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 2020  settembre 30 Mercoledì calendario

L’Italia sotto controllo ai tempi del colera

Nell’agosto 1973 una pandemia di colera comincia a interessare alcune regioni italiane. In pochi giorni le prime voci di allarme si trasformano in una vera e propria emergenza, una brusca interruzione dello spirito spensierato delle vacanze in località costiere della Campania, della Puglia, della Sardegna. Il virus aveva iniziato il suo lungo viaggio qualche anno prima, probabilmente agli inizi degli anni Sessanta: dall’Indonesia al Bangladesh, dall’India all’Unione Sovietica e nel nuovo decennio Odessa, Azerbaigian, diversi paesi del Nord Africa prima di sbarcare nel territorio della penisola. Focolai diffusi avevano coinvolto in un’estate difficile quasi sessanta paesi del mondo.
L’Italia diventa un osservato speciale: cosa deciderà di fare il governo? Quali misure per fronteggiare l’emergenza e quali indicazioni per gli alleati di riferimento. La documentazione statunitense è ricca di telegrammi, analisi, ricerche che investono diversi organismi dell’amministrazione Nixon. Alcuni richiami sembrano avvicinare alle parole e ai contenuti dell’emergenza che stiamo vivendo, 47 anni dopo: «Il nuovo governo Rumor deve misurarsi con i problemi legati all’epidemia di colera – scrive l’ambasciatore Volpe di stanza a Roma dal marzo 1973 – l’impatto economico è fortissimo soprattutto attorno alle città di Napoli e Bari». Il quarto governo a guida Mariano Rumor, secondo della VI legislatura inaugurata dopo le elezioni del 1972 dall’esecutivo Andreotti, si è appena insediato. «Il clima generale è difficile l’effetto colera sta piegando il turismo, si susseguono cancellazioni di viaggi e soggiorni in Italia. Persino le condizioni dell’acqua del golfo di Napoli sono insicure. Non si sa se si potrà fare il bagno e questo incide sul morale di tanti e sulle prospettive del turismo italiano». Interrogativi che attraversano pagine di un confronto serrato: «Persino le feste religiose vengono annullate con ordinanze ufficiali. Difficile prevedere cosa potrà accadere nelle prossime settimane».
La causa scatenante viene identificata nel consumo di cozze crude e frutti di mare contaminati dal vibrione, quasi mille i ricoveri nelle prime settimane dell’emergenza. La diagnosi riempie telegrammi urgenti: «Le autorità locali hanno autorizzato la distruzione dei frutti di mare. Si tratta dei principali vettori del colera, su questo ormai non ci sono dubbi. Meglio distruggere il cibo contaminato prima che mieta altre vittime».
Dall’ambasciata di Roma le rassicurazioni del caso fanno il giro delle sedi diplomatiche europee: «Il governo italiano si è mosso con decisione. Rimangono le richieste di aiuto di tanti colpiti dalla crisi.
I pescatori chiedono sostegni e molti insistono nella distinzione complicata tra pesce fresco commestibile e frutti di mare contaminati o comunque a rischio». Le previsioni sugli effetti vanno oltre il contesto dell’estate 1973: paura, instabilità politica, conflittualità sociale incontrollabile. Troppi mali antichi riconducibili all’imprevista epidemia estiva. «Chiudono i ristoranti, anche quelli con maggiore successo, il clima appare cupo e tempestato da nuove emergenze. Da qualche giorno si segnala anche un calo nel consumo di frutta e verdura. I limoni utili a contenere gli effetti del contagio si vendono a caro prezzo al mercato nero. Tutte le filiere agricole sono a rischio, il governo cerca sostegno dagli alleati». Iniziano così a essere socializzate alcune scelte di fondo: «Bisogna insistere affinché vengano igienizzati locali pubblici e intere zone delle città coinvolte dall’epidemia. Occorrono finanziamenti urgenti, strutture, strumenti adeguati per evitare che la situazione possa sfuggire di mano».
Contenere gli effetti del contagio, limitare spostamenti e assembramenti: «Ispezioni continue riguardano aziende, cinema, teatri, caffè e luoghi frequentati senza i dovuti controlli sanitari. Si parla con insistenza di un protocollo di riferimento».
E a seguire le reazioni di chi non è convinto: «Gli industriali chiedono di poter ridurre i salari, sono diversi i settori coinvolti: ristorazione, turismo, eventi culturali e religiosi». Una dotazione di emergenza può essere una chiave decisiva per rafforzare ruolo e capacità dell’esecutivo: distribuzione di cibo e acqua nelle zone a rischio, stanziamento di dollari per limitare gli effetti di una «questione sociale pericolosa».
Dopo i primi scambi di informazioni le priorità nel carteggio tra ambasciata e dipartimento di Stato convergono su due aspetti: isolare con una sorta di quarantena le aree infette e sostenere senza esitazioni la campagna per vaccinare la stragrande maggioranza della popolazione potenzialmente contagiabile. «Le riforme nel Mezzogiorno sono urgenti. Tra l’altro con la creazione delle regioni la sanità pubblica è stata trasferita a una competenza regionale e soffre per assenza di personale e mezzi». Da qui la spinta a intervenire con un’azione di profilassi di massa: in poco più di una settimana una vaccinazione diffusa anche grazie alle siringhe a pistola in dotazione presso la sesta flotta statunitense.
Il plauso che l’ambasciatore Volpe indirizza a Washington parla di un risultato «straordinario, con militari e volontari siamo riusciti a vaccinare 200 mila cittadini. Il ministro degli esteri Aldo Moro ha speso parole importanti nei nostri confronti e anche l’opposizione comunista ha ringraziato pubblicamente l’impegno degli Stati Uniti».