagna dello scrittore – organizzata per servire l’immaginario dell’autore e totalmente estranea a ciò che la mia famiglia ed io abbiamo vissuto al suo fianco”. Secondo Devynck la descrizione della malattia mentale e delle cure è “compiacente”. Carrère omette attacchi di megalomania bipolare che, dice la donna, lo rendevano anche violento. La giornalista cerca di fornire la sua versione dei fatti a proposito della convalescenza trascorsa in mezzo ai profughi di Lesbo: “Il lettore può credere che dopo Sant’Anna, Emmanuel se la cavi con due mesi di viaggio per incontrare le vere disgrazie del mondo. I due mesi – precisa – sono durati solo pochi giorni, in mia compagnia. Ma soprattutto è successo prima del ricovero in ospedale”. Devynck parla di molti altri esempi di finzione letteraria.
“Yoga” è un successo commerciale acclamato dalla critica e da lettori che l’ex compagna di Carrère definisce come la “favola di un uomo nudo, onesto e sofferente, tornato dall’orlo del baratro applaudendo e vorrebbe diventare un essere umano migliore”. “I lettori sono liberi di credere o di dubitare” conclude Devynck. “L’autore è libero di raccontare la sua vita come vuole, come può. Io volevo avere la libertà di non esserci, di non essere associata a uno spettacolo presentato come sincero dove non riconosco ciò che ho vissuto”.