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 2020  settembre 30 Mercoledì calendario

Barbie è una bambola tedesca

C’è sempre, o quasi, un tedesco dietro i piccoli o grandi fatti della storia? Dobbiamo le zollette di zucchero a un tedesco, e anche i fazzolettini di carta. La strega cattiva di Biancaneve è ispirata all’immagine della margravia Uta di Ballenstedt nel duomo di Nauburg in Sassonia. Gli sceneggiatori del cartone animato la volevano disegnare brutta, vecchia e grassa. Si oppose Walt Disney che sapeva ll fatto suo. La regina è cattiva ma bella e inquietante, una tedesca appunto. E assomiglia anche a Joan Crawford, una delle più affascinanti perfide di Hollywood. Come faceva lo specchio a preferirle una pupattola come Biancaneve?
E Barbie, la bambola bionda e anoressica, che avrà creato complessi in milioni di bambine dal fisico normale? È una copia di Lilli, una bambola tedesca, che sta per compiere settant’anni. Forse ci avrà giocato anche Claudia Schiffer, la superpagata modella, che ha appena festeggiato il mezzo secolo, e vagamente le assomiglia.

Lilli nacque il 24 giugno del 1952, insieme con il primo numero della Bild Zeitung, il popolare quotidiano creato da Axel Springer, in piena guerra fredda, un anno prima della scomparsa di Stalin, e della rivolta dei berlinesi dell’est, il 17 giugno del ’53 contro i panzer dell’Armata Rossa (forse le vittime furono un centinaio, il numero esatto non si è mai saputo).
Il direttore, copiando i giornali britannici, voleva anche un fumetto. Il primo che gli fu presentato non gli piacque, ma mancavano venti minuti alla deadline, alla chiusura. Il caricaturista Reinhard Beuthen dovette improvvisare in fretta, e nacque Lilli, che ebbe anche un cognome Fraülein Lückenfüller, cioè tappabuchi. Fraülein, signorina, era ancora permesso, poi le femministe imposero il Frau, signora, per tutte, non importa l’età, anche per le quindicenni.

Il successo fu tale che la Bild decise di mettere in vendita una bambolina la Bild Lilli, come mascotte del quotidiano. Il primo numero vendette 450mila copie, costava dieci centesimi, e fu subito vietato dal regime comunista all’Est. Arrivò a 4,5 milioni di copie e a 14 milioni di lettori. Ora è sceso a un milione e mezzo, ma è sempre il quotidiano più venduto in Europa.

La bambola fu venduta in 130mila esemplari, fino al 1964, quella alta 30 centimetri costava 12 marchi, e 7,50 la versione ridotta di 19. Ma un impiegato guadagnava all’epoca tra i 200 e i 300 marchi. Extra i vestiti e i gadget, scarpe, borsette. Ora uno dei primi esemplari in ottime condizioni è stato venduto su eBay per 3.200 euro. Il Witschaftswunder, il miracolo economico, era appena agli inizi, Lilli divenne un po’ l’immagine delle giovani tedesche, diverse dalle loro madri, obbligate al ruolo, voluto da Hitler, dedite alla chiesa e alla famiglia, dedite a fare figli per l’esercito nazista.

Lilli andava in vacanza a Rimini, vestiva alla moda. Il bikini era ancora vietato, ma in un fumetto, la biondina chiede: «Il due pezzi è verboten? Bene, quale pezzo dovrei togliere?». Fu notata nel 1956 nella vetrina di un negozio di giocattoli da Ruth Handler, una delle fondatrici della Mattel, in vacanza in Europa, e la copiò subito per la Barbie, tipica american girl, che venne presentata il 9 marzo del 1959 a una fiera del giocattolo in Usa, ma dové comprare i diritti dalla Bild, si ignora la cifra. È probabile che i tedeschi chiesero una somma modesta per una bambolina ritenuta senza importanza. La copia yankee è stata venduta in centinaia di milioni di esemplari, insieme con accessori extralusso, pellicce di visone e borsette di coccodrillo. Lilli è finita al museo dei giocattoli a Norimberga.